giovedì 2 febbraio 2012

Economia dei media - Giunta

CAPITOLO 2 ECONOMIA DEL CINEMA INTEGRATO CON GLI APPUNTI DELLA GIUNTA: L'EVOLUZIONE DEL SETTORE CINEMATOGRAFICO IN EUROPA E NEGLI STATI UNITI

Breve glossario introduttivo:
impresa = azienda: entità giuridica che opera nel mercato
industria: insieme delle imprese che operano in un determinato settore
mercato: luogo metaforico dove si incontrano offerta e domanda di prodotti. L'andamento della domanda e dell'offerta fa variare il valore economico del prodotto, il suo prezzo. Il mercato può avere diverse forme:
concorrenza: situazione in cui più imprese competono sul medesimo mercato e non possono imporre un prezzo, che viene imposto dalla domanda e dalla offerta.
Monopolio: forma di mercato in cui c'è un unico venditore che offre un prodotto o un servizio per il quale non esistono sostituti stretti. Il venditore ha pieno governo dei prezzi e impone altissime barriere all'entrata. es. mercato dei tabacchi.
oligopolio: forma di mercato con pochi ma importanti venditori (offerenti), ognuno dei quali sa che ogni sua decisione avrà influsso sulle decisioni della concorrenza; situazione intermedia tra la concorrenza perfetta e il monopolio. Si hanno alte barriere all'entrata. es. mercato dell'automobile e del cinema.
Distribuzione: immissione del bene nel mercato
L'evoluzione di un settore riguarda tre sistemi diversi: mercati, metodi di produzione e prodotti


L'origine del settore cinematografico è associata all'invenzione del “prodotto” proiettore.
Nonostante la nascita pressoché contemporanea in diversi paesi, l'evoluzione del settore cinematografico ha seguito percorsi differenti: mentre l'Europa rappresentava all'inizio solo il centro dell'innovazione (di prodotti e di metodi di produzione), gli Stati Uniti rappresentarono sin da subito il mercato più ampio e sviluppato a livello internazionale. Poi il centro dell'innovazione si spostò dall'Europa verso gli Stati Uniti con l'industrializzazione delle attività di produzione cinematografica e delle sue componenti tecnologiche (introduzione del sonoro)  e creative.


L'evoluzione del cinema negli stati uniti vede quattro fasi
1)1895-1915: (dalla nascita al trust)
2)1916-1926: ( la transizione verso lo Studio System)
3)1927-1948: (l'introduzione del sonoro e il consolidamento dello Studio System)
4)1949-al presente: (sistema decentrato flessibile)

1895-1915:  dalla nascita al trust
Negli Stati Uniti il mercato dei proiettori cinematografici si basò sullo sviluppo del Kinetoscope, inventato da T. A. Edison nel 1894. La società Raff & Gammon produceva e distribuiva il proiettore e nel 1896 firmò un accordo con l'impresa Edison Manufactoring Company per la produzione di proiettori e la fornitura di film. Lo sviluppo iniziale del settore cinematografico americano è somigliante ad una struttura monopolistica; la realizzazione di prodotti cinematografici era considerata un'attività unita alla produzione di macchinari per la registrazione e produzione delle immagini. La Edison manufactoring company era infatti responsabile sia delle componenti hardware che software:
hardware: cinepresa Kinetograph (registrava immagini)
software: proiettore con standard di pellicola a 35 mm (quello usato per il Kinetoscope)
I prodotti cinematografici venivano realizzati in uno studio allestito da Edison  a West Orange (Black Maria).
Il genere di film prodotto era rappresentato in particolare da cortometraggi molto brevi, scene di vita quotidiana o situazioni comiche privi di una evoluzione drammaturgica e di una forma narrativa. Non c'era alcuna divisione del lavoro: regista e cameraman erano la stessa persona. ( Adam Smith – economista, 1723 – 1790 – affermò che uno dei fattori che aumenta la ricchezza è la divisione del lavoro, che a sua volta, aumenta la produttività degli impiegati attraverso un processo di specializzazione. Nel 1920, Taylor applica la teoria di Smith all'industria cinematografica americana: catena di montaggio).
La produzione delle materie prime (pellicole) fu inizialmente effettuata da Edison Manufactoring Company, ma nel 1896 passarono alla Eastman Kodak, impresa leader nel settore della fotografia. Nel 1896 il VITASCOPE (proiettore) debutta a New York e la sua commercializzazione venne affidata alla Raff & Gammon che costituì un sistema di distribuzione chiamato States Rights Owners, sistema basato su licenze: il vitascope non era in vendita, ma singoli imprenditori acquistarono i diritti per usarlo in diversi stati. Tra i soggetti che acquistarono le licenze di commercializzazione erano compresi sia i precedenti partner di Raff & Gammon, sia i nuovi imprenditori con interessi nel settore elettrico o proprietari di teatri. Infatti la proiezione del vitascope avveniva in luoghi già adibiti ad ospitare altre forme di intrattenimento come i teatri. Con l'introduzione del vitascope , ci fu una rapida crescita nel mercato delle apparecchiature di proiezioni e di prodotti cinematografici. Nonostante lo sforzo di mantenere un silema monopolistico con introduzione di brevetti e rigidi controlli, ci fu la nascita di una concorrenza che copiava la tecnologia impiegata da Edison o introduceva standard alternativi. Tra il 1896 e il 1897 comparvero i primi cloni del vitascope, soprattutto a New York:
Vidiscope
Eidoloscope
questi cloni offrivano una tecnologia equivalente a prezzi inferiori e senza restrizioni su base territoriale. Ciò mise a repentaglio il mercato di Raff & Gammon perché si creò un mercato parallelo e indipendente di prodotti cinematografici. Inoltre la carenza di offerta di prodotti del Vitascope e la necessità di usare energia elettrica per farlo funzionare, favorirono l'introduzione di standard concorrenti:
Cinematographe di Lumière ( rappresentato negli Stati Uniti il 29 giugno del 1896, non necessita di energia elettrica, usato sia come cinepresa che come proiettore. Utilizza lo stesso formato di pellicole Edison (35 mm). Anche i fratelli Lumière aprirono una propria agenzia a New York nel 1896, organizzando un sistema di offerta basato sulla concessione delle licenze per il noleggio degli apparecchi. Ma la limitata offerta di prodotto non fu in grado di soddisfare la più crescente domanda per prodotti e spettacoli cinematografici, determinando un'uscita del Cinematographe dal marcato statunitense)
Proiettore Biograph (adottava un diverso standard di pellicola (70 mm). Fu introdotto dall'impresa American Mutoscope Company che nel 1899 fu ridenominata American Mutoscope & Biograph Company. Al contrario del Cinematographe ebbe sostegno finanziario da parte di New York Security and Trust Company. Ciò gli consentì di aprire un grande studio a New York.
1.Superiorità tecnica del prodotto (proiettore)
2.qualità maggiore di cortometraggi (riprese panoramiche, filmati di scene di vita reale e soggetti ricreati in studio)
3.due unità (New York e Boston) di produzione



ciò determinò un importante vantaggio sulla concorrenza: produzione di oltre 200 soggetti nel 1897; diventò il più grande produttore cinematografico negli Stati Uniti.
Dunque, in risposta ad una crescente domanda di prodotti si crearono: IMITAZIONI e SISTEMI ALTERNATIVI DI PRODUZIONE E PROGRAMMAZIONE.
La posizione di Edison, allora dominante, fu diminuita e indebolita sia nell'hardware che nel software soprattutto a causa delle rigide restrizioni territoriali (STATO PER STATO).
Alla fine del 1896 Edison interruppe il suo accordo con Raff & Gammon, iniziando a produrre un nuovo proiettore e registrando il copyright delle pellicole realizzate dalla propria società e dai licenziatari. Edison iniziò una battaglia legale contro altri rivali (compresa Biograph) a causa della violazione dei brevetti e del diritto d'autore. (Tentativo di Edison di condurre concorrenti fuori dal mercato). Si diminuì l'espansione di “cloni”, ma non si arrestò completamente per la sempre più crescente domanda di prodotti cinematografici. Questa domanda favorì una progressiva specializzazione delle attività nelle principali fasi della produzione, distribuzione ed esercizio. I teatri, a partire dal 1903, cominciarono ad affittare anziché acquistare pellicole. La distribuzione cinematografica si trasferì dai produttori di componenti hardware (PROIETTORI) a imprese specializzate nel noleggio del software (pellicola): ciò favorì la nascita di teatri esclusivamente dedicati alla proiezioni dei film e lo sviluppo del cinema come mezzo di comunicazione di massa:



NICKELODEON: nel 1908 circa ottomila teatri di questo tipo trasmettevano 3 film della lunghezza di una bobina ciascuna. Biograph e Edison non riuscirono a soddisfare interamente la nuova domanda. Si svilupparono nuove imprese in grado si rispondere a questa richiesta: VITAGRAPH, SELIG, LUBIN. Vitagraph diventò il più grande produttore del paese nel 1905 (costruì un grande studio aumentando la quantità dell'output). La grande richiesta del prodotto aprì il mercato americano anche a produttori stranieri, come Pathé Frères (quota del 30% del mercato americano alla fine del 1907). la transizione verso film basati su storie, permise un'evoluzione verso tecniche di produzione cinematografica. Nel 1907 Edison cercò di ricreare la iniziale concentrazione monopolistica del settore. Nel 1908 venne fondato un cartello (TRUST): il MPPC, Motion Picture Patents Company, a cui parteciparono 16 tra i più importanti brevetti del settore, ma anche dei principali produttori e importatori cinematografici: Edison Manufactoring Company, Biograph, Armat, Essanay, Kalem, Kleine, Lubin, Pathé Frères, Selig, Vitagraphe, American Mutoscope e  Eastman Kodak.  Ogni partecipante poteva commercializzare ogni settimana tra 4 e 6 prodotti di una bobina ciascuno, solo distribuendo alle imprese di noleggio dotate di licenza. MPPC si proponeva di raggiungere il totale controllo del mercato.
Nello stesso periodo i produttori indipendenti introdussero una importante innovazione di prodotto (innovazione di cambiamenti al fine di alterare il prodotto esistente e creare prodotti completamente nuovi che danno vita a nuovi mercati) per sfidare la MPPC: il lungometraggio, introdotto da
Famous Mayers
Feature Play Company
Il lungometraggio fu importato inizialmente negli Stati Uniti dall'Europa a partire dal 1911. via via, i grandi successi ottenuti da film come “Queen Elizabeth” fecero si che i lungometraggi si sostituissero ai cortometraggi (che rappresentavano l'output esclusivo di Edison e delle imprese affiliate). Il cartello fu rotto da Eastman Kodak nel 1911, decidendo di vendere la propria pellicola anche a produttori indipendenti. Le imprese associate alla MPPC non riuscirono ad adattarsi all'innovazione perché avevano un'offerta integrata e non separata di prodotto e apparecchiature.
Nel 1915 una sentenza emessa dalla corte distrettuale di New York identifica la MPPC come lesiva della concorrenza nella produzione e distribuzione cinematografica. Il cartello fu sciolto.

1916-1926: ( la transizione verso lo Studio System)
Il lungometraggio modificò radicalmente il settore cinematografico degli Stati Uniti. Il nuovo prodotto richiedeva investimenti consistenti e meccanismi di divisione del lavoro. Ci fu l'istituzione del produttore come coordinatore economico di input tecnici e creativi eterogenei. Tra gli anni 10 e 20 i produttori divennero i manager dell'attività cinematografica. Il costante aumento di domanda dei prodotti, il prolungato periodo di lavorazione e i più elevati costi associati alla realizzazione dei lungometraggi, portarono allo spostamento degli studios da New York alla California (per ragioni climatiche, morfologiche ed economiche più soddisfacenti). Nel 1922 l'85% del cinema veniva prodotto a Hollywood. Oltre al lungometraggio venne introdotta la Sceneggiatura: informazioni dettagliate sulla lavorazione e suddivisione per sequenza dei costi necessari alla produzione. Altri elementi segnaletici del prodotto vennero introdotti per aumentare il valore del prodotto stesso:
vennero impiegati attori e registi noti: divismo o star system
ci fu una differenziazione delle sale cinematografiche
A partire dal 1918 molte imprese cominciarono ad adottare strutture verticalmente integrate (diverse fasi produttive integrate nella stessa azienda). La Paramount Picture Corporation è il primo esempio di azienda che applicò un processo di integrazione: venne fondata nel 1912 con il nome di Famous Player Film Corporation e poi si unì alla Feature Plays Company). La Paramount arrivò a controllare una quota importante del mercato nazionale della distribuzione (220 su 840 lungometraggi nel 1919). grazie alla struttura integrata la Paramount impiegò pratiche commerciali vincolanti come il:
block booking: pratica di cedere in licenza o offrire in licenza un  lungometraggio o un gruppo di lungometraggi dietro la condizione che  l’’esercente acquisti la licenza per un altro lungometraggio o gruppo di lungometraggi commercializzati dallo stesso distributore in un dato periodo
blind bidding: gli esercenti presentano offerte in concorrenza l’uno con l’altro in cambio dell’opportunità di programmare un film senza averlo prima visionato
Con l'introduzione di simili pratiche ci furono 2 importanti conseguenze:
1)concentrazione dell'esercizio: il più importante circuito di sale del paese, First National, controlla circa 630 esercizi. Il circuito strinse accordi con numerosi artisti famosi, tra cui Chaplin
2)Integrazione a valle della Paramount anche per quanto riguarda l'esercizio: controllo esercitato direttamente sul mercato di sbocco; allargamento delle attività e stabile offerta di output da parte dei produttori
Il CODICE DI CONCORRENZE LEALE stabilì la possibilità di impiegare tecniche
considerate sleali quali il block booking ed il blind bidding e indebolì la posizione
degli esercizi indipendenti.
Le imprese major si ripartirono il controllo delle sale di  prima visione con riferimento a specifiche aree territoriali (ParmountParmountera concentrata negli stati era del New England, in quelli meridionali e nel Northern Midwest; la ; Fox era presente era negli stati della costa pacifica e delle Montagne Rocciose,Rocciose,…….).
Tra il 1935 ed il 1939 gli incassi raccolti attraverso il circuiTra circuito delle sale in mano to alle Major ammontavano al 70% dei ricavi totali del settore; glialle gliotto gruppi otto principali generavano oltre il 95% del valore degli incassi totaprincipali totali dei distributori
tra il 1925 e il 1926 c'è la costituzione delle Majors: 5 imprese verticalmente integrate in un sistema oligopolistico
INTRODUZIONE DEL SONORO E CONSOLIDAMENTO DELLO STUDIO SYSTEM (1927-1948)
L’introduzione del sonoro richiese ingenti investimenti per convertire le strutture produttive ed influenzò il processo di lavorazione
-le apparecchiature impiegate nella produzione divennero più complesse
-illuminazione ad incandescenza sostituì quella ad arco (più rumorosa)
-i produttori diventarono maggiormente dipendenti dai fornitori di  hardware specializzato
-integrazione di immagini e suono modificò le tecniche di sviluppo della scenografia
-gli attori dovettero adattare le proprie competenze artistiche per una nuova forma di recitazione 
-i costi di produzione subirono un forte aumento (nel 1920 la produzione di un film muto aveva un budget compreso tra i 40 mil a e gli 80 mila dollari; nel 1929 il costo medio era compreso tra i 200 mila ed i 400 mila dollari) mila

