giovedì 2 febbraio 2012

Universo pubblicità. Dal prodotto al brad - G. Gamaleri

INTRODUZIONE
IL DEGALOGO DELLA PUBBLICITA’: La formulazione classica di pubblicità è di Pride e Ferrel:
“La pubblicità è una forma di comunicazione impersonale a pagamento riguardante un’organizzazione e i suoi prodotti trasmessa a un’audience-obiettivo attraverso i mass media”.
Questa è la punta dell’ enorme iceberg di un fenomeno molto più articolato che rappresenta il modello di vita della società contemporanea e ne riflette tutta la complessità.
INFORMARE E PERSUADERE: DUE PERCORSI DISTINTI: informazione e pubblicità sono due modalità comunicative profondamente diverse e antitetiche.
INFORMAZIONE: il giornalista ha come obiettivo quello di alimentare il lettore di informazioni complete, fondate e attendibili.
PUBBLICITA’: il pubblicitario ha come intenzione quella di promuovere la diffusione e la vendita del prodotto.
A questo proposito è bene ricordare la Carta Informazione e Pubblicità, un protocollo d’intesa firmato il 14 aprile del 1988 da giornalisti, agenzie di pubblicità e associazioni di pubbliche relazioni con lo scopo di tutelare il cittadino garantendogli di una informazione libera e veritiera. Ed è proprio l’attenzione al cittadino che lega queste due realtà: un cittadino che nel caso del giornalismo è considerato come il destinatario da informare, nel caso del pubblicitario, invece, come il target (obiettivo) da “persuadere”.
DNA DEL CORPO SOCIALE: nei pochi secondi di uno spot si racchiude la ricostruzione implicita di tutto il contesto sociale, culturale, economico, psicologico, di valori, credenze e religione in cui siamo immersi, perché senza questo contesto alluso ma ben presente sentiremmo la proposta estranea, non conforme alle nostre abitudini e aspirazioni. Quindi ogni pubblicità è un microcosmo in cui si riflette in forma estremamente sintetica il macrocosmo del nostro ambiente.
La pubblicità è strettamente collegata alla società dei consumi e per questo ha come caratteristica peculiare la pervasività, cioè la tendenza ad essere ovunque, in ogni momento, operando con ogni linguaggio e con ogni mezzo disponibile.
ANIMA DEL COMMERCIO, COMMERCIO DELL’ANIMA: questa è una battuta coniata negli anni ’30 per esprimere l’ambivalenza del fenomeno pubblicitario. “Anima del commercio” significa che il bene e il servizio sono l’oggetto sensibile del desiderio, mentre la pubblicità è quella loro rappresentazione che li rende desiderabili e qualche volta persino indispensabili nella psiche del cittadino-consumatore. “Commercio dell’anima” significa che la forza persuasiva della pubblicità spesso gioca il ruolo di Lucignolo sociale, si fa sempre più sofisticata, anche a causa dell’ampliarsi della concorrenza. Se in un certo genere, i beni sul mercato si fanno sempre più numerosi, il cliente non viene conquistato dalla caratteristica del prodotto, ma dalla suggestività della marca (brand) e del messaggio che lo accompagna.
LOGO E NO LOGO: DEMOCRAZIA O DITTATURA DEI CONSUMI: il fenomeno pubblicitario ha anche una portata politica, se è vero che ogni suo messaggio e l’insieme dei suoi messaggi costituiscono il DNA della società in cui viviamo.
A questo proposito si possono fare due esempi tra loro opposti.
il primo riguarda il dominio della propaganda politica sulla pubblicità: Berlino Est, negli anni ’80, prima della caduta del muro, avvenuta nel 1989. Non c’era allora esempio più eloquente del confronto tra due mondi separati dalla Porta di Brademburgo, chi la varcava passsata dai supermercati rigurgitanti di merci, dalle scritte luminose di grandi marche (Martini, Coca Cola etc.)
a grigi spacci di anonime bevande, alla squallida visione sui muri di scritte propagandistiche del regime comunista. In questo caso quindi si rileva un rapporto tra pubblicità e democrazia (rilevato già da Marshall McLuahan).
Il secondo esempio si riferisce alla prevalenza della pubblicità, e quindi dello sviluppo economico consumistico, rispetto alla politica e ai valori sociali e individuali che essa è chiamata a difendere. Questo esempio è costituito dai No Logo, un movimento che denuncia il crescente malessere che si nasconde dietro i marchi, che non sono solo elementi identificativi di una gamma di prodotti, ma anche copertura di operazioni di sfruttamento della manodopera del Terzo e Quarto Mondo (guerriglia no-global).
TRA UTITLITARISMO E ETICA: queste due tendenze, di promozione e di contestazione della “società dei consumi” e del suo strumento principe che è la pubblicità postulano una riflessione etica. Nascono perciò associazioni di categoria, come L’UPA - Utenti Pubblicità Associati – cioè gli industriali che commissionano le campagne pubblicitarie, elaborano propri codici etici e di autodisciplina.
ADVERTISIN TODAY: TRA DENOTAZIONE E CONNOTAZIONE: uno studio che rappresenta un classico, il volume Adertising Today di Warner Berger, illustra le campagne pubblicitarie che hanno fatto storia: le campagne pubblicitarie televisive di oggi piacciono di più rispetto a quanto accadeva nel passato. La pubblicità (400 miliardi di dollari spesi ogni anno in tutto il mondo) gioca un ruolo fondamentale nella dinamica dell’acquisto poggiando su due elementi:
· Un elemento denotativo, che consiste nel fornire al cittadino consumatore una serie di elementi informativi sul prodotto in modo che l’acquisto sia il più motivato possibile.
· Un elemento connotativo, che non descrive affetta l’oggetto, ma fornisce elementi di atmosfera, di contesto, di evocazione, di emotività.
La connotazione tende sempre più a prevalere rispetto alla denotazione.
Questa evoluzione della pubblicità enfatizza il rischio di forme di persuasione ingannevole, di aspettative deluse, di sogni traditi (in questo anche devono intervenire le istituzioni, come l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato).
Oggi però ci sono anche delle campagne che per lo spettatore assumono un significato particolare: si tratta ad esempio, di quelle campagne sociali sulla sicurezza alla guida che possono venirci in mente mentre torniamo a casa in macchina.
TRA CREATIVITA’ E ARTE: ci si domanda se la pubblicità sia o non sia annoverabile tra le forme d’arte contemporanea. Secondo alcuni può diventare pericoloso se i creatori di pubblicità dovessero iniziare a pensare a se stessi come a degli artisti, perché rischierebbero di dimenticare il loro principale obbiettivo: vendere il prodotto. La sfida per chi fa pubblicità è quindi quella di mantenere un certo equilibrio tra il creare qualcosa che piaccia al pubblico ma che al contempo soddisfi gli obiettivi commerciali del cliente. Quando questo equilibrio si rompe, il pubblico si appassionerà alla campagna promozionale, dimenticando però il prodotto per cui è stata studiata.
ESPRESSIONE DI CULTURA POPOLARE: le frasi, gli slogan, le formule, delle pubblicità di successo entrano prepotentemente nel modo di parlare e di esprimersi delle comunità alle quali appartengono, modificando spesso frasi idiomatiche e creandone di nuove. Sono i cosiddetti tormentoni (il caso del fortunato spot Fiat noto come la pubblicità di Mister Buonasera).
Inoltre oggi è sulla base del target indicato dalla pubblicità che si costruiscono i programmi di oggi, come se la pubblicità oggi non solo influenzasse la cultura moderna ma, letteralmente, la programmasse.
INTRATTEWNIMENTO SENZA FINE: con il passare del tempo le pubblicità hanno cambiato forma, oggi sono più simili ad un film. Perciò a volte si rischia di trasformare lo spot in mero intrattenimento, perdendo di vista il prodotto. La strada tradizionale, quella hard-sell, orientata totalmente alla vendita ormai annoia, perciò il pubblicitario, che si trova a lavorare in un terreno competitivo e reso meno agevole da un audience disincantata, deve comprendere se siano più convenienti le pubblicità totalmente orientate alla vendita o quelle soft-sell, in cui il fine promozionale è mascherato dall’intrattenimento.
SPECCHIO CHE RIFLETTE SOGNI E PAURE: possiamo imparare molto sulla nostra società studiando le sue forme di pubblicità: la pubblicità riflette, prende spunto dalla realtà e la riproduce.
Facendo un confronto con gli spot del passato, emerge come il nuovo modo di fare pubblicità sia molto meno legato agle stereotipi che idealizzano ed enfatizzano una società che non esiste.
Inoltre sembra che ormai non esista un posto in cui non sia possibile fare pubblicità: i pubblicitari hanno creato il brand a 360 gradi, in modo che il consumatore possa incontrarlo ovunque.