L’integrazione verticale si accompagna ad un modello produttivo centralizzato e standardizzato costituito dallo STUDIO SYSTEM. Si tratta di un modello di organizzazione del lavoro di ideazione, progettazione e realizzazione di un film teso alla MASSIMIZZAZIONE DEI PROFITTI attraverso uno SFRUTTAMENTO OTTIMALE DELLE RISORSE. UN SISTEMA BASATO SULLA SUDDIVISIONE, RIGIDA E REGOLATA, DEL LAVORO E SULLA SUBORDINAZIONE TOTALE DI TUTTE LE COMPONENTI PROFESSIONALI, DAGLI ATTORI AGLI SCENEGGIATORI, AI REGISTI, ALLA FIGURA DEL PRODUTTORE
 PRO
Modello “fordista”di cinema (Studio System)
-acquisizione di una story idea
-presenza di un produttore esecutivo a cui faceva riferimento  il regista che svolgeva la funzione di coordinatore creativo del progetto e gli  interpreti
-produzione e cast erano raggruppati in team e dovevano  realizzare fino a 30 pellicole in un anno-
-sceneggiatori suddivisi per specializzazione (ambientazione, dialoghi, specialisti del  dramma e della comicità)-
-i film erano realizzati  all’interno degli studi cinematografici (che rappresentavano dal 50% al 75% del patrimonio immobiliare delle Majors)-
-le sequenze erano filmate non nella loro successione  cronologica, ma in funzione  della massimizzazione dell’efficienza  produttiva-
-i film venivano doppiati e montati ed in secondo luogo  promossi e  distribuiti. Il prodotto filmico si muoveva da un reparto all’altro come lungo una catena di montaggio (processo basato sui principi di serialità,  ripetitività e frammentazione)

Ci furono esperimenti sul sonoro cinematografico negli stessi anni in diversi paesi: Usa, Germania, Francia e Inghilterra
tra il 1925 e il 26, 3 sistemi di sono furono introdotti nel sistema cinematografico da parte di imprese di importanza relativamente minore o da parte di imprese esterne al settore cinematografico:
-vitaphone: sviluppato da Western Electric Company, concesso in licenza alla Warner Bros Company
-movietone: sviluppato da Lee de Forest, incorporato da Fox Film Corporation
-photphone: sonoro sviluppato da RCA

Fino al 1925 Warner Bros era un'impresa priva di una rete di distribuzione e di un circuito proprio di sale. Con i finanziamenti della Banca Nazionale di New York essa investì nella produzione di film sonori attraverso l'accordo con Western Electric Company (che aveva inventato il sonoro). Dopo il 1926 W.B ampliò la propria attività costruendo studi di produzione  adeguati per le riprese del sonoro, contrattando con artisti famosi e acquistanto il circuito delle sale di Stanley Company (250 sale). Da 6 milioni di dollari nel 1927 a 230 milioni nel 1930. nel frattempo Fox Film Corporation riceveva finanziamenti dalla società Halsey. Prima la Fox era specializzata nella realizzazione di rotocalchi e notiziari, ma nel 1928 cominciò la costruzione degli studi Fox Movietone City attrezzati per il sistema sonoro. Tra il 1927 e 28 ci fu un'intensa concorrenza tra diversi sistemi di sonorizzazione. La Western E. C decise di interrompere gli accordi con Warner Bross stipulando una serie di accordi di licenza incrociati con Movietone (che collabora con Fox) e creò la ERPI. Nello stesso tempo la RCA crea nel 1927 lo stesso sistema di registrazione e riproduzione (concorrenza con Erpi). Il sistema vitaphone fu generalmente usato da tutti i principali produttori cinematografici americani nel maggio del 1928.
la RCA, dopo aver perduto la possibilità di accordarsi con dei produttori decise di organizzare una propria società di produzione cinematografica: la RKO che raggiunse il gruppo delle altre Majors hollywoodiane: Paramount, Loew's-MGM-Warner Bros e Fox Corporation (tutte integrate nella produzione, distribuzione ed esercizio). A differenza di esse  fu gestita da un gruppo manageriale piuttosto che da uomini di spettacolo o impresari teatrali.
Oltre alle 5 imprese majors ce ne erano altre integrate solo nella produzione e nella distribuzione: Universal, Columbia, United Artists.
I sistemi Erspi e RCA, dopo un iniziale vantaggio di Erpi raggiunsero nella seconda metà del 1928 una compatibilità tecnica: unica differenza era che Erpi aveva un costo maggiore rispewtto a RCA.
L'introduzione del sonoro portò all'invenzione e all'adozione di nuovi macchinari più avanzati e sofisticati. Si trasformò anche la tecnica di sviluppo della sceneggiatura, nuove forme di recitazione per gli attori e nuove forme di montaggio. Il costo medio per fare un film crebbe sensibilmente nell'arco di 10 anni da 40000 nel 20 a 400000 nel 29.
La recessione economica degli anni ’30 colpì il settore cinematografico quando la conversione al sonoro non era completata. Conseguenze:
riduzione del 30% dei biglietti venduti
4 mila sale chiuse nell'arco di tre anni
un più elevato indebitamento delle grandi imprese integrate
rafforzato controllo finanziario operato dalle banche di
investimento
Le istituzioni finanziarie sostennero le grandi imprese integrate le quali e disponevano di garanzie rilevanti rappresentate dalle proprietà immobiliari delle sale cinematografiche. Questo favorì l'ingresso di istituzioni finanziarie nei consigli di amministrazione di alcune imprese cinematografiche (nel consiglio di amministrazione della Paramountt si trovano importanti banchieri di si New York)

negli anni 30 non mancarono comunque i finanziamenti alle imprese cinematografiche che integrarono tutte le attività in un sistema oligopolistico. L'utilizzo di pratiche commerciali considerate sleali come il block booking e il blind bidding diventò legittimo, contribuendo ad indebolire la posizione degli esercizi indipendenti. Le imprese majors avevano il controllo del mercato perché acquisirono sale di prima visione e si divisero l'intero mercato nazionale. Agli esercizi indipendenti vennero assegnate posizioni più basse nei cicli di divisione e periodi più lunghi di attesa per la programmazione, dopo l'esaurimento dei cicli precedenti.
Ogni circuito di sale affiliato ad un'impresa major garantiva un accesso preferenziale di prodotti commercializzati dalla major stessa. Le impresemajors producevano circa il 65% della intera produzione statunitense. C'erano forti barriere all'entrata del sistema oligopolistico americano: ecludeva imprese di produzione e distribuzione non integrate.
Tra il 1935-39 gli incassi della Majors corrispondevano al 70% dei ricavi totali del settore. Nonostante ciò, il controllo sul settore non era assoluto. Le imprese majors e minors furono in competizione per distribuire le scarse produzioni indipendenti e anche nel noleggio di seconda visione. Un certo grado di conocorrenza ci fu anche a livello produttivo: gli studios si sfidarono per acquistare sorie e stars. I piani di produzione erano divisi in due categoria:
A feature: film di serie a, a budget elevato (da un milione di dollari
b feature: film di serie b, a budget ridotto
furono introdotte nuove figure manageriali, professionali tecniche e creative nella fase della sceneggiatura, del casting, ect., come per esempio il Produttore generale (studio executive producer) che supervisionava le Unit producer (produttori di unità) e i registi ( che coordinavano i progetti creativi).
Ci fu una tendenza alla differenziazione della produzione di film:
MGM: film sofisticati con attori famosi
Paramount: commedie brillanti
Warner Bros: film drammatici e di genere
Rko: musical e Walt Disney


Il sistema decentrato flessibile (dal 1949 ad oggi)
Nel secondo periodo post bellico due eventi esterni modificarono radicalmente l’organizzazione economica del settore cinematografico:
Agli inizi degli anni Cinquanta si assiste al successo commerciale della televisione come mezzo di entertainment alternativo. Nel 1948 la Corte Suprema giudicò le cinque imprese integrate e le tre semi--integrate colpevoli di ridurre la concorrenza nel settore cinematografico ed impose loro di:
--interrompere l’utilizzo delle pratiche commerciali che vincolavano  l’’acquisto di film da parte degli esercenti
--operare un separazione formale e sostanziale di ciascuna delle cinque imprese completamente integrate in imprese di produzione e di distribuzione da un lato ed in imprese di esercizio dall’’altro

Conseguenze dello sviluppo della televisione:
alla fine degli anni Cinquanta il 90% delle famiglie americane possiede un televisione
nelle sale si passò dal picco storico di oltre 4 miliardi di biglietti venduti nel 1946 ai poco pi di 3 miliardi del 1950 che divennero 2,2, miliardi nel 1955 biglietti
nonostante il tentativo da parte delle Majors di aumentare il prezzo, la contrazione del fatturato lordo fu del 26% e la caduta degli utili fu pari al 50%
il numero delle pellicole distribuito dalle grandi imprese americane diminuì di oltre il 50%

Il sistema produttivo basato sullo STUDIO SYSTEM venne sostituito da un SISTEMA A RETE basato sul DECENTRAMENTO DELLE RISORSE e sull’OUTSOURCING. Esso presentava la seguente articolazione:
OUTSOURCING.
--le Majors che praticamente dismisero in misura significativa la veste  produttiva per ridisegnarsi il ruolo centrale di distribuzione e di finanziamento delle produzioni indipendenti
--i produttori indipendenti che acquistarono liberti creativa e  diventarono gli sviluppatori  dell’idea ed i realizzatori dei film di cui il finanziamento e la distribuzione venivano demandati alle Majors
--le agenzie di rappresentanza di attori ed autori che sostituirono i contratti a lungo termine in auge nello Studio System e assunsero un’importanza tanto maggiore quanto più i loro assistiti erano  interpreti di successi di cassetta (bankable)
Si passò dalla fase del producer-unit system in cui il produttore era vincolato alla realizzazione di  6-8- film l’anno a quella del anno  package-unit system fondata su accordi spot, accordi per singoli film. Si verificò una proliferazione delle case di produzione  indipendenti costituite da enti artigiani ed artisti ex dipendenti degli Studi delle Majors. Le attuali Majors--che fanno parte di più ampie conglomerate--difficilmente producono film che distribuiscono. Disney, Parmount, MGM, 20°Century Fox, Universal e WarnerBross producono direttamente il 25% del numero totale di film
 realizzati annualmente.
Le grandi imprese del cinema sono riuscite a mantenere la leadership del settoree a minimizzare il rischio finanziario; la loro partecipazione finanziaria al progetto è decisiva, ma non esclusiva.
La ripartizione dei ricavi è abbastanza equilibrata:
--50% è destinato alla sala cinematografica
--25%  è il compenso per il distributore (15% di competenze del distributore e 10% a copertura dei costi di distribuzione comprensivi di pubblicità, promozione e tasse)
--25% è il compenso per il produttore (net producer’s share)

Negli anni ’’70 le Major incontrarono un periodo di crisi:
--continua caduta dei biglietti venduti
--una serie di film musicali prodotti sulla scia del successo TheSound of Music incontrarono clamorosi flop che si tradussero in buchi di bilancio
- incremento della quota di film importati
- i ricavi provenienti dalle produzione cinematografiche veicolate attraverso la televisione non erano in grado di costituire uno sbocco sostitutivo delle sale
Le Majors divennero terre di conquista da parte di gruppi esterni al settore che ore vedevano nel cinema una forma di investimento e consideravano i cespiti immobiliari delle Major una forte garanzia.


--nel 1966 Paramount fu acquistata da fu Gulf& Western operante nel settore minerario, saccarifero, del tabacco, dell’edilizia, della componentistica per auto
–nel 1967 UnitedArtist divenne una consociata  TransamericaCorporation, gruppo attivo nei settori finanziario ed assicurativo
--nel 1969 la  WarnerBross passò a KinneyNationalService, conglomerata che spaziava dal noleggio di auto ai parcheggi, alla manutenzione edilizia
--nel 1969 la MGM fu acquistata da KirkKerkorian, uomo d’affari impegnato nell’’attività alberghiera e dei casinò
--negli anni ’70 la 20ththCenturyFox fu  acquistata dal petroliere MarvinDavis
L’’ingresso di queste grandi imprese comportò una maggiore sensibilità verso gli elementi di  redditività del business ed una maggiore  attenzione ai costi, che si concretizzo in una restrizione dei titoli prodotti e distribuiti annualmente e sui quali si concentravano investimenti particolarmente elevati


Negli anni ’70 furono introdotte innovazioni importanti:
--un cableoperator, HBO, diventava il primo canale di cinema nazionale  attraverso attraverso l’uso del  Satellite
--la Sony introduceva il suo standard  betamax per i videoregistratori con la creazione di un nuovo mercato di sbocco: l’homevideo
--si sviluppano i mall based multiplex teather, le multisale collocate nei centri  commerciali destinata ad un pubblico giovane

Negli anni ’’80 le Majors sono state oggetto di acquisizioni in business vicini a quello cinematografico: queste operazioni hanno dato origine al gruppo di impresa multimediali che oggi opera nell’industria dell’intrattenimento, in cui le attività cinematografiche rappresentano una componente integrata ma relativamente autonoma.
La creazione di gruppi multimediali ha mantenuto da un lato un  sufficiente grado  di autonomia di ciascun business, ma  dall’altro ha determinato un potenziale di sinergia nelle attività di produzione e distribuzione dei contenuti creativi: l'idea alla base di un prodotto cinematografico può essere trasformata in un soggetto per un programma televisivo, per un prodotto editoriale, discografico, multimediale o viceversa.

Le principali conglomerate  dell’intrattenimento sono:􀀹VIACOMVIACOM􀀹TIME WARNER INC.􀀹SONYSONY􀀹NEW CORPORATIONSNEW CORPORATIONS􀀹WALT DISNEY COMPANYWALT COMPANY􀀹VIVENDI UNIVERSALVIVENDI UNIVERSAL--CBS ENTERTAINMENTCBS ENTERTAINMENT















L'EVOLUZIONE IN EUROPA
-il dominio europeo: 1895-1914
-il declino europeo: 1915-1950
-il riorientamento: dal 1951 al presente

IL DOMINIO EUROPEO
La nascita del business legato al Kinetoscope intorno al !894-95 rappresentò la base economica su cui il settore cinematografico si sviluppò negli Stati Uniti e nei principali paesi europei. Le prime fasi dell'evoluzione in atto furono caratterizzate anche da una stretta relazione tra la fabbricazione e la commercializzazione di componenti hardware e software.
In Francia, importare il Kinetoscope era molto costoso, così i fratelli Lumière progettarono una versione locale del Kinetoscope più conveniente rispetto all'originale, il Cinematographe (1895): stessa pellicola a 35 mm del proiettore Edison, usato sia come proiettore che come cinepresa. La mancanza di finanziamenti e la subitanea imitazione del proiettore costrinsero i fratelli Lumière ad abbandonarla nel 1905 la produzione di prodotti cinematografici. Sempre in Francia fu attivo Georges Méliès, riconosciuto come il secondo padre del cinema (dopo i Fratelli Lumière), per l'introduzione e la sperimentazione di numerose novità tecniche e narrative. A lui è attribuita l'invenzione del cinema di finzione (che filma mondi "diversi dalla realtà") e di numerose tecniche cinematografiche, in particolare del montaggio, la caratteristica più peculiare del nascente linguaggio cinematografico. È universalmente riconosciuto come il "padre" degli effetti speciali. Scoprì accidentalmente il trucco della sostituzione nel 1896 e fu uno dei primi registi a usare l'esposizione multipla, la dissolvenza e il colore (dipinto a mano direttamente sulla pellicola).Nel 1913 la Star Film, la compagnia cinematografica di Méliès, andò in bancarotta a causa delle politiche commerciali: Méliès vendeva le copie dei suoi film una per una, ma non percepiva nessun diritto d'autore per le singole proiezioni; per cui, paradossalmente, mentre i suoi film spopolavano in Europa e in America, era costretto a impegnarsi economicamente per creare continuamente nuove pellicole, che però iniziarono ad essere ripetitive, compassate, ridicole, perdendo l'interesse del mercato.
Le imprese che prima del 1915 determinarono il dominio europeo nel settore cinematografico a livello internazionale furono Pathé Frères e, in misura minore, Gaumont.
GAUMONT E PATHE'
Gaumont e Pathé sono inizialmente entrambi a capo di due società produttrici di macchinari cinematografici. Dopo essere diventati i più grandi produttori cinematografici di Francia ed aver iniziato un processo di integrazione verticale che interessava le attività di produzione, distribuzione ed esercizio cinematografico, ma anche la realizzazione di pellicole e di strumenti di produzione (hardware e software), essi si espansero anche nel mercato americano, producendo tra circa 100-120 copie l'anno) e parteciparono al cartello della MPPC, in particolare Pathé. Quando il cartello fu rotto da Eastman, anche Pathé abbandonò il cartello governando da solo a propria distribuzione nel mercato americano, cominciando a distribuire prodotti di cortometraggio di tipo comico e filmati di attualità. Nel frattempo, negli Stati Uniti subentra il lungo metraggio che da Pathé non viene pienamente adottato perché considerato meno gradito: non riesce a sposare il principio della divisione del lavoro sia tra gli input creativi sia tra gli output distributivi che nel frattempo veniva adottato dalle imprese cinematografiche americane per adattarsi alla “lavorazione” del lungometraggio. Ciò provocò un handicap industriale: Gaumont e Pathé, in particolare, non riescono a controllare nessuna sala cinematografica americana: l'integrazione verticale c'è solo all'inizio della loro carriera. Non adottando l'innovazione di prodotto (il lungometraggio), non reggono il confronto perché non hanno acquistato nessuna sala. Non avviene l'industrializzazione cinematografica francese come quella americana.
IL DECLINO EUROPEO
gli anni che vanno dalla fine della prima guerra mondiale agli anni '50 rappresentano per l'America motivi di successo, per la Francia motivi di decadenza e ritardo: alla Francia è mancata la capacità di industrializzare l'innovazione del lungometraggio che in negli Stati Uniti era oggetto di una produzione di squadra e, nello stesso tempo, non si creano competenze specializzate nei determinati ambiti creativi e produttivi. C'è una sola figura polivalente
La produttività diminuisce:
Attraverso la divisione del lavoro, aumenta la produttività (quantità di prodotto che si produce per ore lavorate) e di conseguenza aumenta il prodotto perché si sviluppano delle economie specializzate.
Altro elemento di declino dell'industria europea deriva dalla nascita di interessi divergenti ai diversi livelli della filiera: a valle (sale) e nella distribuzione
c'è una limitata varietà e una bassa produzione nazionale:
1)i produttori e distributori promuovono film francesi: non importano film americani
2)gli acquirenti però vogliono film americani: gli esercenti devono scegliere qualcosa che massimizza il fatturato, il profitto (= ricavo-costi), dato dagli incassi e dai costi di acquisizione. Così si rivolgono all'industria americana
L'introduzione del sonoro (dopo il 1927) che come abbiamo visto favorì negli Stati Uniti processi di integrazione verticale e la costruzione di un sistema oligopolistico fino al 1948,  fu lento nell'industria europea: ciò ebbe una ripercussione negativa molto forte:
capitale minore: necessità di investimenti per la conversione ai nuovi sistemi di registrazione e proiezione
fattore lingua: barriere linguistiche accentuano la frammentazione industriale europea. Si riduce il potenziale di esportabilità del prodotto all'estero, soprattutto per quei paesi, tipo l'Italia, che non hanno avuto un impero coloniale. Intanto le Majors americane importano le proprie industrie anche in Europa.
Si restringe il mercato di riferimento: come reagisce l'Europa alla penetrazione delle imprese americane? Con una normativa di tipo protezionistica (DAZI) tra il 1921 1il 1927: tariffazione o contingentamenti che impongono restrizioni e quote alle importazioni di prodotti esteri. La normativa si accompagna ad un massiccio sostegno pubblico alle imprese europee: finanziamenti a tassi di interesse agevolati da parte dello stato: l'industria americana si basa solo su capitali privati.
Dopo il caso Paramount la produzione cinematografica statunitense ha subito una significativa riduzione e ciò ha permesso ad alcuni paesi europei negli anni 50 di acquisire una maggiore stabilità economica nel settore.
IL RIORENTAMENTO (DAL 1951 AL PRESENTE)
la nascita di un nuovo mezzo comunicativo concorrente al cinema ha causato una forte riduzione della domanda di film nelle sale. Le imprese che hanno meno sofferto sono state quelle americane che hanno trovato un nuovo mercato di sbocco nella televisione europea (film precedentemente distribuiti nelle sale e nel mercato televisivo domestico americano: la televisione commerciale si sviluppa prima negli Stati Uniti che in Europa)..
Con la nascita della TV si sviluppa un mercato secondario molto remunerativo in America. In altre parole la superiorità dell'offerta americana si trasferì dalle sale allo schermo televisivo e ciò contribuì ad aggravare il divario esistente nel settore.
La domanda sempre più crescete dei prodotti televisivi portò al coinvolgimento sempre più determinante delle imprese televisive nella produzione cinematografica. Come risultato, il settore cinematografico è diventato dipendente da quello televisivo che ha potuto così occupare non solo gli spazi di mercato e le risorse creative (rappresentate da attori e altri professionisti),ma anche gli spazi fisici che nel passato erano appartenuti esclusivamente al settore cinematografico (per esempio in Italia, Cinecittà).
Caratteristiche della produzione cinematografica televisiva:
1)diminuzione dei budget medi destinati alla realizzazione di film
2)iniziative nella produzione cinematografiche delle imprese televisive sono frammentate perché rispondono alle esigenze della distribuzione televisiva e non strettamente cinematografica.
Le Majors americane sfruttano la TV, in Europa la TV sottostà ad una normativa che prevede che le imprese TV investano in film europei e nella trasmissione di una quota fissa di film durante la loro programmazione (vedi canal plus)
perché il finanziamento di un film è ad alto rischio?

CONCLUSIONI
Produzione: la prima fase di sviluppo del settore fu diversa tra Stati uniti e Europa. Negli Stati Uniti si verificò  una forte concorrenza tra i diversi standard tecnici (proiettori), mentre lo standard introdotto in Europa da Edison fu accettato quasi immediatamente. L'introduzione del lungometraggio costrinse le imprese incapaci ad adattarsi ai nuovi processi ad abbandonare il business (Edison e Biograph negli Stati Uniti e Pathé in Europa). L'effettiva industrializzazione del settore cinematografico avvenne solamente dopo l'introduzione del lungometraggio. L'aumento della domanda favorì la specializzazione delle attività e l'espansione dell'output ma solo negli Stati Uniti. Nel periodo dello studio system si verifica la separazione delle attività creative da quelle economiche: il processo produttivo venne affidato alla gestione di manager professionisti. L'introduzione del sonoro implicò una successiva trasformazione tecnologica non riducendo la domanda di prodotto. In Europa i produttori continuarono a operare nel settore dei macchinari e delle apparecchiature così come a quello dei film. Non introdussero un livello si specializzazione e standardizzazione dei processi come quello statunitense. Anche se fu introdotto anche in Europa la sceneggiatura e la suddivisione del piano di lavoro in sequenze, i manager professionisti rimasero una rarità: la processo produttivo continuava ad essere coordinata da registi così come nella prima guerra mondiale. L'introduzione del sonoro non modificò l'organizzazione frammentata della produzione cinematografica europea. Il sonoro trasformò l'Europa  in un aggregato di mercati distinti: il perfezionamento del doppiaggio e dei sottotitoli ha si ridotto le barriere linguistiche ma non ha fatto che favorire maggiormente l'ingresso americano nel mercato cinematografico europeo.
Distribuzione ed esercizio: l'introduzione del lungometraggio ha portato alla creazione dello star system. I distributori  statunitensi hanno adottato nuove strategie di marketing, alla fine degli anni venti, il settore statunitense si è organizzato intorno ad un gruppo di cinque imprese verticalmente integrate in una struttura oligopolistica coinvolte nella produzione, distribuzione e nell'esercizio. Al centro di tale struttura erano i circuiti di sale di prima visione affiliati alle Majors che rappresentava un'efficace barriera all'entrata per l'offerta dei produttori indipendenti non distribuiti dalle Majors. In Europa vediamo che Pathé aveva deciso di estendere l'integrazione verticale a monte, nella fabbricazione dei negativi. Non decise di integrarsi anche a valle perché aveva visto un maggiore potenziale di crescita nel business dell'hardware. Probabilmente proprio questo portò le imprese europee a dipendere come distributori e d esercenti dal successo dei prodotti importanti dagli Stati Uniti.

CAPITOLO 3: IL PRODOTTO CINEMATOGRAFICO
l'economia della cultura comprende due tipologie di beni:
1)beni artistici: beni appartenenti alle arti visive (pittura e scultura) e rappresentate (concerti, teatro, opera o la danza) in cui il prodotto dell'attività dell'artista è un'opera unica ed autentica e la cui  fruizione si fonda sulla presenza contestuale del pubblico e degli artisti.
2)prodotti dell'industria culturale; per esempio libri e dischi, riproducibili e concepiti per essere riprodotti in copie perfettamente uguali all'originale (realizzato dall'artista)
Il prodotto cinematografico presenta caratteristiche comuni ad entrambe le tipologie. Si tratta di un prodotto il cui output  sul mercato primario (le sale) è misurabile attraverso il numero dei biglietti venduti o di posti a sedere occupati, come avviene per le arti rappresentate in genere. Si tratta anche di un prodotto che si fonda sulla riproducibilità dell'originale (il negativo) in copie.

L'ECONOMIA DELLE ARTI RAPPRESENTATE (BENI ARTISTICI)
il prodotto cinematografico non ha bisogno di essere fruito contestualmente alla presenza dell'artista. Però condivide con i beni artistici alcune proprietà legate al concetto di domanda e di offerta:
l film è un prodotto a consumo collettivo, è un bene non rivale: il consumo di un'ulteriore persona non aumenta o diminuisce la distribuzione o la produzione del bene stesso. È un bene collettivo ed escludibile, cioè impone un prezzo (il prezzo del biglietto). I beni pubblici sono beni non escludibili. Un'altra caratteristica del film è la non flessibilità: l'offerta di ingresso è fissa e la domanda non influisce sul prezzo. Se il film ha molto successo il prezzo non varia. Il prezzo del film non riflette l'andamento della domanda. Se l'offerta di un bene aumenta, aumentano i prezzi in un bene normale. Per il bene film questo gioco domanda – offerta si rifletta solo nella permanenza in cartellone (nelle sale). La domanda di film dipende da elementi diversi dal prezzo, ossia da elementi segnaletici che sono
riconducibili alla domanda stessa, derivanti da informazioni e/o dall'osservazione del comportamento degli altri consumatori: i consumatori di prodotti culturali, oltre a generare comportamenti imitativi, sono influenzati da benefici sociali legati alla condivisione dell'esperienza di consumo che modificano l'utilità stessa dei beni utilizzati. Il processo attraverso cui le informazioni influenzano le decisioni altrui può essere spiegato con l'effetto traino: bandwagon effect, per usufruire di un beneficio collettivo, per parlare delle stesse esperienze, provare a condividere ciò che gli altri hanno consumato e apprezzato. Perché un consumatore tende a fare ciò che fa l'altro? Perché l'informazione è costosa e il tempo è limitato. Piuttosto che investire nell'acquisto di informazioni, il consumatore preferisce osservare il comportamento degli altri consumatori.
riconducibili alle caratteristiche del prodotto, derivanti in particolare dal valore segnaletico di alcune componenti del prodotto (attori, regista, trama, ecc) e dalla segnalazione da parte della critica ( recensioni che sono d'aiuto quando non c'è molta pubblicità e quando un film è poco conosciuto). La presenza di artisti famosi il cui talento è riconosciuto costituisce un elemento segnaletico in quanto riduce sia il bisogno dei consumatori di reperire informazioni sull'offerta complessiva, sia il rischio associato ad un consumo incerto. Ciò spiega il meccanismo degli ingaggi: spiega perché artisti talentuosi possono richiedere remunerazioni più alte rispetto ad altri colleghi.

Un'altra caratteristica del film comune ai beni artistici è la ripetizione del consumo dello stesso bene. La ripetizione è regolata dalla legge di decrescenza del piacere (utilità marginale decrescente):  la grandezza di uno stesso piacere derivante da un consumo di bene, quando soddisfatto in modo continuo e ininterrotto, decresce fino alla sazietà. Nel consumo di qualsiasi bene vale questo principio: mano mano che si consuma un prodotto la soddisfazione decresce (esempio dell'acqua che si beve quando si è assetati: il secondo e il terzo sorso saranno meno soddisfacenti). L'utilità, ossia la soddisfazione, è massima all'inizio e poi via via decresce:. Questo principio si applica anche ad un film in cui la ripetizione del consumo avviene
o a distanza molto ravvicinata dal primo acquisto (per approfondire alcuni elementi particolari dello spettacolo)
o dopo un periodo di tempo piuttosto lungo (per riprodurre il piacere iniziale). In questo caso vi una diminuzione dell'intensità e della durata del piacere, il valore del bene risulta inferiore.  La ripetizione del consumo richiede pertanto o una diminuzione del prezzo ( attraverso i canali secondari dell'homevideo), o un'innovazione di prodotto originario (versioni restaurate, scene inedite, scene di backstage, ecc).