PARTE PRIMA: le dimensioni sociali del fenomeno pubblicitario

Capitolo primo

PUBBLICITA’ E ECONOMIA.
La pubblicità ha come obiettivo quello di vendere ai consumatori.
LO SCENARIO INTERNAZIONALE: il panorama mondiale negli ultimi anni sta cambiando radicalmente, come il rapporto sulle diete mediatiche (utilizzo che ogni consumatore fa dei media) dimostra, si nota una forte tendenza all’arricchimento dei comportamenti di consumo dei media digitali (internet, la mobile tv, la tv online, la telefonia cellulare), che in alcuni casi stanno superando i mezzi classici.
Le grandi multinazionali hanno iniziato da tempo a destinare porzioni sempre più rilevanti di investimento a nuove forme di pubblicità che si servono di nuovi mezzi e canali comunicativi: la parola integrazione è la parola chiave nelle strategie comunicative delle grandi aziende che devono cercare di sfruttare sinergicamente tutti i canali comunicazione.
Oggi il consumatore non subisce più il mercato, ma ne detta in un certo senso le regole, indirizzando l’offerta delle aziende verso la sua domanda.
Nella pubblicità la qualità è molto più importante della quantità, grandi investimenti possono essere resi vani se non vengono gestiti con il giusto mix di esperienza, rigore strategico, e creatività.
Secondo le ultime indagini condotte su scala internazionale, la leadership continua ad essere il Nord America (Canada e USA), l’area in cui si concentra la maggiore quantità di investimenti pubblicitari, seguita dall’Europa (insieme raccolgono il 68% degli investimenti mondiali).
STATI UNITI: nel 2006 la spesa pubblicitaria è aumentata, alla performance positiva hanno contribuito molto le olimpiadi invernali, l’aumento degli investimenti sui canali televisivi in lingua spagnola per i campionati di calcio, internet.
Il settore che investe di più in pubblicità è quello della General-Motors.
Il Product Placement (un tipo di pubblicità che compare in spazi non prettamente pubblicitari e soprattutto senza essere segnalata come tale) ha avuto ne 2006 un forte calo nelle apparizioni televisive.
CINA: il mercato pubblicitario asiatico è in continua crescita ed espansione. Le aree che fanno registrare i maggiori aumenti negli investimenti pubblicitari sono la CINA, l’INDIA e l’INDONESIA.
In queste aree è ancora la televisione a dominare il mercato.
In Cina, a trainare la crescita nel 2006, sono stati soprattutto i Mondiali di Calcio di Germania e la crescita della Telefonia Mobile e del settore automobilistico.
Gli investimenti pubblicitari si concentrano sui Servizi Professionali, i Prodotti da Banco e Apparecchi e Servizi di Comunicazione.
EUROPA: il mercato europeo appare in crescita, i paesi che fanno registrare le migliori performance sono la Spagna e la Francia, seguite a grande distanza dall’Italia, mentre risultano in calo gli investimenti pubblicitari in Gran Bretagna. In rapida crescita anche l’Europa dell’Est che vede le Russia salire in dieci anni di ben 15 posti nella classifica mondiale.
I settori in cui sono registrati i maggiori investimenti sono li Telecomunicazioni, le Finanze e la Distribuzione.
I mezzi utilizzati sono stampa, televisione e internet (con tassi di crescita di gran lunga superiori agli altri media).
L’ITALIA: nel nostro paese il mercato dell’ICT & Media ha raggiunto nel 2006 un valore di circa 100 miliardi di euro, ripartiti tra tre macro-aree: ICT, Mezzi a contenuto editoriale e Pubblicità:
· L’ICT, ovvero l’Information and Communication Technology, si compone di tre settori principali: Informatica, telecomunicazioni fisse e telecomunicazioni mobili.
· I Mezzi a contenuto editoriale, comprendono la televisione, radio, cinema, quotidiano, periodici, libri, musica e videogiochi.
· Il mercato pubblicitario, aumentato nel 2006 rispetto al 2005.
Se si osserva l’andamento degli investimenti pubblicitari negli ultimi trent’anni, si può constatare che esiste un legame molto stretto tra le fasi economiche-politiche attraversate dal nostro paese e gli investimenti pubblicitari che variano al variare di queste. Ad ogni fase di progresso economico, infatti, è sempre corrisposta una fase di grande sviluppo della pubblicità, come ad ogni periodo di recesso una fase di ristagno degli investimenti pubblicitari.
Dal 1975 al 2005 si possono individuare quattro fasi di crisi, seguite da altrettanti periodi di ripresa economica:
· Shock petrolifero 1974, ripresa degli investimenti nel 1976.
· Pil a crescita zero tra il 1981 e il 1983, seguita dalla nascita dell’emittenza privata costituita dalle tv commerciali (Gruppo Fininvest) che aprono nuove possibilità e nuovi spazi televisivi, facendo decollare il mondo della pubblicità.
· Guerra del Golfo con il suo apice nel biennio 1993-1994, ripresa del mondo pubblicitario grazie ad internet e al commercio online.
Crescita economica dal !996 al 2001, anno in cui è iniziata la recessione nata in corrispondenza dell’11 settembre. Dal 2004 è iniziato un nuovo momento di crescita.
L’evoluzione dei principali media per veicolare i messaggi pubblicitari:
· Anni ’50, ’60 e ’70 stampa
· Anni ’80 televisione
· Anni ’00 internet in forte crescita
I settori merceologici in cui i pubblicitari investono le maggiori risorse sono:
· Il comparto alimentare
· Il comparto automobilistico
· Le telecomunicazioni
L’Italia continua ad essere un paese in cerca di una precisa identità, perennemente in bilico tra ripresa e declino, tra voglia di riscatto e spirito di rinuncia.
Per lo sviluppo dei consumi e quindi degli investimenti pubblicitari è necessario:
· creare le condizioni affinché convenga investire nel nostro Paese;
· la ricerca di mezzi innovativi per pubblicizzare un prodotto, reputati meno invasivi, come internet ad esempio;
· la qualità del prodotto, poiché la qualità è la garanzia degli investimenti pubblicitari;
· seguire il trend del rallentamento della tv via etere e lo spostamento dell’attenzione degli investitori sulle tv satellitari;
· la crescita di attività di marketing e comunicazione di relazione.
Gli investimenti pubblicitari sulla stampa hanno raggiunto le migliori performance dai quotidiani a pagamento e dalla Free Press.
Gli investimenti pubblicitari sulla televisione, non più soltanto tv generalista ma anche tv satellitare e digitale terrestre.
Gli investimenti pubblicitari sulla radio stanno aumentando, tra i fattori di successo troviamo la creatività e la versatilità nell’ideazione dei format, il coinvolgimento del pubblico e l’uso integrato dei nuovi media.
Gli investimenti pubblicitari sul cinema non riescono a decollare.
Gli investimenti pubblicitari su internet sono sempre maggiori, la rete diventa spesso il fulcro delle strategie mediali delle aziende. Il web incarna una nuova visione di marketing , il cui l’attenzione si sposta dal prodotto al cliente, coinvolto in prima persona in tutte le fasi dell’ acquisto.

CAPITOLO SECONDO

PUBBLICITA’ E DIRITTO.
In Italia le norme che si occupano di pubblicità sono frammentarie, lacunose e a volte inesistenti. Questo perché la pubblicità si occupa di un ampio ventaglio di campi e di interessi, e ciò non ha permesso al legislatore italiano di realizzare una normativa unitaria e completa.
In campo giuridico la pubblicità viene definita dal DL n. 206 del 2005 “una comunicazione d’impresa avente contenuto economico e finalità promozionale, rivolta al pubblico attraverso mezzi di comunicazione di massa”.
Si possono individuare tre aspetti principali che nella pubblicità possono assumere un carattere di rilievo giuridico:
1. La pubblicità, vista la vasta platea che raggiunge, può rilevarsi pericolosa o addirittura lesiva per i consumatori.
2. Può, se non utilizzata in maniera lecita, andare contro le leggi del mercato e della concorrenza.
3. Può intaccare la comunicazione sociale o istituzionale.
In Italia, la dottrina giuridica pone come fondamento costituzionale della pubblicità l’art. 41 , diritto all’iniziativa economica privata e libera ma tale attività non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
Il mondo della pubblicità si è data una propria linea guida attraverso vari codici di autoregolamentazione ed autodisciplina.
Le fonti principali del diritto della pubblicità sono due: le leggi ed i codici di autodisciplina.
Le leggi si distinguono tra quelle appartenenti al Diritto privato (si occupa di concorrenza sleale e di marchi distintivi) e quelli appartenenti al Diritto pubblico (si occupa di reati di truffa, attentato alla salute e alla sicurezza dei cittadini, pubblicità ingannevoli e di prodotti pericolosi).
I codici di autodisciplina , elaborati dal mondo pubblicitario stesso ai quali che lavora nel mondo della pubblicità aderisce volontariamente. Tali codici non valgono quindi per tutti, ma essendo in rapporto alle dello Stato sono considerati un ordinamento derivato.
Il codice che ha più rilevanza è quello emanato dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, il codice di autodisciplina dichiara che la pubblicità deve essere onesta, veritiera e corretta ed inoltre deve
evitare tutto ciò che potrebbe screditarla.
La tutela del consumatore: per il diritto italiano il consumatore è colui che acquista un prodotto o utilizza un servizio in maniera non professionale. Il codice di autodisciplina afferma che la pubblicità deve essere sempre riconoscibile per dare una prima chiara forma di tutela a che deve recepire il messaggio, è fatto divieto:
· Di offendere le convinzioni morali, civili, religiose e la dignità della persona;
· Di lanciare messaggi che possano andare contro l’ordine e la tranquillità pubblica;
· Di creare situazioni pericolose sia per il singolo sia per la società.
Il Codice del Consumo del 2005 riprende i principi dell’autodisciplina e afferma che il consumatore ha alcuni diritti fondamentali:
· La tutela della salute
· La sicurezza e la qualità dei prodotti e dei servizi
· Una adeguata informazione, il diritto di recesso e una corretta pubblicità
· L’educazione al consumo
· La correttezza, la trasparenza e l’equità nei rapporti contrattuali
· La promozione e lo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti
· L’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza
La tutela dei minori: per sociologi e psicologi i bambini subiscono una forte influenza da parte dei mezzi di comunicazione, che li porta ad avere comportamenti e atteggiamenti che possono essere anche inaspettati: il minore, infatti, non è in grado di filtrare i contenuti del messaggio televisivi, poiché non ha a disposizione gli strumenti critici sufficienti a comprendere, ed eventualmente a rifiutare, i comunicati mediatici.
Le i istituzioni hanno iniziato a fare proprio il problema solo a partire dagli anni ‘80 :
· 1989 la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, in cui si afferma che sono bambini gli individui di età inferiore ai 18 anni, il cui interesse deve essere tenuto in primaria considerazione in qualsiasi circostanza, inoltre i minori hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni, ad essere informati e gli adulti si devono assicurare che i bambini e le bambine ricevano informazioni che possano capire e proteggerli da ciò che è dannoso.
· !989 la Direttiva europea del Consiglio n. 552, in cui si fa riferimento alla pornografia e alla violenza, oltre che al sesso, alla razza, alla religione e alla nazionalità, e si allargano a tutti i programmi che rientrano in una determinata fascia oraria.
· 1990 la legge Mammì in Italia n. 223, in cui si afferma che la pubblicità radiofonica e televisiva non deve arrecare pregiudizio morale o fisico a minorenni, e ne è vietato l’inserimento nei programmi di cartoni animati .
· 1997 si dà vita al Codice di autodisciplina , in cui si fa divieto nelle pubblicità di mostrare bambini impegnati in azioni violente o pericolose, si vieta di raffigurare il minore nell’atto di bere alcolici, non si può abusare della credulità e dell’inesperienza del minore per spingerlo ad acquistare un prodotto ed infine non bisogna muovere in errore circa la natura, le dimensioni, le prestazioni e il prezzo del prodotto che si pubblicizza. Il codice inoltre suddivide il palinsesto giornaliero in fasce di protezione: dalle 16.00 alle 19.00 la pubblicità direttamente rivolta ai minori deve essere immediatamente identificabile e devono esserci segni di continuità con il programma che si sta guardando, dalle 7.00 alle 16.00 e dalle 19.00 alle 22.30, la pubblicità direttamente rivolta ai minori non può essere trasmessa se contiene situazioni dannose per l’equilibrio psichico, fisico e morale per il bambino.
· 2002 il Nuovo codice di autoregolamentazione per la tv e i minori è stato approvato presso il Ministero delle comunicazioni, artefice principale del documento è stato l’allora Ministro delle comunicazioni Maurizio Gasparri, in cui viene ribadita la suddivisione in fasce e si chiede alle varie emittenti di diffondere il codice a tutti i propri operatori. La novità sta nel fatto che il mancato rispetto del Nuovo codice può portare sanzioni, anche pecuniarie, per le emittenti televisive: uno speciale comitato è chiamato a verificare il mancato rispetto del codice e qualora tali violazioni vengano accertate, sono comunicate all’Autorità per la garanzia delle comunicazioni, la quale provvede alle sanzioni.
· 2004 la Legge Gasparri conferma all’art.10 la regolamentazione prevista nel Nuovo codice e in più sancisce che l’impiego dei minori di 14 anni in programmi televisivi, otre che essere vietato per messaggi pubblicitari e spot, è disciplinato con regolamento.
· 2006 la Legge n. 37 ha modificato la legge Gasparri sanando la filosofia del testo che era quella di un proibizionismo ad oltranza.
La pubblicità comparativa e ingannevole: da una parte deve essere tutelato il consumatore, che non deve essere tratto in inganno, dall’altra parte deve essere tutelata l’azienda da una possibile concorrenza sleale. L’art. 2598 del codice civile, sotto il titolo Atti di concorrenza sleale, è stato considerato la norma che disciplinava la pubblicità comparativa. Per concorrenza sleale L’AGCM, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, intende quella modalità di comunicazione pubblicitaria con la quale un’impresa promuove i propri beni o servizi mettendoli a confronto con quelli dei concorrenti. Tali concorrenti possono essere individuati genericamente o individualmente. Questo tipo di pubblicità, che nel nostro paese è stata adoperata solo di recente mentre negli Stati Uniti viene utilizzata da almeno 50 anni, può rivelarsi un’arma a doppio taglio per chi la utilizza.
La dottrina suddivide la pubblicità comparativa in tre macro generi :
1. Comparazione diretta, paragone diretto con altre aziende ben individuate.
2. Comparazione indiretta, paragone con altre aziende che non sono direttamente individuabili.
3. Comparazione superlativa, paragone senza riferimenti espliciti ma con utilizzzo di superlativi relativi come “l’unico, il primo o il migliore”.
In Italia si sono avuti maggiori limitazioni per la pubblicità comparativa diretta.
La pubblicità ingannevole è qualsiasi pubblicità che possa indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alla quali è rivolta e che abbia la capacità di pregiudicare il comportamento economico di questi soggetti oppure leda o possa ledere un concorrente. Il DL. N. 74 DEL 1992 disciplina tale pubblicità, per determinare se la pubblicità sia effettivamente ingannevole l’agcm deve analizzare tutti gli elementi con riguardo particolare:
· Alla caratteristiche dei beni e dei servizi.
· Al prezzo e al modo in cui questo viene calcolato.
· Alla categoria, alle qualifiche e ai diritti dell’operatore pubblicitario.
Il DL. N 67 DEL 2002 attribuito all’Autorità Garante della Concorrenza la competenza a giudicare anche le controversie in materia di pubblicità comparativa, anche se quest’organo non può agire d’ufficio, ma solo previa denuncia da parte di consumatori o associazioni di consumatori, imprese concorrenti o ogni pubblica amministrazione che ne ha interesse. L’unica organo a cui ci si può appellare contro le decisioni dell’Autorità Antitrust è il Giudice Amministrativo.
Le leggi dello stato e i codici di autodisciplina tutte e due prevedono la cessazione della pubblicità considerata non corretta, con in più una sanzione economica per quanto riguarda le norme statuali.
Gli organi di controllo:
· L’Autorità garante della concorrenza e del mercato è l’organo statale che si occupa della disciplina pubblicitaria, è stata istituita nel 1990 come istituzione di controllo antitrust e poi ha allargato il suo campo di competenza alle pubblicità ingannevole e alla pubblicità comparativa. È un organo amministrativo indipendente a carattere collegiale formato da un presidente e quattro componenti nominati, ha sede a Roma e ha giurisdizione su tutto il territorio italiano, e avvia i suoi procedimenti dopo una richiesta che può venire dai consumatori danneggiati, da altre imprese concorrenti o dalle associazioni. Una volta preso avvio il procedimento, che ha una durata massima di 75 giorni, l’autorita può disporre perizie e consulenze e porre a carico dell’operatore pubblicitario l’onere della prova, richiedendogli di fornire prove sull’esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità. La decisione dell’autorità può essere impugnata solo davanti al TAR del Lazio, mentre se nel frattempo lo stesso caso viene giudicato da un ogano dell’autodisciplina l’Autorità può sospendere il suo procedimento.
· Nell’ambito dell’autodisciplina i due organi preposti al controllo della regole sono il Giurì e il Comitato di Controllo.
Il comitato di controllo ha un compito definito monitorio, mentre il Giurì si occupa delle procedure ordinarie dell’autodisciplina pubblicitaria inoltre le decisioni del Giurì sono inappellabili non essendoci altri organi giudicanti di livello superiore.
IL DIRITTO D’AUTORE: In Italia le norme che trattano il diritto d’autore sono datate al 22 aprile del 1941 Legge n. 663 che nel corso degli anni è stata più volte modificata. In tutte queste norme il diritto d’autore non è mai accostato al mondo pubblicitario, creando quel gap che pone problemi.
Viene definito Diritto d’autore una serie di diritti attribuiti a qualsiasi opera dell’ingegno di carattere creativo. Il diritto d’autore si muove poi su due livelli paralleli: quello patrimoniale e quello morale.
Il diritto patrimoniale: sono i diritti economici che l’autore ha sulla sua opera, che durano fino a 70 dopo la morte dell’autore.
Il diritto morale: sono i diritti di paternità dell’opera che l’autore può rivendicare nel caso in cui si apportino modifiche alla sua creazione senza il suo consenso.
La tutela di tale creatività può assumere vari aspetti nel mondo pubblicitario a seconda delle situazioni e del contesto:
· Quando in una pubblicità viene utilizzata un’opera creativa già preesistente, non per fini pubblicitari.
· Quando l’opera creativa viene effettivamente creata per una data pubblicità, ma non viene pattuito precedentemente il suo utilizzo, e di conseguenza a chi appartengono i relativi diritti.
· Quando l’opera creativa utilizzata in una campagna pubblicitaria viene ripresa in un’altra campagna con prodotti concorrenti.
La legislazione europea: le direttive che hanno tentato di dare organicità alla disciplina pubblicitaria sono state:
· Direttiva 84/450/CEE, in merito alla pubblicità ingannevole.
· Direttiva 97/55/CEE, si occupa di regolamentare la pubblicità comparativa.
· Direttiva 89/552/CEE, è la direttiva che ha cercato di armonizzare la legislazione televisiva in Europa e nel nostro paese è stata recepita con la cosiddetta Legge Mammì.
Il testo base per tutti i successivi codici di autodisciplina pubblicitaria dei maggiori paesi occidentali fu emanato nel 1936: Il Code de pratiques loyales en matiere de pubblicità per iniziativa della Camera di commercio internazionale.
Nel 1989 è stato istituito L’EASA, l’Alleanza Europea per L’Etica della pubblicità.