Il lavoro dei beni artistici e del prodotto cinematografico si può dividere in cinque categorie:
1)lavoro di scena: performing labour, comprende attori, musicisti, ballerini
2)lavoro artistico, artistic labour, comprende i produttori, registi, coreografi
3)lavoro creativo, creative labour, comprende gli sceneggiatori, i compositori, gli scenografi e i costumisti
4)lavoro tecnico, technical staff, comprende gli elettricisti, montatori del set, ecc
5)lavoro amministrativo, administrative staff, comprende contabili, legali
L'EVOLUZIONE DELLA STRUTTURA DEL SETTORE CINEMATOGRAFICO
Caratteristiche del prodotto cinematografico in termini di proprietà della domanda e dell'offerta.
Il film è un prodotto a utilità ripetuta ma il cui consumo si concentra in determinati intervalli  di tempo. Nel marcato primario (sale), il consumo ha un andamento stagionale; la permanenza di un film nelle sale cinematografiche è in media di sei settimane e il maggior numero di incassi si concentra nei primi giorni di programmazione. Il film è un prodotto con ciclo di vita breve e ciò
impone un tasso di sostituzione molto alto: ogni anno il settore cinematografico deve produrre e distribuire un insieme di film la cui vita commerciale nelle sale si esaurisce in tempi brevissimi, rinnovando costantemente la propria offerta; c'è un elevato turnover.
Le spese di produzione sono rappresentate da costi fissi non recuperabili perché vanno sostenute interamente prima della circolazione in sala e pertanto gli investimenti relativi subiscono i cosiddetti effetti di irreversibilità: le decisioni di investimento riducono cioè in misura assai significativa e per periodi di tempo molto lunghi la varietà delle scelte altrimenti percorribili e delle opzioni eventualmente esercitabili nel futuro. 2. In merito alle possibilità di successo e di esito finale, la produzione è afflitta da un grado di incertezza tra i più alti di tutte le attività e i ricavi della distribuzione (soprattutto quelli costituiti dagli incassi dell’esercizio) non sono rappresentabili attraverso le normali curve di distribuzione dei proventi
La produzione di un film è soggetta a subire costi fissi non recuperabili: SUNK COSTS, costi specifici per un determinato film, come ad esempio la location
il costo totale = costi fissi + costi variabili
costi fissi: incidono sui costi anche se si produce zero, sono irrecuperabili, si spalma su una quantità elevata di beni. Se minimizzo il costo, massimizzo il profitto e la quantità
costi variabili: materiale che varia a seconda della quantità del prodotto
La creazione dello star system che ha caratterizzato soprattutto la produzione hollywoodiana tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta, la suddivisione in generi e l’impiego di effetti speciali sempre più sofisticati sono state alcune soluzioni volute appunto dalle major americane per affidarsi a elementi e standard produttivi a maggior potenziale di successo e ridurre quindi l’elevato rischio connesso all’attività. Un sistema applicato a volte in maniera tanto pervicace da meritare all’apparato hollywoodiano la definizione di industria degli stereotipi, più che dei prototipi. L’incerta copertura dei costi di produzione – senza dubbio uno dei problemi più importanti (se non il più rilevante in assoluto) per l’industria cinematografica – ha invece favorito più tardi in Europa la nascita dei sistemi di sostegno pubblico e negli Stati Uniti lo sviluppo di tecniche di marketing sempre più evolute. Le major internazionali destinano infatti ingenti risorse al lancio promozionale dei loro titoli, in alcuni casi superiori allo stesso budget di produzione, e in una quantità di “sottoprodotti” legati alle pellicole stesse – dai gadget ai parchi tematici e ai videogame – che spesso diventano il business principale, contribuendo in modo consistente e preponderante alla copertura degli investimenti pianificati e stanziati.
la principale  caratteristica del settore cinematografico consiste in un alto grado di rischio. Vediamo ora quali sono state le strategie dello star system per evitare i rischi di perdita.
DURANTE IL MODELLO FORDISTA
contratti a lunga durata con attori (varia sul costo fisso)
integrazione verticale della produzione, della distribuzione e dell'esercizio
DOPO LA SENTENZA PARAMOUNT DEL 1948 che modifica il contesto istituzionale, modello denominato flessibile. stabilisce che i film possano essere visti solo nelle sale cinematografiche e non più nei teatri. Si ha un aumento unitario (del singolo film)
si assiste alla nascita di strutture produttive fondate sull'outsourcing : decentramento: esternalizza la fase della produzione di una squadra indipendente che determina una diminuzione dei costi di produzione; nascita dei film indipendenti americani.
Aumento della fidelizzazione al prodotto attraverso lo sfruttamento delle opere letterarie (vedi Stephen King)
serializzazione del prodotto (film in serie)
Remakes
ampliamento del mercato : internalizzazione e merchandising
divisione del compenso in una parte fissa (risk adverse) e una parte variabile (risk lover): pay by performance
 le strategie elaborate dall'industria cinematografica al fine di contenere i rischi si suddividono in
a) strategie di riduzione del rischio: tentano di contenere il rischio individuale associato ad ogni singolo film. Le imprese di produzione hanno cercato di perseguire questo obiettivo attraverso
1)il sistema divistico dello stars system (presenza di attori famosi che assicurano fedeltà del pubblico)
2)lo sfruttamento di opere letterarie di grande successo
3)la serializzazione del prodotto (i vari Indiana Jones, Guerre Stellari, ecc) o realizzazione di remake di film del passato
4)massiccia promozione pubblicitaria, in prossimità dell'uscita del film nelle sale cinematografiche
5)trasformazione di alcuni costi da fissi a variabili in funzione del successo del film (per esempio il compenso delle star o del regista)
6)internalizzazione del prodotto per contenere le perdite o aumentare i guadagni attraverso il ricorso a mercati esteri
7)commercializzazione di prodotti collegati ai contenuti del film (merchandising)
Se da un lato l'impiego di questi elementi tende a diminuire i rischi di fallimento, dall'altro tende ad aumentare notevolmente i costi, soprattutto quelli relativi alle risorse creative e in particolare al compenso degli attori principali, all'acquisizione dei diritti di sfruttamento cinematografico e alla promozione pubblicitaria
b) strategie di ripartizione del rischio si concretizzano nella produzione di un numero di titoli sufficientemente ampio (portafoglio). Le strategie di portafoglio distribuiscono i rischi ma comportano investimenti di enormi proporzioni e costi di struttura pià elevata: strategia del blockbuster.


CAPITOLO 4: LA PRODUZIONE CINEMATOGRAFICA

la filiera del settore cinematografico è l'insieme delle attività che dallo sviluppo del prodotto portano alla sua commercializzazione al pubblico nelle sale o negli altri canali di distribuzione. La filiera si basa su tre fasi principali:
1)la produzione: assemblaggio di una squadra (produttore + input creativi) che realizza la copia Master, copia madre che è all'origine del processo di moltiplicazione da cui si ottengono le copie poi commercializzate
2)la distribuzione: duplicazione del master in più copie per la proiezione nelle sale cinematografiche ( flusso fisico delle copie; attività di marketing e flussi finanziari legati agli incassi)
3)l'esercizio: sale destinate alla proiezione di una o più copie del film (vendita di biglietti, attività di proiezione, vendita cibi e bevande, ecc). Successivamente il prodotto cinematografico viene distribuiti in una serie di mercati secondari (TV a pagamento, Homevideo, ecc)

FASE DI PRODUZIONE
Esistono diversi sistemi di produzione, soprattutto negli Stati Uniti, dove l'organizzazione della produzione cinematografica si è identificata in base all'evoluzione del settore:
1)sistema fondato sul regista: director system: tra il 1907 e il 1909, periodo in cui il cinema ha assunto le caratteristiche delle arti rappresentate (teatro). Il regista è il coordinatore delle attività di input creativi e tecnici e anche produttore al tempo stesso.
2)Sistema del regista a capo di un'unità: director unit system: tra il 1909 e il 1914. si consolida il sistema precedente ma si si introducono alcune innovazioni importanti, tra cui la creazione di unità tecniche permanenti all'interno degli studi che facevano capo ciascuna ad un diverso regista; la sceneggiatura sostituiva la logia sequenziale delle riprese, coincide con la trama della storia
3)sistema del produttore centrale, central producer system, tra il 1914 e gli anni trenta. Introduzione del lungometraggio come formato standard di produzione: divisione delle funzioni di coordinamento del regista e del produttore, specializzazioni. Il produttore diventa il manager delle fasi a monte e a valle della produzione, selezioni gli input creativi e tecnici; il regista mantiene il controllo della fase di lavorazione, ma non è più a capo dell'unità produttiva, rimane responsabile della realizzazione di un certo numero di film, ma non del buget e dell'assemblaggio dei progetti.
4)Il sistema del produttore a capo di un'unità, producer unit system, tra gli anni trenta e i primi anni quaranta.  Le grandi imprese assunsero forme di organizzazioni basate su più unità, a capo delle quali c'è il produttore (e non più il regista)
5)il sistema del pacchetto-unità: package unit system, che ha preso piede dopo gli anni Quaranta ed è attualmente la forma più diffusa per organizzare la produzione cinematografica sia in Europa che negli Stati Uniti. La produzione si è organizzata intorno a progetti individuali e a relazioni a breve termine. L'intero settore è diventato una riserva per la produzione e l'organizzazione dei progetti cinematografici delegati a produttori esterni. I produttori assicurano quindi, in associazione con i distributori e le agenzie che rappresentano gli artisti, le fonti di finanziamento, gli input produttivi e i mezzi di produzione. Ciò riduce i costi fissi di struttura e aumenta la specializzazione dei vari settori.

La fase di produzione consta di 4 sotto-fasi principali:
1)sviluppo
2)pre-produzione
3)produzione-riprese
4)post-produzione

LO SVILUPPO: il film prima delle immagini
Ogni film è basato su un'opera letteraria, la proprietà: essa può essere un soggetto originale, generato spontaneamente o su commissione, o un adattamento da un romanzo, un'opera teatrale, ecc. Il produttore deve acquisire questa proprietà e i relativi diritti di sfruttamento economico, tutti i diritti o parte dei diritti ad essa riconducibili. I diritti sono:
1)diritto di programmare il film nelle sale dopo pagamento di un biglietto
2)diritto di trasmettere il film su tutti i tipi di televisione ( dal vivo pre-registrata), nelle emittenti nazionali, indipendenti, gratuite e a pagamento
3)diritto di distribuzione del film attraverso l'homevideo
4)diritto di programmazione davanti al pubblico in contesti come ospedali, aeroplani, navi, campus universitari, ecc
5)diritto di merchandising
6)diritto di pubblicare la proprietà letteraria e/o la sceneggiatura del film basata sulla proprietà letteraria, con il diritto di modificare la sceneggiatura
7)diritto di adattare e presentare la proprietà letteraria e/o il film come rappresentazione teatrale
Dopo aver deciso il soggetto (sia esso nuovo o derivante da un'opera letteraria), il produttore si rivolge ad uno scrittore per la realizzazione della sceneggiatura, processo che si articola in quattro fasi: trattamento ( trama, descrizione dei caratteri principali e dell'ambientazione); composizione delle bozze (dialoghi completi, scene e personaggi); riscrittura  (basata sul completamento della fase precedente e sulle volontà del produttore); pulitura (rifinitura e presentazione versione finale della sceneggiatura). La divisione in fasi della sceneggiatura dipende dal fatto che viene negoziato sia il tipo di prodotto che il produttore si aspetta, sia i compensi che spettano allo sceneggiatore. Possono insorgere conflitti tra produttore e sceneggiatore, il primo input creativo e più facilmente sostituibile (fungibile). Ciò lascia molti gradi di libertà perché il produttore può risolvere il rapporto di lavoro in qualsiasi momento. L'alta fungibilità equivale ad alta possibilità di cambiamento ed è caratteristica di tutte le fasi produttive dove l'offerta è alta.

PRE-PRODUZIONE
fase di selezione di input creativi da parte del produttore. Si recuperano le risorse finanziarie da impegnare nella produzione.
Negli Stati Uniti la produzione è distinta in produzione Major e produzione indipendente.

PRODUZIONE MAJOR (PACKAGE UNIT SYSTEM) è finanziata dagli studio, imprese di distribuzione di grandi dimensioni. Essa si suddivide in
produzione interna (realizzata direttamente dalle Majors)
produzione esternalizzata (realizzata da terzi) : decentramento

PRODUZIONE INDIPENDENTE è finanziata da società di produzione di dimensioni minori. Essa si suddivide in
produzione finanziata indirettamente dalla Major attraverso un contratto con il produttore indipendente a cui garantisce la distribuzione del film. Il contratto viene stipulato prima della produzione (riprese o completamento del film)
produzione indipendente pura la cui distribuzione viene fatta al di fuori del circuito distributivo delle Majors o all'interno di esso ma attraverso un contratto firmato dopo il completamento del film (ma con rischio ormai acquisito da parte dell'indipendente).

La produzione indipendente e la produzione Major possono entrambe  reperire fondi in due modi diversi:
con capitali propri (internamente): capitali di rischio (investo quanto ho di mio)
con capitali di terzi (esternamente): capitali di prestito; indebitamento con banche, emissione di obbligazioni
il costo e la quantità del finanziamento dipendono da due fattori:il livello di rischio dell'attività in cui impegnare i fondi e il livello di garanzie offerte dal soggetto che richiede i fondi. Quando ci sono poche garanzie, il rischio è alto: l'obbligazione viene emessa con un tasso di interesse alto (premio per il rischio)
Ovviamente le imprese Majors offrono garanzie di solvibilità elevate (capacità del debitore di far fronte alle obbligazioni assunte) rispetto alle produzioni indipendenti pure, per le quali è più difficile ottenere un finanziamento.
LE FONTI DEL FINANZIAMENTO
negli Stati Uniti le fonti principali del finanziamento della produzione sono rappresentate dalle imprese major o studio : Disney, Paramount, MGM, Sony, 20th Century Fox, Universal e Warner Bross. Queste imprese finanziano progetti molto costosi (da 10 a 200 mln di dollari) e producono circa il 25% del totale dei film annui. Le major sono dunque finanziatrici, produttrici, distributrici dei progetti più costosi a livello internazionale; i film a budget inferiore sono di solito realizzati da produttori indipendenti.

In Europa il modello di finanziamento dei film si concentra intorno alla figura del produttore più che a quella dello studio di distribuzione come accade negli Stati Uniti. In generale, il produttore europeo reperisce fondi dallo Stato e dalla TV pubblica, attraverso:
esenzioni fiscali
contributi a fondo perduto
agevolazioni sul tasso di interesse: attraverso un accordo lo stato contribuisce a stipulare un tasso di interesse minore di quello di mercato
la TV si fa spesso garante del finanziamento (vedi La Meglio Gioventù). Il mercato europeo è molto differente da quello americano nelle caratteristiche del prodotto che spesso è più artistico, più idoneo alla fruizione televisiva perché il film viene inteso come prodotto culturale. È un mercato che non vende all'estero.

LE RISORSE CREATIVE
il ruolo degli agenti: durante la fase di pre-produzione, alla sceneggiatura vengono associati degli elementi creativi chiave, il regista e gli attori principali, la cui presenza è mediata da agenzie creative che rappresentano gli artisti stessi, la parte più numerosa del mercato cinematografico. La presenza degli agenti creativi consente ai produttori un più facile accesso a questo mercato caratterizzato da un eccesso di offerta, svolgendo una funzione di allocazione delle risorse e  contribuendo a minimizzare

costi di transazione: gli agenti raccolgono informazioni costose sugli input creativi e le trasferiscono ai produttori                          ex ante: di individuazione della figura più idonea tra tanti artisti e registi, ecc                                    
                                                                                 ex post: di stesura di un contratto

l'asimmetria informativa: essa si verifica nel caso in cui le informazioni detenute da 2 soggetti economici sono ineguali; per esempio tra produttore e regista, tra regista ed attore, ecc. Nel cinema un attore o un regista sa bene quali sono le proprie capacità professionali. Quando c'è asimmetria informativa, una delle parti denota meno informazioni dell'altra.
Akerlof: MARKET FOR LEMON (BIDONE)
esempio del mercato delle macchine usate:
ci sono 50 auto di buona qualità e 50 auto di cattiva qualità. Gli acquirenti non sanno distinguere però tra le buone e le cattive.
L'agente è disposto a vendere le auto di buona qualità a 2000
 il compratore è disposto a comprare auto di buona qualità a 2400

l'agente è disposto a vendere auto di cattiva qualità a 1000
il compratore è disposto a comprare auto di cattiva qualità a 1200

di conseguenza sul mercato si stabilisce un valore medio dato da:
½ (1200) + ½ (2400) = 1800
Si vendono auto di cattiva qualità
Poiché non si sa quali sono le macchine buone o le cattive si vendono solo quelle cattive al prezzo di 1800. i buoni sono scacciati dal mercato. Dal momento che c'è un eccesso di offerta, c'è asimmetria informativa che può essere compensata dall'agente che segnala la differenza tra auto buone e auto cattive.
L'agente svolge una funzione di certificazione di garanzia, può costruire la carriera di un giovane.