CAPITOLO TERZO

IL MARKETING PUBBLICITARIO E LA MARCA.
Il marketing concept: la filosofia del marketing è quella di realizzare un profitto soddisfacendo i bisogni di gruppi di clienti, questo principio è il marketing concept.
Un processo di marketing che risulti efficace deve partire dall’individuazione dei bisogni del cliente e solo successivamente si deve occupare della ricerca dei prodotti e dei servizi più idonei a soddisfare tali bisogni, secondo un processo in cui la vendita iniziale è da considerarsi come un primo passo e non come il risultato finale del rapporto commerciale.
Il processo di marketing: la pianificazione strategica è uno strumento oggi indispensabile per mantenere viva la competitività aziendale e riveste un ruolo chiave nell’assicurare un equilibrio fra le logiche gestionali di breve e lungo termine. Il risultato della pianificazione strategica è la produzione di un documento noto come piano strategico, composto da:
· La missione aziendale, è lo scopo distintivo che le permette di differenziarsi da tutte le altre imprese.
· Gli obiettivi aziendale, il compito del managment è tradurre la missione aziendale in obiettivi concreti che ne permettono la realizzazione.
· Le strategie aziendali, la strategia comporta la scelta delle principali direttive che l’organizzazione dovrà concretamente seguire nel proseguimento dei propri interessi.
· Il portafoglio delle attività aziendali, definire l’unità strategica d’affari che può essere costituita da un singolo prodotto, da una linea di produzione o da una divisione di un’azienda.
Il marketing managment: è il processo di pianificazione ed esecuzione delle attività di ideazione, determinazione del prezzo, promozione e distribuzione delle idee, beni e servizi, al fine di creare uno scambio che soddisfi al contempo gli obiettivi degli individui e delle organizzazioni.
L’analisi degli ambienti di riferimento è il punto di partenza di qualsiasi processo di pianificazione di marketing.
Il marketing si articola nelle seguenti aree:
1. l’ambiente cooperativo
2. l’ambiente competitivo
3. l’ambiente economico
4. l’ambiente sociale
5. l’ambiente politico
6. l’ambiente giuridico
Il processo di pianificazione è basato sull’interdipendenza di tre attività fondamentali:
1. la determinazione gli obiettivi del marketing, derivano di solito da quelli di tutta l’organizzazione, sono definiti come standard di prestazione o come compiti da realizzare entro una data scadenza. Costituiscono l’ossatura del piano di marketing.
2. la selezione del mercato-obiettivo (il target), cioè del mercato al quale proporre il proprio prodotto. I mercati a cui l’azienda si rivolge e quelli a cui potrebbe potenzialmente rivolgersi nell’arco di tempo preso in considerazione dal piano vengono poi ordinati in base alla loro redditività, il volume di vendite presenti e future. I mercati che sembrano offrire maggiori potenzialità per l’impresa vengono selezionati e considerati target.
3. lo sviluppo del marketing mix, l’insieme delle variabili controllabili dai responsabili di marketing che devono essere gestite per soddisfare il target e per conseguire gli obiettivi aziendali. Vengono classificate in base alle quattro maggiori aree decisionali cui si riferiscono, note come le 4 P:
· prodotto
· prezzo
· promozione
· distribuzione
è dalla combinazione sinergica delle quattro P che dipende il successo/insuccesso dell’intero piano strategico.
La segmentazione del mercato: è uno dei più rilevanti strumenti concettuali del marketing.
Si può definire il processo di segmentazione del mercato come l’insieme di attività che determinano la suddivisione del mercato in gruppi di consumatori simili e la successiva selezione del gruppo o dei gruppi più indicati da servire (segmenti target) per l’impresa.
I due tipi di segmentazione usati con più frequenza sono:
Benefict segmentation, si basa sull’assunto che, nel consumo di un prodotto, i benefici ricercati dai consumatori siano la causa fondamentale dell’esistenza di un segmento di mercato (esempio del dentifricio).
Psychografic segmentation, si basa sulle caratteristiche personali del consumatore. L’idea di base è che persone con stili di vita simili tendano a manifestare dei comportamenti di acquisto e di consumo simili. L’approccio psicografico segue così un modello di segmentazione post hoc: indagini campionarie in cui al consumatore vengono poste una lunga serie di domande che riguardano la sua attività, i suoi interessi, le sue opinioni, e successivamente i consumatori vengono empiricamente raggruppati sulla base delle loro risposte (esempio di Eurisko).
Il passo successivo della segmentazione è il posizionamento, cioè posizionare in maniera distinta e competitiva rispetto alla concorrenza il proprio prodotto all’interno di questo mercato (esempio del posizionamento della pasta Barilla “Dove c’è Barilla c’è casa” della pasta cioè dedicata alla famiglia tradizionale, attenta agli affetti). Segmentazione e posizionamento pongono il consumatore al centro di tutte le decisioni dell’impresa e costituiscono la base della competizione gestita secondo i principi del marketing.
Gli obiettivi della pubblicità: gli obiettivi della pubblicità sono cinque
1. Creare consapevolezza, la pubblicità ha lo scopo di far conoscere e rendere familiare la società, il prodotto, il servizio o la marca.
2. Facilitare la comprensione, far conoscere alla clientela la funzione, l’immagine, posizione e alcune caratteristiche del prodotto.
3. Convincere, deve persuadere un certo numero di persone a credere nel valore del prodotto.
4. Sviluppare il desiderio, indurre a desiderare un prodotto.
5. Indurre all’azione, tradurre i desideri del consumatore in azione dando maggiori informazioni su come acquistare il prodotto(negozi o siti).
Il fine ultimo del soggetto che ricorre alla pubblicità è il conseguimento di buoni livelli di vendite e di profitti, riveste dunque estrema importanza la valutazione continua dell’efficacia della pubblicità, attraverso gli strumenti del marketing, per rendere tali investimenti il più affidabile possibile.
Marca e valore della marca: la scelta del consumatore si basa sempre più spesso su quegli elementi intangibili che la marca (o Brand) ha il compito di legare indissolubilmente al prodotto (legame brand e customer).
Gli elementi del Brand sono:
· creare preferenza e fidelizzazione
· ridurre l’incertezza del consumatore al momento dell’acquisto
· è la risorsa meno imitabile dai concorrenti, identità visiva dell’impresa
· è ciò che dà un anima all’oggetto, conferendogli colore e calore.
· esprime valori con i quali entrare in relazione
· non è più il prodotto che fa la differenza, il prodotto è solo il veicolo della marca
· ha un valore capitale
Per questi motivi il teme della gestione della marca sta assumendo un peso sempre più rilevante all’interno delle direzioni marketing ed è diventato cruciale per la sostenibilità delle aziende.
È la marca il vero driver dell’acquisto, i prodotti erosi da una marea di messaggi delegano sempre di più alla marca la missione di perseverare la loro esistenza.
La marca è per definizione un’istanza semiotica, una macchina per produrre significazione, perciò non è mai un risultato definitivo, richiede continui ritocchi grafici, riposizionamenti, cambiamenti nella distribuzione.
Strategie per gestire la marca: la determinazione di uno specifico target e un preciso posizionamento sono per la marca essenziali scelte strategiche. La marca perciò deve essere tutto ciò che non sono le altre marche: costruire una relazione di affettività con il suo pubblico.
Il fenomeno “NO LOGO: in questo libro viene analizzato in che modo le strategie pubblicitarie hanno portato le grandi aziende a preoccuparsi più del loro marchio e della loro immagine che dei loro prodotti, e vengono denunciate in maniera dettagliata le contraddizioni della nuova economia globale, anche per questo motivo No logo viene considerato uno dei testi di riferimento principale del movimento no-global. Dagli anni ’80 il vero lavoro delle industrie più potenti non consisteva più nella produzione, bensì nel marketing: chi possiede di meno, ha meno dipendenti fissi e produce le immagini, anziché i prodotti, più efficaci, vince la corsa.

CAPITOLO QUARTO

LE AGENZIE.
Che cos’è un’agenzia: l’agenzia pubblicitaria è un’azienda alla quale spettano molteplici compiti che gravitano intorno all’idea pubblicitaria:
· reperire spazi inserzionistici, mediazione fra imprese e mezzi di comunicazione;
· ricerca sul campo, raccolta di tutte le informazioni utili ad individuare la più corretta strategia pubblicitaria;
· attività creativa di composizione di un messaggio, mediazione fra aziende e consumatori;
· penetrazione, capire le esigenze e le propensioni di un consumatore;
All’agenzia pubblicitaria perciò si può dire che venga affidata la sorte di un prodotto e quindi talvolta quella dell’azienda stessa, e che per questo debba essere a conoscenza delle migliori tecniche del marketing: l’agenzia è l’anima della pratica pubblicitaria.
Storia delle agenzie pubblicitarie: le agenzie pubblicitarie trovano le loro origini negli Stati Uniti a metà dell’800, lo sviluppo del fenomeno pubblicitario è strettamente legato a quello di un mercato concorrenziale, che di fatto nasce solo con l’avvento dell’industrializzazione.
La prima vera mansione degli agenti pubblicitari era l’intermediazione fra i giornali e le aziende che iniziavano a sentire la necessità di allargare il proprio mercato, successivamente si affiancò l’attività parallela che riguardava la composizione dell’inserzione.
Così ha origine lo spirito pubblicitario moderno che lega insieme business e creatività.
La nascita della prima organizzazione creatrice di pubblicità negli Stati Uniti risale al 1917, l’American Association Advertising Agencies.
L’Italia, avendo affrontato molto più tardi rispetto agli altri paesi occidentali l’industrializzazione, non aveva l’esigenza di un mercato pubblicitario alla fine del XIX secolo. È necessario attendere il 1920 per poter parlare di agenzie pubblicitarie anche in Italia: Fortunato Depero fondò la Casa d’arte futurista, uno studio pubblicitario che svolgeva esattamente le stesse mansioni di una moderna agenzia. Ma la vera prima agenzia pubblicitaria italiana fu fondata nel 1922 da Luigi Dal Monte, la ACME. Sono gli anni a ridosso dell’avvento fascista (slogan fascisti), quelli in cui l’Italia si affaccia sul mercato internazionale e la produzione industriale va intensificandosi.
Gli anni che seguono la fine del secondo conflitto mondiale sono molto importanti per lo sviluppo delle agenzie nel nostro Paese: l’industria italiana scopre la vera funzione della pubblicità, il linguaggio e le modalità organizzative della pubblicità italiana si modificano, essa diventa più aperta all’esperienza internazionale e meno legata alle dinamiche artigianali e aala componente artistica. Nel 1945 nasce l’Associazione Italiana Tecnici Pubblicitari e nel 1948 l’ UPA , Utenti Pubblicità Associati.
Quale diretta conseguenza di questa svolta in Italia iniziarono a fare la loro comparsa le succursali di agenzie pubblicitarie straniere che fiutarono le potenzialità economiche di un mercato tutto da costruire: vengono introdotti i concetti di marketing, pianificazione strategica, gli headlines (slogan), uso della psicologia e sociologia e della statistica tese a ricercare e definire il target di riferimento.
Da metà degli anni ’50 la pubblicità si fa multimediale e passa attraverso molteplici canali di diffusione: stampa periodica, cartellonistica stradale, radio, televisione (il Carosello segna l’inizio di questa relazione tra tv e pubblicità).
L’ affermazione del connubio tra pubblicità e televisione accresce la necessità di dare chiarezza alla professione del pubblicitario, riguardo i suoi compiti, le sue mansione e i suoi diritti, nasce perciò nel 1960 l’European Assocition of Advertising Agensies.
Lo Studio Testa: prende il nome dal suo fondatore Armando Testa, uno dei più famosi pubblicitari italiani. Nato a Torino nel 1917, vince un concorso nazionale per lo studio di un manifesto reclamizzante l’industria Colori Inchiostri Ici a venti anni. Dopo la guerra inizia l’attività di grafica:
apre un piccolo studio in cui inizia a lavorare disegnando etichette, marchi, cartelloni per il cinema.
Negli anni ’50 fonda lo Studio Testa, un’agenzia di pubblicità capace di offrire ai clienti non solo la semplice pubblicità, ma precise strategie di marketing. Inoltre Armando Testa decide di affiancare all’agenzia una piccola casa di produzione dove vengono sperimentate tecniche cinematografiche d’avanguardia nel settore dell’animazione: sono gli anni del Carosello.
Nel 1960 vince il concorso per il manifesto ufficiale delle Olimpiadi di Roma, qualche anno dopo riceve da Argan la Medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione per il suo contributo allo sviluppo delle arti visive. Lo stile e la creatività Testa si affermano come un vanto dell’arte pubblicitaria italiana da diffondere in tutto il mondo.
Nel 1970 Testa vince la Biennale di Varsavia con il manifesto “Plast”: la sua tecnica artistica fu all’inizio influenzata dalla grafica Bauhaus dalla quale pian piano si scostò creandone uno proprio, caratterizzato dall’uso del fondo bianco e dei colori primari, dall’uso di forme semplici ma espressive (immediatezza comunicativa).
Nel momento in cui il Carosello chiude e in Italia arriva il Marketing più sfrenato l’agenzia Testa adotta un cambiamento nell’ideazione della pubblicità: la chiave è l’umorismo (la celebre campagna lavazza con Nino Manfredi, pubblicizza l’Alitalia).
Nel 1978 lo studio Testa diventa società per azioni con sede centrale a Torino e altre due filiali a Roma e Milano.
Negli anni ’80 arrivano i riconoscimenti in ambito internazionale, l’agenzia vince i suoi primi Leoni al festival di Cannes con le campagne Lavazza, Sole Bianco e Bistefani. Questi sono gli anni del passaggio di consegne gestionali fra Armando Testa al figlio Marco. Vengono sperimentati nuovi linguaggi.
Nel 1989 Armando Testa viene nominato dall’Università di Fort Collins in Colorado Honor Laureate, quale riconoscimento di caposcuola della moderna pubblicità italiana.
Per la sua dote di sintetizzare gli elementi del vivere quotidiano, senza intaccare la loro essenza e per il suo percorso creativo multiforme Gillo Dorfles lo ha definito un “visualizzatore globale”.
Armando Testa muore nel 1992, ma il figlio Marco Testa continua con successo l’attività dello studio, con la volontà di portare l’agenzia dall’Italia all’Europa.
Nelle campagne di questo periodo si decide di seguire due filoni: Umoristico (Parmacotto con il salumiere Cristian De Sica, Lavazza con Solenghi, Telecom con il condannato a morte Massimo Lopez) e Tecnologico (Lancia, Ariston).
La Testa Intenational inizia ad esportare campagne in tutta Europa: quella di Gatorade, Pirelli, Lancia Ypsilon.
Oggi lo studio Testa conserva ancora il posto leader nel settore pubblicitario italiano collaborando con marche fra le più prestigiose.
Gli stili pubblicitari nel panorama mondiale: alcuni fra i più celebri creativi a livello internazionale che hanno legato il loro nome a celebri campagne pubblicitarie:
· Claude Hopkins, è fra i primi pubblicitari di cui si hanno notizie fu l’esponente principale della scuola pubblicitaria hard selling, ossia vendita diretta senza fronzoli e senza troppe finezze. Scrisse “Scientific Advertising” da molti considerato una pietra miliare nella storia della tecnica pubblicitaria, in esso H. sostiene la distinzione tra arte e pubblicità, avvicinando quest’ultima più alle attività di vendita.
· Leo Burnett, fonda l’agenzia della mela il suo stile è caratterizzato dal cosiddetto “tocco comune” ossia dall’utilizzo del linguaggio semplice e di persone comuni attribuendo un senso di credibilità al prodotto pubblicizzato (Tony la Tigre per la Kellog’s).
· Gavino Sanna, viene definito da tutti il pubblicitario dei “buoni sentimenti”perché elabora campagne con una strategia tesa a conquistare i consumatori, suscitando emozioni (Standa, Barilla).
· Rosser Reeves, secondo lui una campagna è vincente solo se espone i benefici di un prodotto, ciò che doveva emergere è che solo acquistando quel determinato prodotto il consumatore poteva conoscere i suoi benefici e solo quei benefici potevano soddisfare i bisogni del consumatore.
· Jacques Seguela, stile forte e aggressivo per un prodotto che deve avere stile, fisico e carattere (Club Med, Citroen, la campagna per il presidente francese Francois Mitterand nel 1981).
La diverse tipologie di agenzie: le agenzie pubblicitarie non sono tutte uguali, dovendo fronteggiare esigenze di mercato differenti anche la loro struttura interna varia di conseguenza.
Esistono tre tipologie di agenzie:
· Servizio completo, le prestazioni di questo tipo di agenzia sono suddivise in cinque settori, marketing, creazione dei messaggi, relazione con il cliente, produzione e amministrazione.
· Boutiques creative, agenzie di dimensioni ridotte la loro unica funzione è quella di composizione creativa di un messaggio pubblicitario.
· House agency, sono interne all’azienda stessa e collaborano allo sviluppo promozionale solo di questa.
La suddivisione in reparti: le agenzie a servizio completo hanno una struttura molto complessa suddivisa in reparti operativi:
1. Reparto account: relazione con il cliente (rapporto fra i responsabili marketing l’interfaccia delle aziende e i responsabili account interfaccia dell’agenzia raccogliendo in un Brief un documento i punti di vista e le esigenze dei vari livelli di management aziendale, la consegna del Brief segna l’inizio della campagna pubblicitaria, l’account è il responsabile finale di tutto il progetto).
2. Reparto creativo: creazione dei messaggi (è qui che la campagna pubblicitaria prende vita, in questo reparto gravitano esperti dell’immagine e della parola che devono saper tradurre il brief in un’idea concreta. Protagonista indiscussa di questo reparto è la coppia creativa formata dal copywriter che redige headline -titoli- bodycopy -testi informativi- e pay off
-sintesi del beneficio del prodotto- e dall’art director che cura la parte visiva di una campagna si occupa dei bozzetti della scelta dei caratteri e dell’impaginazione e di comporre lo storybord - ossia lo svolgimento di uno spot pubblicitario disegnato, inquadratura per inquadratura. Inoltre a lui spetta la scelta del fotografo. Queste figure possono essere affiancate dal art buyer, da free-lance, dal visualizer e dal progress).
3. Reparto media: diffusione e trasmissione dei messaggi (individuare quali siano i canali più indicati per la trasmissione di un messaggio pubblicitario, elaborare il media plan, acquistare gli spazi sui media indicati. La scelta dei media più indicati avviene tenendo conto di tre importanti fattori: copertura – quante persone si contattano-, frequenza – quante volte si riesce a contattarle -, impatto – la loro incidenza a questo tipo di esposizione -).
4. Reparto ricerche: teso a valutare il mercato e ad individuare le migliori strategie di marketing (si occupa di fornire le informazioni di cui il cliente e l’agenzia non dispongono, la ricerca continua durante tutta la fase creativa e produttiva dell’intera campagna pubblicitaria: ricerche preliminari, ricerche in fase ideativa e ricerche in fase esecutiva. Lo Strategic planner è colui che ha il compito di studiare le caratteristiche correnti del mercato del cliente e pianificare il budget necessario per l’implementazione della campagna).
5. Reparto amministrativo: per la gestione dei budget e per l’inquadramento fiscale dei dipendenti dell’agenzia (a questo reparto sono demandati tutti i compiti di natura economica-amministrativa, interni ed esterni all’agenzia).
Il lavoro di agenzia: innanzitutto definire la cosiddetta copy strategy che deve fornire le seguenti indicazioni:
· Target
· Benefit
· Reason why
· Tone
Poi si passa nelle mani del reparto creativo (coppia creativa).
La fase successiva è quella della presentazione al direttore creativo, al quale spetta il compito di valutare se la campagna che ha di fronte sia conveniente o no.
Poi la presentazione all’account, una persona che valuta il progetto sotto gli aspetti di rispondenza alle strategie di marketing aziendale del cliente.
Presentazione della campagna al cliente.
L’opera pubblicitaria nell’ordinamento giuridico: il diritto e la tutela delle opere pubblicitarie, le norme giuridiche presenti nel nostro ordinamento da prendere in considerazione per tale analisi sono tre:
· L’art. 2598 del codice civile, riguardante gli atti di concorrenza sleale
· Il Regio Decreto 4/12/1942 n. 929 che tutela l’utilizzazione di un marchio
· La Legge 22/4/1941 n. 663 che disciplina il diritto d’autore
La concorrenza sleale: è punita l’azienda che usa nomi o segni distintivi a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri. La disciplina della concorrenza sleale può trovare applicazione solo quando fra due aziende esiste un rapporto di concorrenza.
Legge sui marchi: nel Decreto è sancito il diritto al titolare del marchio d’impresa di fare uso esclusivo dello stesso e di vietarne l’utilizzo a terzi, salvo proprio consenso. I marchi perciò sono tutelati a condizione che non siano né generici, né puramente descrittivi dei prodotti pubblicizzati.
La disciplina del diritto d’autore: in generale l’idea pubblicitaria non può essere tutelata dalla legge 663 in quanto non rientrante nella categoria “opere d’ingegno” , ma trattandosi di un’opera collettiva si potrebbe tutelare l’autore dell’opera e il titolare dei diritti da essa derivanti cioè colui che concepisce il piano dell’opera ovvero l’agenzia pubblicitaria; ma tale soluzione sarebbe in forte contrasto con la giurisprudenza, la quale non ha mai riconosciuto una persona giuridica come titolare di un diritto d’autore.
Il codice di autodisciplina pubblicitaria: il CAP entrato in vigore nel 1966 è vincolante per tutti coloro che lo abbiano accettato direttamente o tramite la propria associazione , ovvero mediante la sottoscrizione di un contratto di pubblicità. Il codice disciplina molte casistiche dell’attività pubblicitaria quali: lealtà del messaggio, pubblicità ingannevole, salvaguardia dei minori, violenza, volgarità, comparazione, vendite a distanza. L’art 13 stabilisce che debba essere evitata qualsiasi imitazione pubblicitaria servile, anche se relativa a prodotti non concorrenti, specie se idonea a creare confusione con altra pubblicità. Deve essere inoltre evitato qualsiasi sfruttamento del nome, del marchio, della notorietà e dell’immagine dell’azienda altrui, se inteso a trarre per sé un ingiustificato profitto.