Il compenso degli artisti
il compenso degli artisti è la fase ultima che precede la le riprese. Essa si basa su tre elementi:
1)componente salariale minima che riflette gli accordi sindacali è differente da categoria a categoria ( minimo garantito); può essere giornaliera, settimanale o a termini variabili. Per i registi il minimo è legato al pagamento di interi progetti; per gli sceneggiatori i compensi minimi sono associati ai risultati delle singole sotto fasi del processo di sviluppo; PARTE FISSA
2)componente salariale personale permette di negoziare la remunerazione di servizi al di sopra del minimo sindacale. Quota variabile con la performance del film, riflette anche possibili sequels del film. In questo ambito viene anche contrattualizzato il controllo del regista sul film. PARTE VARIABILE
3)pagamento per i diritti residuali: PARTE VARIABILE. Pagamenti che gli artisti ricevono per la distribuzione del prodotto su canali diversi da quelli per cui il film era stato originariamente pensato, come l'Homevideo

I compensi degli input creativi nel settore cinematografico hanno subito un'evoluzione nel corso del tempo, almeno negli Stati Uniti. Oggi, la remunerazione di un attore, specialmente se famoso, include componenti sia fisse che variabili. Durante il periodo dello Studio System i contratti più diffusi contenevano esclusivamente componenti fisse. A partire dagli anni Quaranta i contratti con componente variabile si sono diffusi ampiamente a causa
della riduzione della produzione di film
della conseguente ridefinizione del profilo del rischio legato all'offerta, una ripartizione meno efficace e anche un aumento degli incassi su un numero limitato di prodotti
della trasformazione delle tecniche di produzione ( viene abbandonata la figura del produttore centrale e si ridefiniscono i ruoli creativi e non creativi e il loro grado di specializzazione)

perché si è passato da compensi fissi a compensi variabili? (Pay By Performance)
Siccome fare un film è rischioso, bisogna spalmare i rischi. Il film è un investimento a rischio. Adottando compensi variabili si suddivide il rischio tra i vari soggetti.
a) bisogna che i soggetti siano propensi al rischio: Amanti del rischio (variabile alta) risk lovers;
avversi al rischio (variabile bassa) risk adverse. Il soggetto che si assume parte del rischio controlla una parte dell'intero prodotto.
b) il rischio è visto come un incentivo a fare meglio. Se mi assumo il rischio, lavoro meglio: discorso che non vale per il cinema e le produzioni artistiche; il futuro di un attore dipende da quanto  bene ha fatto.

Ogni contratto è portatore di una particolare incompletezza (razionalità limitata)

MODELLO PRINCIPALE-AGENTE
il principale è colui che delega un altro, l'agente, a operare per suo conto perché è specializzato, al fine di massimizzare i guadagni
l'agente fa un'azione nascosta. Il principale non vede come si comporta, non è osservabile. Gli obiettivi dei due possono non essere allineati. Perciò, per evitare questo problema si fa in modo che l'agente abbia un fisso più un variabile. La parte variabile è quella che interessa al principale.
Questo schema è stato applicato al cinema per spiegare perché i compensi sono passati da fissi a fissi + variabili. Chi accetta il contratto fisso + variabile si prende anche il fattore CASO evento non controllabile
la scelta di un contratto dipende dal fatto se l'agente è amante o meno del rischio.
Una ragione deriva dal modello principale-agente. L'agente deve tutelare gli interessi del principale, ma ha gli stessi obiettivi?spesso no. Ma il problema non sussiste quando l'azione e l'informazione dell'agente sono direttamente controllare dal principale. In caso contrario, se l'agente non consegue i suoi scopi, esso dà la colpa al caso Per evitare ciò il contratto diventa fisso + variabile. Nel cinema di solito gli interessi dell'agente e del principale sono convergenti per evitare il rischio.

FASE DELLA PRODUZIONE-RIPRESE
la produzione è lo sottofase in cui avvengono le riprese del film, quando viene registrata l'azione su pellicola e il dialogo su nastro magnetico o supporto digitale. Durante le rispese l'insostituibilità di alcuni input creativi e non creativi è massima. In questa fase è cruciale il coordinamento temporale delle attività. Tali fattori sono prevedibili solo parzialmente e il loro verificarsi comporta un allungamento delle riprese e un aumento improvviso dei costi di produzione.
FASE DELLA POST-PRODUZIONE
il progetto cinematografico entra nella fase di post-produzione dopo la fine delle riprese generali. In questa fase si eseguono varie attività: montaggio, inserimento e missaggio della colonna sonora, gli effetti speciali, la colonna sonora musicale. Nel corso della post-produzione il produttore piò organizzare diverse proiezioni del film montato di fronte ad audience selezionate per avere prime occasioni per ricevere reazioni da parte del pubblico.
In questa fase si realizza la copia originale o master destinata alla riproduzione per la distribuzione commerciale. Il produttore consegna al distributore la copia negativa della pellicola completata insieme con altro materiale ripreso durante al lavorazione: il nastro musicale, quello degli effetti, dei dialoghi e le scene addizionali girate e non incluse nel prodotto finito, lo sfondo per i titoli di apertura e di cosa, gli spartiti, le note editoriali, ecc.

CAPITOLO 8: IL DIVARIO COMPETITIVO TRA STATI UNITI ED EUROPA E L'INTERVENTO PUBBLICO NEL SETTORE.
La quota di mercato dei film europei negli Usa era il 2% alla fine degli anni 90. Nello stesso periodo, la quota di mercato statunitense in Europa era pari al 63%. ciò evidenzia un vantaggio dell'economia cinematografica statunitense.
Il divario competitivo tra il settore cinematografico statunitense e quello europeo è spiegabile secondo tre diversi punti di vista:
1)il primo individua la fonte del vantaggio americano nel prodotto secondo tre diversi punti di vista:
a) EFFETTO DEL MERCATO INTERO: il successo dei prodotti americani è dato dalla più elevata consistenza delle risorse  finanziarie che permettono di acquisire risorse tecniche e creative (attori, registi, sceneggiatori, effetti speciali) di grande qualità
b) DIMENSIONE DEL MERCATO LINGUISTICO: la grande diffusione internazionale della lingua inglese permette di ridurre il cultural discount che è tipico di quei paesi che, seppur appartenenti ad aree linguistiche di dimensioni superiori (cinese, indiano, spagnolo) non hanno un mercato interno tale in grado di ridurlo.
c) SPECIALIZZAZIONE FUNZIONALE: il vantaggio competitivo dei prodotti americani si baserebbe sul maggior grado di divisione del lavoro e di specializzazione funzionale a partire dagli anni 20-30 che ha portato alla distinzione tra ruoli creativi o artistici, tecnici e manageriali, ecc.
2)il secondo individua la fonte del vantaggio nella fase di distribuzione secondo due punti di vista:
a) ACCESSO AL MERCATO: il controllo della fase di distribuzione nei diversi mercati nazionali da parte delle imprese americane determina il successo dei prodotti esteri e limita lo sviluppo del settore cinematografico domestico. Ciò però non spiega il successo dei prodotto americani commercializzati anche da imprese locali.
b) VANTAGGIO DI PRIMA MOSSA: il controllo delle reti di distribuzione esercitato dalle imprese americane nei mercati internazionali a partire dalla Prima Guerra Mondiale, ha garantito loro di mantenere fino ad oggi una posizione dominante. Ciò però è confutabile se si prende in esame il momento in cui erano le imprese europee ad essere i più importanti produttori e distributori cinematografici all'inizio dello sviluppo del settore.
3)il terzo individua la fonte del vantaggio in fattori esterni al settore cinematografico secondo due punti di vista:
a) EGEMONIA CULTURALE: il vantaggio deriverebbe dalla supremazia politica americana
b) ESPOSIZIONE RIPETUTA: il vantaggio è connesso alla diffusione della cultura americana in genere e all'accesso frequente dei prodotti statunitensi di cui il cinema rappresenta solo una parte.
Dunque c'è un divario e un deficit europero: l'europa importa più film americani di quanto ne esporta. La produzione europea non acquisisce valore né all'estero, né all'interno della produzione nazionale.
IL CONFRONTO TRA LE VARIABILI STRUTTURALI
In ogni paese il valore del consumo di film sul mercato di sbocco primario (le sale cinematografiche) è uguale agli incassi realizzati nelle stesse sale.
Incasso di un singolo film = numero di biglietti venduti x prezzo di acquisto dei biglietti.
Il numero dei biglietti venduti varia  a seconda del successo del film, che è a sua volta determinato da numerosi fattori, quali elementi segnaletici (attori, trama, regista) e gli investimenti di marketing.
Il produttore è il responsabile degli elementi segnaletici (seleziona gli input nella fase di sviluppo e gli output nella fase di distribuzione); l'impiego di elementi segnaletici ha lo scopo di contenere il rischio di insuccesso; il distributore sostiene gli investimenti di marketing ( a livello locale possono essere condivisi sia dal distributore che dall'esercente per contenere il rischio).
Il numero dei biglietti venduti di ogni film varia nello spazio e nel tempo.
VARIABILE TEMPORALE
definita in base alla data di uscita del film, al numero dei giorni di programmazione del film e al numero degli spettacoli (determinato dalla durata del film e dagli orari di apertura degli esercizi)
VARIABILE SPAZIALE
definita in base al numero di schermi in cui viene programmato il film. Ad ogni schermo corrisponde un numero fisso di posti. Gli schermi dono distribuiti in modo non uniforme all'interno di un mercato geografico. Ci sono i multisala (più schermi in un unico esercizio); schermi concentrati in aree metropolitane per aumentare la capacità di offerta.

La relazione tra variabile temporale e quella spaziale è uguale alla variazione del numero degli schermi nel tempo. Questa variazione è funzione del successo del film e delle politiche della distribuzione.
La variabile temporale e spaziale sono il risultato dell'interazione tra domanda e offerta.
Il numero degli schermi è  il risultato della negoziazione che coinvolge distributori ed esercenti.

La domanda coincide con il numero di spettatori, cioè con l'audience. Gli incassi totali dipendono dal numero di spettatori, dalla frequenza media di acquisto e dal prezzo medio del biglietto. Le prime due variabili dipendono a loro volta dalle scelte di allocazione dei consumatori (influenzate dalla concorrenza degli altri canali di distribuzione come l'home video, la pay TV, la TV) in riferimento sia al tempo libero sia al reddito disponibile.

In ogni caso, la qualità di un film, dipende da diversi fattori, tra i quali vogliamo
ricordare: l’attuazione di politiche pubbliche adeguate, l’entità degli investimenti
pubblici e privati, l’interesse degli spettatori, il marketing, la promozione


DIFFERENZE TRA STATI UNITI ED EUROPA
La fragilità strutturale dell’industria cinematografica europea affonda le radici, in primo luogo, nella difficoltà di riportare ad unità un insieme di mercati nazionali, separati da diversità linguistiche, culturali e sociali e da differenti sistemi di offerta. In un settore come quello cinematografico, che si sviluppa per fasi produttive e distributive interdipendenti tra loro, pesa in maniera significativa la mancanza, nell’industria cinematografica europea, di un “coordinamento strategico” tra le sue diverse parti. Nel 2002, su un totale di 1367 film prodotti in Europa e USA, il 54% sono di origine europea e 46% statunitensi. Tuttavia, i film USA rappresentano il 66% del mercato europeo mentre la produzione europea solo il 4,51% del mercato statunitense. Le ragioni del forte peso industriale della cinematografia Usa sono numerose, complesse, non ancora indagate a fondo e non circoscritte al campo economico, afferendo a fattori culturali, geografici e politici. Tra le principali, possiamo certamente citare la pura e semplice dimensione continentale del mercato americano, che ha favorito una dimensione media delle imprese cinematografiche molto più elevata rispetto a quella europea. O ancora, l’aver goduto di particolari vantaggi competitivi derivanti dal periodo dello “Studio-system” (anni ’40-‘50), caratterizzato dalla forte integrazione verticale delle major. Basti pensare alla concentrazione fisica degli studi di ripresa, all’abitudine per la progettazione organizzata, alla rapida standardizzazione delle “practices” gestionali (contrattualistica, tecnologie, organizzazione del lavoro, ecc.). Elementi che hanno segnato in modo indelebile l’intera struttura industriale e i cui effetti perdurano tutt’oggi e, anzi, tendono, ad ampliarsi e solidificarsi. In seguito, le misure antitrust della sentenza Paramount (1948) e la generale evoluzione del settore audiovisivo, soprattutto con l’avvento della Tv, hanno parzialmente attenuato il grado di controllo delle major nei confronti dell’intera filiera. Tuttavia, le major, mantenendo una posizione strategica nella distribuzione e acquisendo un ruolo centrale nel finanziamento della produzione, hanno continuato a condizionare sia la produzione che l’esercizio, coordinando in maniera efficace tutti gli stadi dell’industria cinematografica. Negli Stati membri dell’Unione Europea la mancanza di un network distributivo, la frammentazione e la dimensione inferiore dei mercati nazionali non hanno permesso il conseguimento di analoghe economie di scala e di varietà, ma, anzi, hanno frenato lo sviluppo dell’intero comparto. Ciò ha determinato, in Italia come in tutti gli altri Paesi europei, una moltiplicazione delle strutture di piccole dimensioni, finanziariamente deboli e prive di un assetto stabile con la conseguente difficoltà nello sfruttare pienamente la catena di valore. Le imprese non sono state in grado di acquisire il peso industriale necessario per raggiungere posizioni competitive ed affrontare i mercati internazionali, magari ricorrendo al non facile, ma vantaggioso, percorso delle co-produzioni internazionali. Occorre anche ricordare che, diversamente dagli Stati Uniti, in Europa si tendono a trascurare alcuni aspetti essenziali della filiera cinematografica, in particolare il
marketing e la promozione. La figura del produttore, in questa ottica, è delicata quanto importante perché realizzare un film implica un processo gestionale articolato, che coordini numerose e diverse risorse produttive, ovvero quelle umane (possibilmente senza comprimerne la creatività), quelle finanziarie e quelle tecniche. La fragilità del settore cinematografico europeo è acutizzata da un sistema di sostegno pubblico all’industria cinematografica che non riconosce il valore dei piani d’impresa delle società di produzione, ma si occupa solo dei singoli progetti produttivi. Tale politica si intreccia con una storica difficoltà da parte dei produttori nello sfruttare appieno la propria library. Un tema oggi centrale è proprio la capacità di controllo dei produttori sulla catena del valore del film, che prevede la necessità di mantenere il più possibile la proprietà dei contenuti, anche a costo di grandi investimenti finanziari. La difesa delle library e una programmazione su tempi lunghi si prefigurano come azioni fondamentali per affrontare elevati investimenti, mediando tra successi e insuccessi. Una parte non indifferente del cinema italiano, al pari delle altre cinematografie europee, dipende dai fondi pubblici, non potendo usufruire di un sistema di finanziamenti privati come quello americano. Peraltro, va osservato che – almeno in Italia - i finanziamenti pubblici tendono a concentrarsi su film cosiddetti “d’autore”, raramente capaci di generare incassi adeguati e quindi di incidere sull’andamento complessivo del mercato nazionale.
Come prima accennato, la situazione degli Stati Uniti è radicalmente diversa. Grazie ad un mercato interno sufficientemente ampio da garantire una considerevole fonte di ricavi, le opere cinematografiche possono essere esportate a prezzi relativamente bassi e distribuite con forti investimenti promozionali. I produttori europei, nel tentativo di ridurre questo divario, ricorrono in maniera sempre più significativa al meccanismo delle coproduzioni internazionali, (tuttavia, in Italia, nell’ultimo anno, si registra un calo, in termini di titoli, del 11,54%) incentivate dall’U.E. attraverso strumenti di agevolazione che favoriscano la cooperazione sia tra nazioni, sia tra i diversi attori della filiera cinematografica. Il ruolo del sostegno pubblico, quindi, su base nazionale ed europea va salvaguardato e potenziato, tenendo a mente, però, che lo scopo primario, dell’intervento pubblico nella produzione e diffusione di un’opera filmica, è quello di sostenerla senza effetti sostitutivi nei confronti del mercato. La produzione italiana, escludendo il sostegno dello Stato, si finanzia attraverso i proventi generati dall’esercizio, dai diritti di utilizzo successivo (home video, pay per view, pay tv, free tv),. Negli ultimi anni la free tv ha fornito la maggior parte dei ricavi dei film, grazie anche alla Legge 122/1998 che sancisce l’obbligo per le televisioni italiane di destinare parte delle proprie risorse alla produzione e all’acquisto di opere cinematografiche italiane ed europee. Ciò ha reso opportuno l’ingresso nel settore cinematografico dei due principali operatori televisivi nazionali: la Rai con RaiCinema e Mediaset con Medusa Film.
Per quanto riguarda i rapporti tra cinema e settore bancario, la Banca Nazionale del Lavoro è stata, fino all’attuazione del D.Lgs 28/2004, il principale interlocutore per l’industria del cinema, sia perché investiva per proprio conto nel settore, sia perché gestiva i fondi dello Stato. Con il suddetto decreto il Fondo speciale di intervento, di sostegno e di garanzia non sarà più gestito in via esclusiva dalla BNL, ma da uno o più istituto di credito, che si siano precedentemente convenzionati con il MIBAC.