CAPITOLO QUINTO

LE CONCESSIONARIE.
La concessionaria è una realtà di pertinenza italiana, sono le agenzie che svolgono un ruolo di intermediazione commerciale fra utenti e media per la distribuzione dei messaggi pubblicitari nel tempo e nello spazio.
Fino alla fine del secondo conflitto mondiale, le concessionarie sono state gli unici soggetti economicamente rilevanti in Italia, dato che la nascita delle Agenzie è stata subordinata allo sviluppo del settore industriale: le prime concessionarie erano definite regie di stampa perché per operare avrebbero dovuto ottenere dal Regio Governo l’autorizzazione alla vendita degli spazi pubblicitari. U media quali radio e televisione è esistita sin da subito una società incaricata di questa funzione: la Sipra.
In Italia sono mezzi, concessionarie e centri media a determinare i prezzi degli spazi pubblicitari: le concessionarie direttamente controllate dai grandi gruppi Rai e Mediaset si trovano ad essere al centro della trattativa economica fra utenti e media.
La struttura organizzativa: è necessario un assetto funzionale al compito che le concessionarie svolgono, tutto ruota intorno al marketing:
· Gestione commerciale, si occupa dell’elaborazione dei piani di lavoro per il raggiungimento degli obbiettivi fissati dalla direzione generale, della ricerca e dell’acquisizione di nuovi clienti. Il direttore commerciale si trova a dover coordinare molte figure professionali: il direttore di marketing (prepara analisi di mercato, politiche del prezzo, argomentazioni di vendita), il responsabile d’area (elabora e presenta il budget annuale di area e vigila all’interno del proprio raggio d’azione), il direttore di vendite (pianifica l’attività commerciale elaborando politiche di vendita e aggiorna le banche dati dei clienti).
· Gestione amministrativa, si occupa delle funzioni economiche amministrative e dell’elaborazione di reporting e controlli utili a monitorare l’attività delle concessionarie da un punto di vista prettamente monetario. In base al quadro economico finanziario elaborato dalla direzione amministrativa, la direzione generale prende le decisioni sulla gestione del patrimonio e sulle politiche commerciali da adottare.
La commercializzazione degli spazi pubblicitari: può essere diretta o indiretta .
La gestione diretta, viene predisposta dai grossi gruppi editoriali e piccole imprese (per motivi differenti). Tali aziende gestiscono l’offerta fornendo ai propri clienti informazione sui palinsesti, sul raggio d’azione, e sul target potenzialmente raggiungibile. I vantaggi sono quelli di trattenere nelle casse della azienda l’intero introito pubblicitario, senza la cessione di nessuna commissione e la possibilità di definire in completa autonomia le politiche di marketing da adottare di volta in volta.
Gestione indiretta, avviene qualora la commercializzazione degli spazi sia affidata ad un’azienda esterna. In questo caso esistono due differenti modi modalità di svolgere la funzione di vendita.
Da una parte si trovano le imprese di intermediazione che detengono la gestione degli spazi pubblicitari, di cui però è il mezzo a detenere la proprietà. Dall’altra parte si trovano le concessionarie che acquistano dal mezzo la proprietà degli spazi e dei tempi disponibili, che successivamente rivenderà ai suoi clienti, in nome proprio ma per conto del mezzo.
La struttura che si occupa della vendita degli spazi pubblicitari nei confronti del mezzo può essere autonoma ma controllata oppure semplicemente autonoma.
Nel primo caso si tratta di una società nata con lo scopo di commercializzare esclusivamente gli spazi pubblicitari dell’azienda proprietaria del mezzo (Sipra controllata dalla Rai e Pubblicità80).
Nel secondo caso invece le concessionarie indipendenti stipulano un contratto di concessione esclusiva, mediante il quale si impegnano a vendere tutta una parte degli spazi pubblicitari di un mezzo. Il motivo per cui molte emittenti scelgono questa gestione è dato dall’impossibilità economica di fondare una società controllata che si occupi solo della raccolta pubblicitaria.
Il rapporto fra concessionarie e media: la raccolta pubblicitaria è così importante che se non ci fosse si bloccherebbe il flusso economico che regge la comunicazione. Così concessionarie e media hanno gli stessi interessi economici. Il loro rapporto è regolato da un contratto di concessione attraverso il quale il mezzo di comunicazione affida alla concessionaria l’incarico di rappresentarla nella trattativa di vendita dei propri spazi e del proprio tempo. Tale vendita avviene in nome della concessionaria ma per conto del mezzo. Quella dell’esclusiva è una clausola utilizzata spesso nei contratti di concessione. Durante la sua attività, la concessionaria stipula contratti, emette fatture e si occupa degli incassi per proprio conto. Poi, in base agli accordi intercorsi con i mezzo, trattiene parte del compenso, versando la rimanente parte dell’azienda titolare della proprietà degli spazi.
La legge n. 223 del 1990 la Legge Mammì, che regola il settore radiotelevisivo pubblico e privato, ha istituito un registro nel quale devono comparire i nomi di tutte le imprese che lavorano nell’ambito dell’intermediazione pubblicitaria. In base a tale legge risultano nulli tutti i contratti stipulati da aziende non presenti nel registro.
Il minimo garantito: è una delle clausole presenti in un contratto di concessione, si tratta di un vincolo di natura finanziaria, attraverso cui l’impresa proprietaria del mezzo di comunicazione ottiene un indennizzo nel caso l’attività di raccolta pubblicitaria svolta dalla concessionaria non raggiunga i minimi stabiliti nel contratto. Durante la stipula del contratto viene stabilito un minimo guadagno che la concessionaria si impegna a garantire attraverso la sua attività.
Sipra: dall’esordio della televisione in Italia nel 1954 e per i successivi tre anni, sul mezzo di comunicazione non era possibile pubblicizzare nessun tipo prodotto.
La pubblicità fece il suo esordio il 3 febbraio 1957 con l’Atto di Concessione da parte del Ministero delle Poste, il quale pubblicizzava la Rai in modo rigido circa l’utilizzo degli spazi pubblicitari, che non potevano superare il tetto del 5% dell’intero palinsesto televisivo. Questo inflessibile limite era dovuto al timore che la pubblicità televisiva avrebbe potuto sottrarre risorse agli altri media. Inoltre inizialmente la tv era ritenuta uno strumento pubblico e pedagogico non commerciale.
Per questi motivi i messaggi pubblicitari vennero circoscritti nell’ambito di un contenitore, che riscosse un grande successo, diventando un vero fenomeno di costume: il Carosello, un siparietto contenete cinque messaggi pubblicitari di una lunghezza che oggi sarebbe al di fuori del budget di qualsiasi investitore pubblicitario.
La gestione degli spazi pubblicitari fu affidato alla SIPRA (Società Italiana Pubblicità Radiofonica e Affini), una società con partecipazione maggioritaria dell’IRI e della RAI.
Per produrre uno spot bisognava investire circa 1 milione e mezzo di lire e la produzione era affidata completamente ai privati, ma supervisionata dalla Sipra, che svolgeva di fatto delle vere e proprie funzioni di censura (regime monopolistico). Questo sistema ha permesso il finanziamento occulto dei partiti: testate quali l’Unità e Rinascita del Pci, il popolo della Dc, l’Avanti! E Mondoperaio del Psi etc. venivano finanziate dalla pubblicità in esubero nel sistema televisivo con la diretta conseguenza che si ritrovavano ad essere favoriti economicamente i partiti interessati.
Attualmente la SIPRA si trova a gestire l’offerta pubblicitaria di tutto il gruppo Rai, comprese le emittenti satellitari.
Pubblicità80: è la concessionaria esclusiva del Gruppo Mediaset, nasce nel 1980 e il suo successo è dovuto alla capacità di fare appropriate scelte di marketing.
Il successo di pubblicità80 si deve quindi a tre innovazioni di rilievo:
· La possibilità di offrire grossi sconti e incentivi.
· Non vi lavoravano agenti pagati a percentuale, ma consulenti formati con le più innovative strategie di marketing.
· Non si ricercavano clienti importanti, alla base c’era la logica che chiunque poteva essere un potenziale cliente.
Con questa manovra Fininvest rupe il monopolio della Sipra nel mercato della pubblicità, oltre a quello della Rai, in campo televisivo.