Europa e Stati uniti a confronto.
Da uno studio del 2003 condotto dall’European Audiovisual Observatory si evincono profonde differenze nelle strategie di distribuzione tra Europa e Stati Uniti. Questi ultimi dominano il mercato europeo c ed utilizzano, per la distribuzione dei propri film nella UE, modalità differenti. Le major Usa ricorrono alle proprie filiali in Europa, generalmente leader di mercato nei singoli Paesi del continente, o creano joint venture con operatori locali, mentre i produttori indipendenti Usa possono (anche) accedere a distributori europei, solitamente di minori dimensioni, specializzati nel prodotto americano, o di importazione. In Europa, invece, non esistono “major”, nel senso di grandi imprese continentali integrate, ma sono presenti società di distribuzione aventi ambito solo nazionale che possono essere collegate a produttori indipendenti o che fanno parte di più ampi gruppi integrati nel settore audiovisivo. Vi è una forte difficoltà di circolazione dei film europei, dovuta alla mancanza di un network distributivo efficace, in un continente dalle tante differenze linguistiche e culturali come l’Europa. Inoltre, la promozione può usufruire di budget molto ristretti, il che non favorisce l’impatto dei film europei nei mercati al di fuori dei rispettivi paesi d’origine. I problemi relativi alla circolazione delle opere europee hanno stimolato la nascita del programma MEDIA che, al fine di aumentare in maniera significativa la cooperazione tra gli Stati membri dell’U.E., svolge attività di sostegno alla promozione dei film europei e allo sviluppo e condivisione delle competenze necessarie alla creazione di un mercato europeo globale. A conferma di ciò, nel Settembre 2003, l’Italia ha siglato accordi di co-distribuzione con la Spagna.
La nascita degli esercizi moderni (i multiplex) si è affiancata alla ristrutturazione di sale storiche ed ha diversificato il consumo: le sale più piccole o le sale storiche offrono un prodotto sempre più di nicchia, mentre i grandi complessi, spesso costruiti nelle zone più periferiche, hanno messo in atto una programmazione legata ai grandi successi commerciali (blockbuster). Tale processo ha determinato un aumento del numero degli schermi totali ed un complessivo miglioramento della modalità di offerta e della visione, in cui la proiezione del film è integrata con vari generi di consumo, di servizi culturali e di intrattenimento. Il fenomeno del multiplex ha riguardato tutti i Paesi europei, dopo le esperienze di Belgio e Gran Bretagna, ed ha imposto un modello “integrato” di gestione della sala cinematografica che rispecchia le nuove abitudini di consumo del pubblico e differenzia la propria offerta attraverso una più approfondita analisi e segmentazione della domanda. Dal 1999 al 2001 si è avuto in tutta l’Europa Occidentale un incremento del numero delle sale del 45%, con un peso maggiore rivestito dai complessi da 8 e 10 schermi (51%), seguiti dai cinema con 11-14 schermi (34%). Gli schermi situati nei complessi con 15 o più sale rappresentano solo il 15% del totale, tuttavia sembra delinearsi una tendenza allo sviluppo soprattutto di queste strutture di grandi dimensioni. Negli ultimi tre anni, infatti, le crescite maggiori si sono verificate nel numero di schermi collocati nei cinema con 13 sale, aumentati del 83%, e in quelli con più di 15 schermi, che hanno subito un incremento del 69%. La percentuale maggiori di schermi si trova in Gran Bretagna (25%), quindi in Spagna (20%), in Francia (19%) e in Germania (16%). In Italia, invece, i multiplex si sono sviluppati più tardi e, diversamente da quanto è accaduto negli altri mercati, il loro incremento è stato accompagnato anche da un forte aumento delle multisale.
Il modello europeo: l’eccezione culturale
In Europa i film sono stati storicamente valutati come una forma d’arte da difendere e l’industria cinematografica come un settore il cui sviluppo doveva essere favorito in quanto garante di libertà d’espressione. Si è raramente ragionato in termini di meriti artistici o capacità di penetrazione nei gusti del pubblico, molto più spesso in termini di sostegno dello Stato, in difesa della cosiddetta “eccezione culturale”. Infatti l’U.E., per promuovere le produzioni locali, ha cercato di far approvare, presso l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), il principio di eccezione culturale. Per mezzo di esso, gli Stati membri dell’Unione sono esentati dall’aprire completamente i propri mercati, come avviene con gli tutti gli altri beni importati dall’estero, a prodotti del settore audiovisivo. Si tratta, quindi, di una applicazione limitata “dei principi della liberalizzazione commerciale alle opere cinematografiche o audiovisive, sulla base di una logica di eccezione fondata sul carattere culturale delle suddette opere”4. L’U.E., inoltre, nella Direttiva “Televisioni senza frontiere” che regolamenta una parte dell’audiovisivo, ha previsto che gli Stati membri coordinino le proprie normative nazionali affinché i canali televisivi, se possibile, riservino almeno la metà della durata delle proprie trasmissioni a film programmati e prodotti in Europa. Ma, come dimostra le quota elevata di film statunitensi presenti sul mercato europeo, le limitazioni imposte sono inconsistenti ed interamente delegate ai singoli Stati membri. Il principio dell’eccezione culturale è rivendicato contro l’invasione della cinematografia americana e un certo atteggiamento del cinema europeo che tende a mutuare da quest’ultima i caratteri che ne determinano il successo commerciale, svilendo in questo modo le proprie peculiarità. La diversità culturale costituisce, quindi, il valore aggiunto del cinema europeo: raccontare le differenze tra i vari Paesi è importante per esaltare l’unicità dell’offerta cinematografica europea. Tuttavia, appare fondamentale continuare a garantire la diffusione della pluralità di tutte le espressioni culturali esaltandole attraverso il confronto di mercato. Il punto è però ora anche un altro: è realmente possibile frenare la libertà degli scambi o dirigere in qualche modo la domanda e l’offerta dopo le innovazioni introdotte nelle modalità di consumo con l’avvento di internet e del peer to peer?

COME FA LO STATO AD INVESTIRE NEL CINEMA? (tipico dell'Europa)
attraverso le imposte dei cittadini: c'è un carico del contribuente che va proprio a finanziare il cinema. Quali critiche si porta dietro questo finanziamento? Viene nominata una commissione che decide quale sia un argomento di interesse culturale. Ma in questo modo possono incorrere degli interessi personali. Nella nuova normativa (legge Urbani 2004), sono stati introdotti dei nuovi aspetti (reference system) in base ai quali al film viene dato un finanziamento anche a ragione di una buona qualità commerciale; quindi vuol dire che verranno premiati i film che vengono richiesti dal pubblico. Inoltre verranno ulteriormente finanziati quei film il cui produttore ha restituito i prestiti ottenuti in passato, per cui è solvibile.


PERCHE' LO STATO INTERVIENE NELL'ECONOMIA?
Ci sono tre motivazioni
1)quando si verifica un fallimento del mercato, ossia quando il mercato non usa in modo ottimale le risorse in situazioni di ESTERNALITA', RENDIMENTI CRESCENTI, BENI PUBBLICI, MONOPOLIO o ASSENZA DI MERCATO.
2)per tutelare il consumo di beni meritori, categoria di beni e servizi il cui consumo è ritenuto dalla collettività e dai suoi governanti particolarmente desiderabile e meritevole di tutela ed incoraggiamento.
3)in tutte le situazioni in cui c'è crisi

Non tutto il cinema italiano è in crisi.
Perché c'è la tutela del cinema? Il cinema ha un'utilità sociale che un privato non tutelerebbe e va tutelata nonostante le preferenze dei consumatori.
Se si lascia ai privati la possibilità di finanziare opere d'ingegno potrebbe essere prodotta una quantità minore di quella che massimizza il bene collettivo.









RIASSUNTO DISPENSE

L'INDUSTRIA DEL CINEMA
il cinema è una vera e propria industria. Non c'è nulla di più imprevedibile di un successo di un film. Ogni film è una vicenda a sé, un  prodotto a se stante. Come strumento di comunicazione di massa compete con altre forme di spettacolo e di intrattenimento, come la televisione, la radio, l'editoria. Tutti insieme compongono quel ramo dell'economia industriale codificato come economia dell'intrattenimento che occupa il settore del tempo libero dal lavoro della vita quotidiana.
Il cinema è la madre di tutta l'industria audiovisiva. La riproduzione delle immagini in movimento nacque con il cinema per poi dilatarsi nella televisione e altrove. Il consumo di cinema è un consumo attivo, consapevole e cercato; assorbe gli umori, la sensibilità, le tendenze della società civile.
L'industria cinematografica è diffusa ovunque, ma il vantaggio competitivo della produzione americana è indiscusso.
Il cinema nasce con la fine dell'ottocento ponendosi immediatamente con un prodotto di larga diffusione nel mercato, non relegato a un consumo elitario o di nicchia. A metà degli anni venti, gli incassi cinematografici superano quelli dei teatri. La crescita si blocca temporaneamente all'inizio degli anni trenta come effetto della recessione innestata dal crollo di Wall Streetr per poi riprendere immediatamente negli anni successivi fino al secondo dopoguerra. Dalla fine del primo conflitto mondiale il cinema Hollywoodiano predomina in tutto il mondo creando un divario competitivo nei confronti del cinema italiano ed europeo.
MOTIVI DEL VANTAGGIO AMERICANO DOPO LA PRIMA GUERRA MONDIALE
il conflitto imperversò in Europa e danneggiò strutture e uomini distogliendoli dall'impegno creativo; inoltre la forza finanziaria del dollaro a partire dal primo dopoguerra e capacità e convinzione di investimento.
A partire dagli anni 10 le grandi imprese del cinema adottarono una struttura verticalmente integrata: per ridurre i rischi legato alla commercializzazione dei lungometraggi, le imprese avevano progressivamente internalizzato i tre comparti della filiera:
la produzione (progetta e realizza i film)
la distribuzione (vendita del film agli esercenti)
l'esercizio (proprietà delle sale cinematografiche): efficace per  il controllo degli sbocchi e utile anche per un monitoraggio certo e diretto del mercato riguardo all'accoglienza da parte dello spettatore, consumatore finale del prodotto filmico
La Parampunt Picture Corporation fu la prima realtà integrata verticalmente con Adolph Zukor. La integrazione con produzione e distribuzione portò alla pratica di pratiche commerciali vincolanti, come il block booking e il blind bidding e il possesso di un circuito di sale cinematografiche permise un controllo diretto sui mercati di sbocco. Il modello Paramount fu seguito da altri soggetti operanti nel mercato: tra il 1925 e il 1926 il mercato cinematografico si organizzò intorno ad un gruppo di imprese totalmente integrate dette Majors e Minors (che controllavano la produzione e la distribuzione, ma non l'esercizio).
La recessione economica del 29 colpì anche il settore cinematografico. Gli Studios convinsero il pubblico che il cinema poteva essere un mezzo a basso costo per dimenticare i problemi della vita quotidiana. Gli investitori di Wall Street che avevano considerato in passato il cinema come un mercato ad alto rischio, cominciarono a guardare con interesse questa industria. Arrivarono così gli interventi delle banche e l'ingresso dei banchieri nei principali consigli di amministrazione. Queste presenze non fecero altro che rafforzare le il sistema oligopolistico in atto e le pratiche commerciali vincolanti.
Tra il 35 e il 39 le Majors e le Minors generavano oltre il 95% del valore degli incassi totali dei distributori. Le grandi banche si trovarono a dover affrontare anche l'avvento del sonoro, innovazione tecnologica epocale.
L'integrazione verticale si accompagnava ad un modello produttivo centralizzato e standardizzato, lo Studio System: sistema teso alla massimizzazione dei profitti attraverso uno sfruttamento ottimale delle risorse. Sistema basato sulla suddivisione rigida e regolata del lavoro e sulla subordinazione totale di tutti le componenti professionali (input creativi e tecnici) alla figura del produttore. Il sistema-cinema americano si rifaceva al modello fordista della catena di montaggio.
In questa ottica si collocava lo STAR SYSTEM e il SISTEMA DEI GENERI. Gli attori erano la principale fonte di differenziazione delle pellicole, di fidelizzazione di pubblico e di marketing del film stesso. Le star potenziali venivano messe sotto contratto dalla studio che in caso di successo, poteva garantirsi benefici di accordi a lungo termine e a condizioni stabilite prima che gli interpreti raggiungessero la celebrità. Il divismo divenne un fenomeno complesso e prezioso strumento di promozione dei prodotto filmico. Le star erano sottoposte a contratti capestri per evitare brutti scherzi. Allo star system si lega il sistema dei generi: l'attore veniva chiamato per interpretare ruoli fissi e anche ciascuna impresa si cominciò a distringuere per il tipo di prodotto filmico realizzato:
Paramount: commedie
MGM: film sofisticati ed interpreti celebri
Warner Bros: pellicole drammatiche
RKO: musical e lungometraggi di animazione

SVOLTA DEL 1948
la fine del conflitto vedeva l'industria di Hollywood fare il pieno di ricavi, profitti e vendite nelle sale sia americane che europee. Ma l'avvio delle trasmissioni televisive commerciali nel 46 negli USA, e nel 48 in Europa fu un duro colpo per il cinema. Si ridimensionarono notevolmente i consumi cinematografici e il tempo libero venne sfruttato in altri modi. Alla fine degli anni 50, il 90% delle famiglie possedeva una tv.
Calo pazzesco della produzione di film: da 4 miliardi nel 46 a 2,2 miliardi nel 55. diminuzione di oltre il 50%. il 1948 è anche l'anno della sentenza Paramount: la Corte Suprema degli Stati Uniti riconobbe le grandi imprese americane colpevoli di ridurre la concorrenza nel settore cinematografico e sentenziò l'interruzione delle pratiche commerciali sleali (blind bidding e block booking). Si rompe il sistema oligopolistico. Con l'eliminazione del block booking nascono i produttori indipendenti che potevano proporsi ai proprietari delle sale e anche ai nuovi proprietari della distribuzione.
Nel 1948, come conseguenza del caso Paramount, le grandi cinque dovettero vendere  le loro proprietà e Hollywood perse il controllo diretto e l'accesso al mercato cinematografico. Quando il decreto ebbe effetto, il pubblico era già in declino. Andare al cinema divenne una spesa relativamente alta e richiedeva un lungo viaggio nel centro della città. L'intrattenimento televisivo era economico e milioni di cittadini americani preferivano semplicemente restare a casa. La televisione iniziò la sua reale espansione economica nel 1948.
Il cinema si pose il problema di come rispondere alla prodotto televisivo. Gli studios tentarono di differenziare i loro prodotti da quelli della televisione mediante tecniche innovative come il 3D, l'intensificazione del colore e l'istituzione di tecniche di widescreen come il Cinerama, il Cinemscope e Vista Vision  alla fine degli anni 40 e i primi anni 50, secondo il diktat  “farli in grande”: significava presentare un film in modo spettacolare usando ampi schermi e ampi processi filmografici, ciò costituisce la base della tradizione degli effetti speciali nel cinema statunitense.
L'ascesa della televisione ebbe una grande influenza nell'industria cinematografia anche nell'ambito del marketing. Se negli anni 30 e 40 era mirato ad un pubblico indistinto e universale (un film usciva in esclusiva in una sola sale e dopo una settimana usciva anche nelle sale metropolitane), negli anni 50 si cominciò l'utilizzo di grandi campagne pubblicitarie e la stagionalità del consumo e la concezione del film come attesa di un evento ( un film non veniva più distribuito a tappeto, ma le sue uscite venivano regolate per far accrescere l'aspettativa).
Inoltre, sempre negli anni 50, Hollywood usava come strumento di promozione principalmente i quotidiani, dopodiché iniziò ad utilizzare la stessa televisione.
Poco a poco Hollywood entrava nella televisione: nuovo problema fu la disintegrazione dello Studio System (modello fordista basato sugli studios integrati verticalmente) che comportava notevoli costi fissi.
La risposta si ebbe con il passaggio ad un sistema caratterizzato da un decentramento delle risorse e sull'outsourcing: NASCITA DEL COSIDDETTO SISTEMA A RETE, nasce alla fine degli anni 50 con il bisogno di rispondere a professionalità diverse per ciascun progetto e ripartire il rischio di un eventuale insuccesso. Il sistema a rete nel cinema americano si compose di tre livelli principali:
LE MAJORS che assunsero il ruolo centrale di distribuzione e finanziamento produttori indipendenti
I PRODUTTORI INDIPENDENTI che diventarono sviluppatori dell'idea creativa che veniva poi finanziata e distribuita dalle Majors
LE AGENZIE DI RAPPRESENTANZA DEGLI AUTORI ED ATTORI che sostituirono i contratti a lungo termine tipici dello star system

si passò così dalla fase del PRODUCER-UNIT-SYSTEM (produttore vincolato alla realizzazione di 6-8 film l'anno) a quella del PACKAGE-UNIT-SYSTEM, fondata su accordi per singoli film: conseguenza di questa trasformazione fu la proliferazione delle case di produzione indipendente (artigiani ed ex artisti degli Studios). La produzione di un film venne reimpostata come sistema temporaneo che nasceva nel momento in cui veniva ideato e si scioglieva bel momento in cui veniva distribuito. La pratica di girare film a ritmo sostenuto come in fabbrica cedetta il passo ad un sistema in cui si confezionavano film in pacchetti o in portfolio abbastanza contenuti, spesso coinvolgendo società di produzioni indipendenti.
Il predominio delle majors continua ad essere schiacciante. L'azione legale intrapresa contro le Majors ne sottrasse il controllo dell'esercizio, lasciando loro piena libertà nella distribuzione, che è così diventata la principale fonte strategica di controllo sull'industria. Rinuncianco all'esercizio i grandi studios si liberarono di questi notevoli costi fissi.
La struttura reticola si è mantenuta con poche modifiche fino ad oggi.
La disintegrazione verticale e il sistema a rete hanno:
consentito alle majors di mantenere una leadership del settore.
consentito alle majors di minimizzare il rischio finanziario perché la loro partecipazione al progetto è decisiva ma non inclusiva: le majors mantengono il proprio potere al livello della distribuzione nazionale ed internazionale e sfruttano a loro vantaggio le case di produzione indipendenti.
Le majors hanno inoltre acquisito il ruolo di finanziatrici: gli studios sono in effetti diventati banchieri dell'industria cinematografica. Alcuni film sono finanziati, prodotti e distribuiti interamente da una singola società sotto i propri marchi di produzione integrata, altri sono girati altrove ma finanziati e distribuiti dalle majors (produzioni indipendenti pure o semi indipendenti
Il mercato estero divenne sempre più importante per Hollywood nei decenni del dopoguerra. Durante gli anni 50 e 60 il mercato estero procurò circa la metà degli incassi di Hollywood.
Fine anni 60: nuovo periodo di crisi per le Majors. La ragione della crisi è direttamente riconducibile al boom della superproduzione e alle perdite da questa derivate.
A causa del declino delle entrare e all'assenza di investimento, tutti gli studio furono assorbiti dalle conglomerate. L'attività dell'industria era assai ridotta e gli studio diedero libertà creativa all'iniziativa di produttori, registi e sceneggiatori indipendenti. Questi usarono tale libertà per creare un cinema americano definito d'autore, i cui film a low budget, affrontavano temi sociali dell'epoca (il Laureato, Easy Rider). Nasce la New Hollywood (fine anni 60 fino alla metà degli anni 70): produzione di film indipendenti che hanno raggiunto grande successo di pubblico con un low budget e senza nessun tipo di marketing. In questo periodo il cinema americano vive il suo momento migliore con un ritorno del pubblico nelle sale.
Nel 1975 con lo Squalo ci fu un ritorno al prodotto cinematografico spettacolare su larga scala: il blockbuster, in cui ritorna il concetto del Make it big (investire in proprietà letterarie, romanzi bestsellers o successi teatrali e riproporli in versione cinematografica spettacolare). Lo Squalo è il primo esempio di prodotto cinematografico che ha sfruttato la tv per farsi pubblicità attraverso la trasmissione del trailer e la contemporanea uscita in più di 400 sale (dimostrazione che il cinema ha accentuato la strategia di differenziazione dal settore della produzione a quello della distribuzione, del marketing e della comunicazione, con l'integrazione del merchandising e ciò lo fa considerare come il primo film High concept).
In realtà quando si parla di film high concept si intende un film la cui storia non si basa su un bestseller ed è quindi originale e sconosciuta, ha un low budget, a differenza del film blockbuster,
Sono di questo periodo film come Il Padrino, Love Story, Inferno di Cristallo, Uccelli
Come si è visto dalla caduta dello studio system c'è stato ogni sforzo per differenziare il prodotto cinematografico dalla televisione, prima con il widescreen e il cinerama, poi con gli effetti speciali in 3d fino al cinemascope, al vista vision e al roadshow.
Negli anni 80 si verificò un ulteriore cambiamento: le majors vennero incluse all'interno di conglomerate media o di grandi gruppi le cui attività potevano ricavare sinergie dal cinema (Viacom, Time Warner inc, Sony, News Corporation, Walt Disney Company. <ecc) Conglomerata intesa come un grande impresa che ha un mercato globale oltre che cinematografico, anche televisivo, radiofonico, musicale, telefonico, editoriale, telematico, ecc.  idea alla base di un prodotto cinematografico  è che può diventare un soggetto per un programma televisivo, per un prodotto discografico, per un videogioco o viceversa.
L'importanza del mercato estero crebbe di nuovo negli anni 90 con il crollo del comunismo nell'Europa dell'est.