PARTE SECONDA: pubblicità e processi culturali e comunicativi

CAPITOLO PRIMO

PUBBLICITA’ E LINGUAGGIO.
Con l’espressione “linguaggio pubblicitario” si vuole definire quell’insieme di strategie e strumenti che i professionisti di questo settore sfruttano al fine di convincere i consumatori all’acquisto: attrarre, incuriosire, persuadere.
Il linguaggio pubblicitario porge così la sua attenzione al contesto, ai target, diventando vivo, un’arte al passo coi tempi che si muove ai ritmi della società.
Numerosi studiosi hanno posto la loro attenzione sulla lingua pubblicitaria:
· Marcuse, ne esalta il carattere fortemente manipolatorio evidenziandone l’influenza negativa che avrebbe sul comportamento linguistico (conformismo linguistico).
· Mauro Medici, ne esalta la freschezza, la creatività e l’influenza nel far sorgere e consolidare il senso di appartenenza alla comunità linguistica italiana.
· Tullio De Mauro, la considera una lingua subalterna.
La qualità indiscussa del linguaggio pubblicitario è il sincretismo , cioè in un’unica forma confluiscono forme di origine diversa.
Semiotica e pubblicità: il testo pubblicitario è per sua natura molto complesso in cui tutto è preordinato affinché le intenzioni dell’emittente si sposino con l’effetto prodotto sul destinatario.
La lingua è un sistema di segni ciascuno dei quali costituito da un’associazione inscindibile di un significante e un significato, dalla relazione di questi due elementi deriva la significazione (De Saussure) un processo arbitrario in quanto ciascun segno, a seconda della cultura e del contesto in cui è utilizzato, assume significati diversi.
La semiotica (la scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale) ha esteso la sua area di interesse al di là del linguaggio, studiando qualsiasi sistema segnico (vrbale, sonoro, iconico etc.). In questo senso la pubblicità può essere letta come un testo semiotico, un sistema costituito da diversi segni il cui uso, se casuale, rischia di interferire con la comprensione del messaggio che si vuole comunicare. Il codice si configura perciò come un repertorio semantico dal quale il pubblicitario può attingere per la scelta dei segni da utilizzare: la pubblicità è la costruzione di mondi semiotici per lo scopo retorico di influenzare gli acquirenti a comprare quello che pubblicizza.
Funzioni del messaggio pubblicitario: analizzando il linguaggio pubblicitario da un punto di vista semiotico, può essere molto utile lo schema delle funzioni della comunicazione proposto da Roman Jacobson:
· Mittente -> funzione Emotiva (espressiva)
· Contesto -> funzione Referenziale (descrittiva)
· Messaggio -> funzione Poetica (estetica)
· Contatto -> funzione Fatica (contatto)
· Codice -> funzione Metalinguistica (elementi che definiscono il codice)
· Destinatario -> funzione Conativa (imperativa, coinvolgimento)
Ogni atto comunicativo, e di conseguenza anche ogni messaggio pubblicitario, contiene potenzialmente tutti gli elementi della comunicazione e tutte le relative funzioni.
Codici della pubblicità: il linguaggio pubblicitario deve essere considerato come il risultato dell’interazione di un’insieme eterogeneo di registri e codici, in particolare quattro:
1. Codici del veicolo
2. Codici culturali
3. Codici narrativo-semantici
4. Codici retorici (tipici della pubblicità)
Registri della comunicazione pubblicitaria: registro visivo e verbale.
Registro visivo, l’immagine pubblicitaria va letta non solo come strumento di presentazione di prodotti, ma anche come messaggio articolato in numerosi codici e sottocodici che, nell’applicare una serie di procedimenti formali, è in grado di far circolare significati di tipo ideologico (Roland Barthes). Eco identifica i seguenti livelli di codificazione visiva:
· Iconico (icone fortemente emotive)
· Iconografico (codificazione storica o pubblicitaria)
· Tropologico (equivalenti visive dei tropi, figure verbali, ossia figure classiche)
· Topico (antonomasia)
· Entimentico (articolazione di argomentazioni visive)
Registro verbale, tale registro ricopre essenzialmente una funzione di ancoraggio del registro visivo, definendo così una determinata lettura dell’immagine. Il registro verbale diventa quindi lo strumento grazie al quale è possibile ridurre l’ambiguità dell’immagine.
Retorica e pubblicità: la retorica è la disciplina che riguarda la capacità di scoprire ciò che è in grado di persuadere, nasce nella Magna Grecia nel V sec. a.C. ed è partire dagli anni ’50 del ‘900 che assistiamo ad un risvegliarsi dell’interesse verso questa disciplina che è entrata a far parte del nostro vivere quotidiano.
La nuova retorica pubblicitari deve essere caratterizzata dalla presenza delle cinque “i”(Samuel Dunn):
· Idea: deve dare qualcosa a chi accoglie il messaggio
· Impatto: deve avere la capacità di attirare l’attenzione
· Interesse: deve tenere viva l’attenzione fino alla fine della comunicazione
· Informazione: deve dare indicazioni sul prodotto
· Impulso: deve spingere il destinatario della comunicazione all’azione, creando una sensazione di fiducia verso il prodotto e la certezza che solo quest’ultimo potrà soddisfare i suoi bisogni.
Nei messaggi pubblicitari trionfano le seguenti figure retoriche:
· Metafora
· Iperbole (esalta)
· Anafora (ripetizione di una stessa parola)
· Onomatopea (riproduce un suono o un rumore)
· Allitterazione (ripetizione di un fonema)
· Metonimia (passaggio da un campo semantico ad un altro)
· Ironia (far intendere una cosa con una frase di senso opposto)
Neolingua pubblicitaria e creatività linguistica: il linguaggio pubblicitario è una lingua d’azione che deve essere congruente, comprensibile, interessante, accattivante e coinvolgente. Tutto ruota intorno al destinatario, ai suoi desideri, alle sue aspettative, e per far ciò la parola pubblicitaria deve essere creativa, raggiungendo un limbo linguistico in cui tutto è concesso e i vincoli sintattici, grammaticali e linguistici quasi scompaiono.
Raffaele Simone ha rilevato in un suo studio l’esistenza nella comunicazione pubblicitaria di due tipi di creatività: una di langue (fatto sociale esterno all’individuo) e una di parole (concreta realizzazione individuale). La prima agisce sull’apparato astratto delle categorie della lingua, aggiungendole di nuove e trasformando o eliminando quelle già esistenti (canzonissima); la seconda agisce a livello individuale, in quanto è compito del singolo individuo ricavare da un numero determinato di regole linguistiche, un numero infinito di termini e frasi concrete (ramazzottissima).
La pubblicità in questo senso è una neolingua, che dà vita riesuma, saccheggia, assembla termini degli ambiti più diversi con la massima indifferenza, dando vita a neologismi.
I tecnicismi: parole riprese dai gerghi tecnici di cui si avvalgono le diverse categorie professionali. I tecnicismi servono a dare autenticazione al prodotto creando in chi riceve un messaggio un senso di riverenza.
Gli esoticismi: l’utilizzo di termini stranieri per riflettere sul prodotto il prestigio e lo status che solitamente sono attribuiti a una determinata lingua e per richiamare alla mente un certo esotismo.
Dialettismi: i pubblicitari ricorrono ai dialetti per indicare solitamente una determinata area geografica ( per esempio la pubblicità della mozzarella di bufala ambientata in campania)
Slogan: breve frase, è un atto perlocutorio ovvero la sua importanza non sta tanto nel suo significato quanto nell’effetto che esso provoca. Lo slogan deve raccogliere, attirare, riassumere e perciò le sue caratteristiche sono la :
· Concisione
· Originalità formale
· Anonimità
· Ripetibilità
Il naming e le parole-etichetta: il termine naming (nominare) indica lo studio e l processo creativo alla nascita dei nuovi nomi industriali e commerciali. Questa scelta è delicatissima in quanto il nome che ne deriverà sarà destinato a segnare il destino del prodotto, nonché a farsi portatore dei valori che la marca stessa vuole rappresentare.
Il nome dovrà:
· Richiamare e suggerire al consumatore le peculiarità del prodotto
· Essere facile da leggere, pronunciare e ricordare
· Essere perfettamente distinguibile dalle marche concorrenti
· Essere facilmente estendibile ad altri prodotti da introdurre successivamente
· Adeguarsi al target di riferimento
Per la creazione delle parole-etichetta la bravura sta nel riuscire a sfruttarle e combinarle al meglio.
Il colore: è fondamentale nella comunicazione visiva e perciò la pubblicità l’ha sfruttato al massimo in quanto chiaro è il suo effetto sull’utente e quindi la sua influenza sulla riuscita del messaggio stesso.
· Newton 1672 teoria della luce, i colori derivano dalla luce per scomposizione
· Goethe 1810 teoria dei colori, soggettività della percezione dei colori
Il colore ha un vero e proprio effetto sul nostro sistema nervoso, è capace di creare forti suggestioni con chiarezza, immediatezza e universalità.
I colori sono associati culturalmente ad una simbologia particolare:
ARANCIO
ENERGIA
ROSSO
PASSIONE
BLU
SOGNO
NERO
MISTERO
VERDE
RIPOSO
GIALLO
LUMINOSITA’
VIOLA
MALINCONICO
GRIGIO
EQUIVOCO
BIANCO
PUREZZA
Seguendo questa simbologia la pubblicità ha fatto uso dei colori.
Il packaging: comunicare il contenuto: con questo termine si fa riferimento a quell’insieme di elementi e materiali usati per confezionare un prodotto, rendendolo facilmente trasportabile e utilizzabile, ma soprattutto riconoscibile e attraente: si pone tra consumatore e prodotto del quale deve stimolare l’acquisto e il consumo, raccontandone la storia, fornendo informazioni e comunicandone le caratteristiche, il tutto facendo leva sui valori emozionali. Dal punto di vista semiotico il packaging è un paratesto, vi sono quattro livelli di analisi relativi al packaging:
· Sostanza dell’espressione
· Forma dell’espressione
· Sostanza del contenuto
· Forma del contenuto
Letteratura e pubblicità: la pubblicità attinge spesso dalla letteratura e la letteratura, riconoscendo alla pubblicità una straordinaria immediatezza comunicativa, ha attinto ad essa per rendersi più riconoscibile e più vendibile (Baci perugina).
Celebri scrittori che hanno scritto pubblicità:
· Jean Cocteau
· Bertol Brecht
· Vladimir Majakovskij
· Matilde Serao
· Giovanni Pascoli
· Gabriele D’Annunzio
· Marinetti
· Depero
· Gerbino
· Mario Soldati
· Achille campanile
· Dario Fo
Anche Mussolini fu una fonte preziosa di ispirazione per la pubblicità (propaganda), furono riprese le sue parole per le pubblicità negli anni ’40.
Oggi il rapporto letteratura-pubblicità sembra essersi un po’ allentato tanto che la critica ne lamenta spesso la mancanza, ma assistiamo a un altro fenomeno: per far fronte alla caduta di interesse nei propri confronti la letteratura pubblicizza se stessa. La pubblicità della letteratura però si basa su regole a se stanti, perché il consumatore segue in questo caso i suoi interessi e no va indirizzato verso una determinata scelta, la pubblicità si limita in questo caso a rendere noto.
Pubblicità e lingua comune: la pubblicità è stata inserita tra quei fattori che hanno contribuito all’unificazione e all’evoluzione della nostra lingua nazionale: interscambio costante che vede la pubblicità appropriarsi di alcuni elementi della lingua comune, e quest’ultima fare proprie alcune espressioni nate in ambito pubblicitario. La pubblicità si presenta come una mera promotrice di ricambio lessicale.