STRUTTURE CONCORRENZIALI DI MERCATO
le principali strutture di mercato sono quelle della
concorrenza perfetta (oligopolio) : i mercati sono molto concorrenziali ed aperti, il controllo sul mercato di ciascuna impresa è uguale a zero. La concorrenza perfetta si ha quando ci sono molti venditori di un bene o di un servizio che possono ritenersi omogenei, cioè esattamente gli stessi e indifferenziati, e dove nessuna impresa domina sul mercato. Ciascuna impresa fissa i prezzi in linea con il mercato e l'industria è caratterizzata dalla massima libertà di ingresso e di uscita: non esistono barriere all'entrata, non ci sono ostacoli che impediscono l'accesso di nuovi rivali sul mercato se lo desiderano. Forma di mercato più frequente per quanto riguarda i media. L'industria della comunicazione è caratterizzata da elevati costi iniziali di produzione e da bassi costi riproduzione e distribuzione.
concorrenza imperfetta (monopolio): una sola impresa ha il controllo assoluto sul mercato. C'è un solo venditore, nessuna concorrenza ed elevate barriere all'entrata.
IL MODELLO AMERICANO
l'industria USA è composta da due gruppi di imprese: gli studios principali, le majors, e gli indipendenti. Le majors sono grandi aziende di distribuzione ben finanziate e verticalmente integrate. I film prodotti e distribuiti da queste imprese dominano anno dopo anno i mercati internazionali del cinema di tutto il mondo. La capacità delle majors di distribuire ogni anno pacchetti di film ad alto costo di produzione e ben promossi, vuol dire che queste imprese sanno bene come ridurre i rischi e mantenere un'elevata quota del mercato. Attraverso il controllo della distribuzione, i rischi della produzione di possono spalmare su un gran numero di titoli fra produzione e distribuzione stessa. Avendo la distribuzione assicurata, le majors sono in grado di investire risorse significative sia nella produzione che nel marketing, in modo da costruire nel pubblico un alto livello di attenzione rispetto al loro prodotto.
Le majors usa sono aziende integrate in cui l'attività copre sia la produzione che la distribuzione.
Il settore indipendente è costituito da produttori cinematografici di tutto il mondo escluse le majors. L'indipendenza dalle majors in qualche caso non è proprio assoluta, ma finanziata dalla major stessa. Negli Stati Uniti gli indipendenti puri producono ogni anno un numero di film anche tre volte superiore a quello degli studios hollywoodiani. Ma, meno della metà dei film prodotti dagli indipendenti viene distribuito nelle sale. La casa di produzione indipendente non ha controllo sulla distribuzione
STRUTTURA VERTICALE E RIDUZIONE DEL RISCHIO
la produzione cinematografica è un tipo di attività dove se non si centra l'obiettivo, si devono affrontare forti perdite, perché è un'attività rischiosa e costosa. Tutti i fondi necessari per finanziare lo sviluppo, la produzione e il marketing di un film devono essere reperiti in anticipo, ma i rientri si cominciano a vedere solo dopo che il film arriva nelle sale (anche dopo due o tre anni). Se òa casa di produzione è legata a uno degli studios, sarà la major a finanziare la produzione. Invece i produttori indipendenti devono cercare di ottenere fondi facendosi dare dal distributore un anticipo sui futuri guadagni al botteghino e accendendo prestiti e investimenti di terzi. Tutto il capitale investito in un film è un capitale di rischio, a parte il film in se, non ci sono altre poste attice con cui coprire il prestito.
Una volta che il film è distribuito nelle sale e arrivano i primi introiti, i primi costi che vengono ricoperti sono quelli dell'esercizio (i costi di gestione). Il resto viene diviso tra l'esercente e il distributore (il rapporto della divisione varia a seconda del film). Successivamente si coprono i costi  delle promozioni, delle pubblicità e dei finanziatori. Infine i profitti restanti vanno al produttore o allo studio di produzione.
Le major di Hollywood controllano la produzione, la distribuzione e in molti casi anche l'esercizio. La fase di rischio più costosa è la produzione ed essa è coperta dell'insieme delle entrate che la casa cinematografica è in grado di incamerare in ogni fase di tutto il processo di trasferimento al consumatore.
Avere il controllo anche dell'esercizio significa che ogni film può essere messo in distribuzione e trarre comunque qualche guadagno.
IL MERCATO DEL CINEMA IN ITALIA
un'importante fonte di finanziamento dell'industria cinematografica italiana è rappresentata dal sostegno pubblico. Il principale scopo è sempre stato quello di tutelare e promuovere la cinematografia culturale nazionale. Quale motivazione induce lo stato ad intervenire e tutelare le attività cinematografiche?. Lo stato interviene nell'economia solo in caso di fallimenti di mercato, quando intende tutelare il consumo di beni meritori o quando mira a contenere fenomeni di crisi generali o settoriali, che potrebbero generare tensioni sociali, disoccupazione, ecc.. il sostegno pubblico ha trovato nell'ultima motivazione la logica del suo intervento.
LEGGE CINEMA, 4 NOVEMBRE 1965, N.1213:     in questo provvedimento lo stato considera il cinema un mezzo di espressione artistica, di formazione culturale, di comunicazione sociale e ne riconosce l'importanza economica ed industriale
dopo 40 anni, le stesse motivazioni vengono riproposte nella
LEGGE URBANI, D.LGS, 22 GENNAIO 2004: cinema è mezzo di espressione artistica, di formazione culturale e comunicazione sociale. Ha una rilevanza di interesse generale anche in considerazione della sua importanza economica e industriale. La Repubblica favorisce lo sviluppo del cinema nazionale con particolare riguardo ai film di interesse culturale.
Anche per la precedente legge cinema del 65, il requisito che i lungometraggi dovevano avere per essere finanziati dallo stato era la qualifica di interesse culturale nazionale, accordata dalla Commissione consultiva per il cinema. Con la legge attualmente in vigore, lo stato continua a sostenere la crescita degli operatori nazionali; salvaguardare l'identità culturale e nazionale e difendere la pluralità di idee e di gusti del pubblico.
Il soggetto pubblico ritiene di dover intervenire nel settore per tutelare ciò che le preferenze degli spettatori trascurano per mancanza di informazioni. L'operatore pubblico deve consentire la sopravvivenza e lo sviluppo di quanto verrebbe trascurato dalle attuali generazioni; in realtà le cose non stanno proprio così dato che il nuovo sistema privilegia prodotti maggiormente collocabili sul mercato e ciò fa cadere la logica del bene meritorio come motivo di intervento statale nell'industria cinematografica italiana.
STORPER : LA TRANSIZIONE ALLA SPECIALIZZAZIONE FLESSIBILE
Già da tempo l’industria culturale hollywoodiana ha maturato un’esperienza specifica di approccio all’organizzazione basato sulle reti e, per tale motivo, è diventata un punto di riferimento per la riorganizzazione di altri settori del sistema capitalistico secondo il modello reticolare. In primo luogo, l’industria dell’intrattenimento deve gestire il rischio che si accompagna a prodotti con un ciclo di vita brevissimo: ogni film è un’esperienza a sé stante, che deve trovare rapidamente un pubblico, cosicché il produttore possa recuperare l’investimento effettuato; questo rende lo approccio reticolare all’attività economica una necessità. Ma non sempre è stato così. L’industria cinematografica degli esordi si affidava ai principi di produzione «fordisti », in voga nei primi anni Venti in un vastissimo spettro di settori. I film cosiddetti «di genere» erano prodotti, come le automobili, in una sorta di catena di montaggio. Uno dei pionieri, la Universal Film Manufacturing
Company, produceva più di duecentocinquanta film all’anno. Agli inizi della diffusione commerciale del cinematografo, i film erano venduti a metro, indipendentemente dal contenuto, il che dimostra un evidente orientamento alla produzione seriale di massa1. Nei primi anni Trenta, un piccolo numero di colossi del cinema – fra i quali Warner Brothers, Paramount, Metro-Goldwyn-Mayer e Twentieth Century Fox – controllava l’intero settore cinematografico. Le loro organizzazioni erano strutturate gerarchicamente e pensate per supervisionare e regolare ogni aspetto del processo produttivo, dalla scelta del soggetto alla distribuzione. Il professor Michael Storper della School of Public Policy and Social Research, presso la University of California di Los Angeles, spiega così il funzionamento del sistema:
Gli studios più importanti avevano uno staff di sceneggiatori e
di pianificatori della produzione a cui veniva assegnata la produzione
in grandi volumi di sceneggiature appartenenti a un «genere»
specifico, con la relativa realizzazione. Le squadre di produzione e
gli attori erano raggruppati in team e dovevano realizzare fino
trenta film all’anno. Gli studios avevano reparti immensi che si occupavano
di fabbricare le scene, gestire il set, le sale di doppiaggio
e i laboratori di sviluppo e montaggio, promuovere e distribuire i
film. Ogni prodotto si muoveva da un reparto all’altro come lungo
una catena di montaggio… L’organizzazione interna – o divisione
tecnica del lavoro – in ogni fase del processo produttivo divenne,
col tempo, sempre più simile a una vera produzione in serie, di cui
ripetitività e frammentazione delle mansioni erano i principi ispiratori2.
Nel 1944, i grandi studios controllavano il 73% del noleggio cinematografico negli Stati Uniti e possedevano –gestendole direttamente o indirettamente – 4424 sale cinematografiche, ovvero quasi un quarto del totale. Nel 1946, il numero di spettatori toccò il picco massimo, raggiungendo 90 milioni di biglietti venduti alla settimana. Alla fine degli anni Quaranta e nei primi anni Cinquanta,
l’industria cinematografica fu colpita da due shock esterni che la costrinsero a riorganizzarsi sulla base dei principi reticolari attualmente in uso. La Corte Suprema degli Stati Uniti – in una sentenza antitrust che ha fatto epoca – costrinse le maggiori case di produzione a cedere le proprie catene di sale cinematografiche. Non essendo più in grado di esercitare un controllo diretto sull’utente finale al botteghino, le società videro contrarsi il fatturato. A ciò si aggiunse l’avvento della televisione, che ebbe un effetto nefasto sulla loro redditività: milioni di persone che abitualmente frequentavano le sale cinematografiche ebbero a disposizione un’alternativa gratuita, direttamente nel salotto di casa. Fra il 1946 e il 1956 gli incassi al botteghino declinarono del 40%, con una riduzione del pubblico pari al 50%. Il fatturato lordo consolidato delle dieci maggiori società cinematografiche diminuì del 26%, con la caduta degli utili del 50%. Per affrontare la pressione concorrenziale del nuovo medium televisivo, l’industria cinematografica modificò il proprio approccio alla produzione. Intuendo che, continuando a realizzare a getto continuo prodotti culturali seriali, non avrebbero potuto competere con un mezzo gratuito, i maggiori studios cominciarono a sperimentare la produzione di volumi più ridotti di film che venissero percepiti come diversi l’uno dall’altro e fossero, perciò, in grado di catturare l’attenzione del pubblico. I nuovi film vennero battezzati spectaculars – in seguito divennero blockbusters – e fecero migrare l’industria cinematografica da una produzione seriale a una produzione personalizzata, orientata a creare, per lo spettatore che pagava il biglietto al botteghino, una «esperienza cinematografica». Generalmente, questo nuovo tipo di film era più elaborato e costoso da realizzare e, poiché costituiva un prodotto a sé stante e di conseguenza non sperimentato sul mercato, vennero investite grandi somme anche nella promozione e nella pubblicità. In breve, l’aumento dei costi provocato dall’abbassamento dei volumi di produzione e dalla differenziazione dei prodotti fece aumentare il rischio finanziario e rese meno certo il ritorno dell’investimento. Il sistema di produzione cinematografica a rete emerse
negli anni Cinquanta, come risposta parziale al bisogno di disporre di professionalità diverse per ciascun progetto e di ripartire il rischio in caso di un suo fallimento. Gli studios più importanti cominciarono a ricercare al di fuori del proprio ambito le professionalità e le risorse necessarie, acquisendole solo in funzione del singolo progetto. In tal modo hanno iniziato a proliferare case di produzione indipendenti, costituite da artigiani e artisti ex dipendenti degli studios. Oggi, i pochi grandi studios sopravvissuti producono raramente film in proprio: tendono, invece, ad agire da investitori, fornendo ai produttori indipendenti le risorse finanziarie necessarie in cambio del diritto di distribuzione del prodotto finale nelle sale cinematografiche e, in seguito, in televisione e in videocassetta. Intorno a ogni produzione cinematografica si raccoglie un gruppo di società di produzione specializzate e di appaltatori indipendenti, ciascuno dei quali contribuisce al successo dell’impresa apportando le proprie competenze e le proprie esperienze. Nel loro insieme, queste entità costituiscono una rete, la cui vita è limitata alla durata del progetto. Sceneggiatura, casting, scenografie, riprese, costumi, missaggio sonoro, masterizzazione, edizione e sviluppo delle pellicole vengono eseguiti da agenti indipendenti che lavorano in partnership temporanea con una casa di produzione altrettanto autonoma. Assemblando le competenze di diverse società specializzate, il produttore può trovare l’esatta combinazione di talenti e capacità per trasformare ogni specifico progetto in un film di successo. A loro volta, le singole società specializzate minimizzano il rischio acquisendo simultaneamente commesse differenti, in diversi segmenti di mercato. Per esempio, non è raro che una società di effetti speciali sia attiva allo stesso tempo in diverse reti operative, prestando la propria opera specialistica per film, spot pubblicitari, spettacoli dal vivo. Nel contempo, il costo del lavoro viene tenuto ai livelli più bassi, ricorrendo alle competenze esclusivamente in caso di necessità o con la stipula di contratti per la prestazione di servizi definiti. Fra il 1979 e il 1995, nella California del Sud, il numero delle imprese legate all’intrattenimento è triplicato. La maggior parte di quelle che operano nel settore cinematografico, comunque, impiega meno di dieci persone. Le società di produzione indipendenti, che nel 1960 avevano realizzato solo il 28% dei film prodotti negli Stati Uniti, due decenni dopo ne producevano il 58%, mentre le majors ne realizzavano meno del 31%.    In ogni caso, si deve sottolineare che, sebbene l’approccio reticolare all’organizzazione produttiva abbia condotto alla creazione di un enorme numero di nuove imprese nel settore cinematografico, le grandi case di produzione continuano a esercitare un controllo sulla maggior parte del processo, grazie alla capacità di finanziare parzialmente la produzione e di controllare la distribuzione dei film. In questo senso,  la disintegrazione verticale e il passaggio a forme reticolari di organizzazione sono stati obiettivi volontariamente perseguiti per permettere ai colossi del cinema di migliorare la produzione, minimizzando il rischio finanziario.
Mantenendo il proprio potere in quanto reti di distribuzione nazionale e internazionale, le majors sono in grado di sfruttare la propria potenza finanziaria per dominare il settore cinematografico, usando e sfruttando a proprio vantaggio le case di produzione indipendenti.
I distretti industriali sono una manifestazione paradigmatica di una più generale transizione post-fordista. Doppia convergenza.
Perche’? In tempi di accresciuta competitività e maggiore incertezza le imprese esternalizzano e si strutturano a rete per massimizzare la loro specializzazione funzionale e evitare rischi di ‘spiazzamento tecnologico’ e di mercato.
ELEMENTI DELLA TRANSIZIONE:
A) Le difficolta’ della tradizionale impresa “fordista” e crisi congiunturale
B) Un contesto tecnologico che consente una sempre maggiore flessibilità produttiva e organizzativa
C) Un contesto di mercato sempre più competitivo e che esprime una domanda per beni di qualita’ e diversificati (rdz ciclo di vita del prodotto)
Disintegrazione verticale della produzione e diffusione di forme di organizzazione della produzione industriale basate sulla specializzazione flessibile.
La scuola californiana delle economie esterne (Scott, Storper, anni ‘80)
Il caso di Hollywood: di fronte all’accresciuta competitività, ai maggiori rischi, e alle esigenze di una maggiore diversificazione del prodotto (generi), le Major si trasformano: disintegrazione verticale (hollowing out), riduzione della stabilita’ dei rapporti di lavoro, diminuzione della dimensione degli studios e esternalizzazione, differenziazione del prodotto e diffusione di imprese indipendenti di servizi vari, e di produzione…
 ‘teoria’ dei costi di transazione: mercato, gerarchia o rete (Coase, Williamson)
La disintegrazione della produzione aumenta i costi di transazione, perche’ richiede transazioni più frequenti, meno prevedibili (just in time) e piu’ complesse (maggiore contenuto di conoscenza tacita) / ovvero: il post-fordismo e’ possibile solo in un sistema che consenta di risolvere il problema dei costi di transazione.
I costi di transazione sono funzione di variabili economiche (il costo della transazione, le opportunità di mercato…) …ma anche extra-economiche: l’affidabilita’ del rapporto cliente-fornitore, la fiducia reciproca, la certezza di ottenere i beni richiesti in termini di qualita’, quantita’ e tempistica…
ASIMMETRIA INFORMATIVA E CONTRATTO DI AGENZIA
transazione (operazione bancaria che consiste in prelievi e depositi di contante)
il concetto di costi di transazione è stato formulato per la prima volta da Ronald Coase nel 1973 e successivamente sviluppato da Williamson. Secondo gli studiosi, si ha una transazione quando tra due o più soggetti si svolge uno scambio di beni, servizi o informazioni. In ogni transazione possono essere evidenziati tre elementi: l'oggetto dello scambio, le parti che intervengono nello scambio, e l'insieme di strutture e regole che consentono allo scambio di avere luogo. Lo svolgimento della transazione comporta dei costi, detti appunto costi di transazione. Tali costi non comprendono il costo o il prezzo dell'oggetto scambiato, ma sono costituiti dagli oneri sostenuti dalle parti per realizzare le parti. E' importante distinguere i costi di transazione in costi di effettuati dal venditore e in costi effettuati dall'acquirente. I primi possono essere anche definiti costi di marketing e vengono sostenuti per poter attuare lo scambio e sono generalmente inclusi nel prezzo dell'oggetto scambiato. I secondi, quelli effettuati dall'acquirente, possono avere sia una natura monetaria che non: costi di ricerca delle informazioni, costi di contrattazione, di apprendimento, di trasporto, di tempo, ecc. I costi di transazione costituiscono una quota importante del costo complessivo che una azienda sostiene per poter sviluppare le proprie attività di produzione e di scambio. L'assenza di costi di transazione è coerente solo in ipotesi di mercati perfetti, con attori pienamente informati; infatti uno dei motivi che fanno aumentare i costi di transazione è la presenza dell'asimmetria informativa.
costi di transazione nascono a causa di tre problemi:
razionalità limitata: non è possibile prevedere tutti i possibili casi che si possono presentare ed il loro esito,
asimmetria informativa: i contraenti non posseggono le stesse informazioni,
opportunismo (azzardo morale): i contraenti sono inclini a perseguire il proprio interesse sopra ogni cosa (anche a danno della controparte).
L'asimmetria informativa o informazione asimmetrica può determinare fallimenti di mercato. L'asimmetria informativa è una condizione in cui un'informazione non è condivisa integralmente fra gli individui facenti parte del processo economico, dunque una parte degli agenti interessati ha maggiori informazioni rispetto al resto dei partecipanti e può trarre un vantaggio da questa configurazione.
Il modello principale-agente o modello di agenzia è lo strumento usato per analizzare le relazioni economiche caratterizzate da asimmetria informativa, sia quelle in cui il principale non ha informazioni sulle azioni intraprese dall'agente (AZIONI NASCOSTE), sia quelle in cui il principale non conosce le caratteristiche dell'agente o dell'oggetto di scambio (INFORMAZIONI NASCOSTE)
Nel modello di agenzia sono presenti due soggetti, uno è il principale, l'altro è l'agente. Il primo fa riferimento al secondo incaricandolo di svolgere una certa attività o mansione. Il principale e l'agente possono essere singoli individui, o intere imprese, istituzioni e così via. l'impegno dell'agente nello svolgere questa attività è una variabile costosa da fornire per l'agente stesso, ma accresce i benefici economici della transazione che spettano al principale.
Asimmetria Informativa
Si parla di informazione asimmetrica quando un lato
del mercato è imperfettamente informato sulla
qualità del bene scambiato
- Venditore conosce la qualità del bene scambiato,
non il compratore
- Lavoratore conosce la sua abilità, il datore di
lavoro no
Il modello principale-agente viene generalmente utilizzato nel contesto di problemi che derivano dalla presenza di asimmetrie informative, considerando sia quelle in cui il principale non conosce le  azioni intraprese dall'agente (azione nascosta), sia quelle in cui il principale non conosce le caratteristiche dell'agente o dell'oggetto di scambio (informazione nascosta). Si parla di rapporto principale-agente ogniqualvolta un individuo (il principale) incarica un altro individuo (l'agente) di svolgere un determinato compito per proprio conto. Tale rapporto è determinato dal fatto che gli interessi del principale e quelli dell'agente  possono differire e che il principale ha una conoscenza limitata in merito alle caratteristiche o all'operare dell'agente. Date queste premesse, l'agente ottimizza la propria utilità: massimizza i profitti che può ricavare dell'esecuzione dell'incarico e minimizza il più possibile il suo contributo. Data l'impossibilità di controllare le caratteristiche o l'operato, il principale deve servirsi di un efficiente sistema di incentivi che garantiscono una buona condotta da parte dell'agente nell'esecuzione del mandato. La tipologia di asimmetrie informatiche che caratterizzano il modello principale-agente si riferisce unicamente alla incapacità del principale di conoscere caratteristiche o azioni nascoste che connotano il contratto con l'agente. Se il principale non è in grado di conoscere le qualità e le caratteristiche dell'agente, egli  deve usare un sistema di incentivi che limitino le possibilità di situazioni di selezioni avverse. Se il problema riguarda l'incapacità di controllare il comportamento dell'agente, gli incentivi devono limitare la possibilità di comportamenti di azzardo morale da parte dell'agente (ossia quando l'agente devia da intenzionalmente da una condotta finalizzata all'esecuzione dell'incarico). Nel caso di situazioni di azzardo morale, l'agente A viene incaricato di un determinato lavoro dal principale P. l'agente però fa uno sforzo (e) per svolgere questa attività. Lo sforzo è per A un costo, per P è un beneficio economico perché grazie allo sforzo di A, P raggiunge i suoi scopi. Nel caso in questione però, P non conosce le azioni di A (moral hazard) e non può neanche verificarle grazie a terze persone. C'è una divergenza di obiettivi perché A vuole minimizzare lo sforzo (e), mentre P vuole massimizzare il risultato Y.  Perciò A può scegliere di comportarsi nel modo migliore per sforzarsi di meno a prescindere dai risultati attesi da P. P, volendo raggiungere un risultato specifico deve usare un sistema di incentivazione contrattuale che inciti A ad agire bene e ad ottenere al contempo il migliore risultato finale per se stesso.
IL MERCATO DELLE AUTOMOBILI USATE
un tipico caso di informazione asimmetrica è rappresentabile dal mercato delle auto usate, nel quale che offre il bene (AUTO) ha informazioni differenti sulla qualità scambiata rispetto a chi le compra.
 Lemon Market Un esempio (Akerlof, Nobel Economia 2001)
Mercato delle auto usate: 100 venditori e 100 compratori. Metà delle auto in vendita è di buona qualità, l’altra metà di qualità scadente (i bidoni, appunto)
Ipotesi cruciale: i venditori conoscono la qualità dell’auto offerta, mentre i compratori la scoprono
solo DOPO l’acquisto (troppo tardi!)
Compratori sanno che metà delle auto sul mercato sono scadenti Ma NON conoscono la qualità delle singole auto
Disponibilità a vendere
almeno 2000€ per auto buone
almeno 1000€ per auto scadenti
Disponibilità a pagare
fino a 1200€ per auto scadente
fino a 2400€ per auto buona
Con perfetta informazione tutte le auto sarebbero vendute
quelle scadenti a un prezzo tra 1000 e 1200€
quelle di qualità a un prezzo tra 2000 e 2400€
Non così nel caso di informazione asimmetrica
Compratori, incerti sulla qualità dell’auto, disposti a pagare corrispettivo del valore di un’auto media:
½*1200+ ½*2400 = 1800
Problema: 1800 < 2000 (= prezzo d’offerta delle auto buone) e quindi:
I possessori di auto di buona qualità escono dal mercato!
Inoltre si può innescare una reazione a catena: se compratori capiscono che sul mercato sono rimasti
solo bidoni, saranno ancora disposti a pagare 1800 per un’auto media? Se certi di comprare un’auto
scadente, disposti a pagare solo 1200 . A causa delle asimmetrie informative, il mercato delle auto usate diventa il mercato dei bidoni. Carenza di informazioni da un lato del mercato scaccia dal mercato i beni di buona qualità. Perdita di efficienza rispetto al caso di perfetta informazione. Non si genera più la rendita associata agli scambi di beni di alta qualità.

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