CAPITOLO SECONDO

PUBBLICITA’ E ARTE.
La pubblicità si serve del procedimento del simbolismo: convince il consumatore all’acquisto dell’oggetto elevandolo a simbolo, conferendogli dei valori che arricchiscono l’oggetto-segno e che diventano un’attrattiva all’acquisto per impossessarsi di quegli stessi valori.
una bottega, il sistema di produzione industriale toglie quest’aura tramite la standardizzazione del processo di realizzazione. A metà fra i due momenti si trova un movimento artistico che tentò di mettere in relazione l’arte e la produzione industriale: il movimento delle Arts and Crafts (arti e prodotti) cercò di conferire un’estetica artistica al prodotto industriale. La stessa intenzione avrebbe animato circa un secolo dopo la scuola tedesca della Bauhaus di Walter Gropius, che teorizzo per la prima volta l’idea del design industriale: valori e linguaggi propri del mondo dell’arte si trasferivano al prodotto, la pubblicità assorbiva stilemi artistici come la bellezza e l’armonia. Con l’apice della Rivoluzione industriale gli artisti propriamente detti iniziarono ad applicare il proprio talento anche alla pubblicità (Toulouse Lautrec).
L’epoca dei manifesti: i primi manifesti pubblicitari intesi in senso moderno furono formati da due artisti francesi, Cheret e Toulouse Lautrec, che manifestarono alla città in cui vivevano la Parigi di fine ‘800 con i suoi luoghi nascosti e insieme molto noti come i cafè chantant.
Il manifesto italiano: è solo con l’inizio del ‘900 che in Italia si può parlare di una vera e propria arte del cartellone (causa: ritardo industrializzazione), gli anni in cui aprono in Italia i Grandi Magazzini. La progressiva diffusione del prodotto di consumo favorisce anche la nascita di riviste appositamente create per diffondere il consumo: Margherita, Natura e Arte, Il Corriere delle Dame. Vengono pubblicati con lo stesso fine i cataloghi.
Nell’officina Ricordi di Milano iniziano a muovere i primi passi quelli che saranno i più celebri cartellonisti del primo Novecento italiano, e si diffuse tra i consumatori la sensazione di finezza di questa nuova arte, considerata popolare perché si rivolgeva al pubblico di massa ed era economica.
Futurismo pubblicitario: i futuristi si convinsero sin da subito della potenzialità della pubblicità anche come forma d’arte. Gli artisti del gruppo futurista compresero che la pubblicità avrebbe potuto essere anche un’interessante settore di lavoro (Depero, Boccioni).
Nel suo complesso la pubblicità futurista si ispirava a criteri di sintesi compositiva, superando il gusto descrittivo e narrativo della produzione corrente. Nel caso del futurismo la pubblicità offre spazio per sperimentazioni d’avanguardia che altrimenti sarebbero state accettate con difficoltà: il manifesto è dunque espressione dell’avanguardia di massa.
I cartellonisti italiani furono: Depero, Dudovich, Carboni, Cappiello.
Dal primo dopoguerra agli anni ’50: alla fine della Prima Guerra Mondiale, l’Italia è stremata e vessata e la grande stagione del manifesto si può dire conclusa, ma si apre la stagione della pubblicità durante il Fascismo. Guido Mazzali definisce nel 1936 le regole della pubblicità fascista: soggetti figurativi convenzionali quasi scontati, che concentrano in sé diversi motivi propagandistici.
Dopo la tragica esperienza della Seconda Guerra Mondiale, il manifesto italiano riesce però a svincolarsi da tutto quello che il Fascismo gli aveva imposto, e inizia a proporsi come linguaggio a sé, nel momento in cui esplora nuovi territori come la radio e la tv. È stato soprattutto il contatto con la cultura americana a riscrivere il messaggio pubblicitario italiano, che ormai può dire addio agli obsoleti canoni espressivi, ma anche a quel particolare legame con l’arte che l’aveva contraddistinto e che d’ora in poi verrà surclassato dal marketing.
La pubblicità negli anni ’50 entra a far parte della vita quotidiana, e diventa oggetto di attenzione delle avanguardie artistiche quali il Cubismo (Collage e papieres collés di Picasso e Braque). Nelle opere cubiste sono pezzi di marche, di prodotti, di cartelloni pubblicitari, a far parte integrante della forma e del messaggio artistico.
Anche la Pop Art si fece propri i linguaggi della pubblicità, fino a renderli luoghi comuni della cultura popolare di cui si faceva portavoce e simbolo ( Andy Warhol). Se prima (con Toulouse Lautrec) dall’arte veniva tratta la pubblicità, ora dalla pubblicità si traeva l’arte.
Oggi la pubblicità è stata definitivamente eletta a forma d’arte: a Torino nel 2002 è stato aperto il Museo della pubblicità al Castello di Rivoli. Ma dall’altra parte si trovano alcuni artisti no-global che portano avanti un’azione di riqualificazione degli spazi pubblici invasi da cartelloni pubblicitari, strappando manifesti e riducendoli a brandelli, perché li considera come pericolosi specchietti per le allodole per i ragazzi dei ghetti che sognano, illudendosi, una vita come quella della pubblicità. Questo movimento prende il nome di jamming.
Gli archetipi artistici della comunicazione pubblicitaria: la pubblicità ha mutuato dal mondo dell’arte iconologie di molte celebri opere, che nella mente del consumatore trasformano la bellezza, la celebrità, l’eternità dell’opera stessa in valori positivi di cui il prodotto si ammanta.
Alcuni esempi:
· Alleanza Assicurazioni- Il Quarto Stato (Pellizza Da Volpedo, 1901)
· Borotalco – Maestà Medievali
· Ferrarelle – Gioconda
· Mediterranea – Apollo e Dafne
· Vini Bolla- Ragazzo con cesto di frutta (Caravaggio)
· Cartier – Estasi di Santa Teresa (Bernini)
· L’Oreal – Composizione Astratta (Mondrian, 1921)
· Valentino – Cristo Morto (Mantegna)

CAPITOLO TERZO

PUBBLICITA’ E MUSICA.
In tutte le agenzie pubblicitarie l’idea musicale è un momento fondamentale per confezionare l’immagine del prodotto. La musica a supporto di un messaggio di vendita ha origini che si perdono nella memoria (venditori ambulanti che affollavano le strade delle società rurali che ancora oggi si possono trovare in regioni come la Campania e la Sicilia).
Il significato della musica è un esperienza interiore che un individuo realizza attraverso i suoi elementi specifici (melodia, armonia e ritmo), sia collegando gli elementi del linguaggio musicale con l’esterno, tramite l’associazione tra i suoni e la realtà circostante.
I linguaggi dello spot: sonoro-testo-immagini. Alla componente sonoro, oltre alla musica in senso stretto, appartengono tutti i suoni e rumori utili a rendere la scena narrativi simile al vero.
Sonoro è anche il registro testuale orale dei dialoghi e delle voci off. Esso contempla anche le parole cantate, usate frequentemente in pubblicità come bocy-copy musicale.
Dimensioni del suono: il suono si può distinguere in:
· Sonoro diegetico, è il segno sonoro (voci,musica,suoni,rumori) che proviene dagli agenti narrativi del racconto pubblicitario. Può essere visualizzato, acusmatico (fuori campo), alternato.
· Sonoro extradiegetico, si sovrappone alla scena risultando esterno ed estraneo quindi all’illusione di realtà che la finzione del filmato tende a ricercare (le voci off e le colonne sonore).
La funzione emotiva: riguarda la facoltà della musica di interessare lo spettatore, di carpirne l’attenzione e di predisporlo quindi a una visione attiva del filmato, con l’effetto complementare di alleviare la sensazione di fastidio che può scaturire dalla ricezione di un testo commerciale. La pulsione emotiva quindi riferisce a una pulsione sonora capace di interessare lo stato affettivo dell’uomo, accendendo sentimenti, sensazioni, idee, stati d’animo, predisponendo lo spettatore verso un’interpretazione precedentemente progettata.
La funzione di commento: la musica sostiene i significato paralleli che scaturiscono dall’enunciazione dei due registri complementari (testo e immagini), si parla in questo caso di testi sincretici (sporco-rumore/pulito-musica oppure racconto neutro-silenzio/momento topico-musica). Fondamentali sono quei segnali sonori che si accompagnano all’ultimo segmento temporale dello spot, utili preannunciarne la fine, forniscono un senso di arrivo e di definizione formale.
La funzione evocativa: la pubblicità a volte cita stereotipi musicali, estratti dalla memoria collettiva del suo pubblico, allo scopo di procurare informazioni sul luogo in cui si sviluppa la vicenda. Molte volte viene usata strategicamente la musica di genere (western, horror, etc.).
Per esempio la musica classica viene impegnata in funzione evocativa per sottolineare la qualità, il valore o la storia che una marca porta con sé.
La funzione identificativa: legata alla probabilità che la soudtrack dello spot sia riconoscibile e memorizzabile, sia che si tratti di musiche originali, jingle creati ad hoc, sia che riguardi musiche preesistenti: l’auspicio è che un tema musicale diventi con il passare del tempo il marchio sonoro di un’azienda.

CAPITOLO QUARTO

PUBBLICITA’ E SPORT.
I pionieri dello sponsor: Nereo Rocco fu il primo sportivo a fare uno spot televisivo. Erano gli anni ’60, quelli del boom economico. Era un allenatore che reclamizzava abiti della Facis ispirando lo slogan “Facis ha le misure per tutti”.
Alla fine degli anni ’70 Adriano Panatta, talento del tennis, prese il testimone lasciato idealmente da Rocco divenendo il testimonial della pubblicità di un deodorante. Quella reclame aveva anche una versione internazionale rappresentata da Pelè.
Successivamente altri calciatori hanno aperto la breccia: Dino Zoff, Sandro Mazzola, Paulo Roberto Falcao.
La pubblicità sostiene lo sport e lo condiziona: nel 1981, attraverso la legge 91, si sancisce il diritto delle associazioni sportive a perseguire uno scopo di lucro, fino ad allora poteva essere solo sportivo. L’effetto di tale cambiamento fu dirompente e provocò a catena altri cambiamenti tutti volti alla definizione dello sportivo professionista come di un creatore di eventi, un virtuoso dello spettacolo.
Nella stagione 1981-82, tutte le squadre di Serie A avevano impresso sulle maglie il nome di uno sponsor commerciale, che si affiancava con lo sponsor tecnico (scarpini, palloni, divisa
Etc,).
Pubblicità sportiva e televisione: la trasformazione delle società sportive in aziende che devono produrre profitti e non solo vittorie, conosce nel 1991 un passo importante: nasce Telepiù, emittente televisiva satellitare, che trasmise nel 1993 in diretta il primo posticipo nella storia del calcio italiano Monza-Padova. Telepiù e stream versano nelle casse della Lega 1278 milioni di euro per il triennio 1999-2002. A partire dal 2005 i diritti per la trasmissione televisiva delle partite di Serie A vengono acquistati da numerose emittenti: sky (fusione telepiù e stream), digitale terrestre di mediaset e la7, la tv via cavo di fastweb, etc.
David Beckham è oggi tra gli sportivi più pagati dagli sponsor, tanto che è divenuto un’icona pop. La popolarità e i guadagni di Beckham non sono direttamente proporzionali alle sue virtù pedatorie e questo lo rende forse unico nel panorama sportivo mondiale, dove la piramide gigantesca degli introiti di una star è frutto prevalentemente della maestria che quella star ha mostrato al mondo con le gesta e le imprese nel proprio sport.
Il Manchester United e Real Madrid hanno puntato su Beckham perché hanno così ampliato il proprio merchandising nel mondo anche grazie al ciuffo biondo e agli occhi belli di Beckham.
Marketing e olimpiadi: nel 1896 fu celebrata nello stadio di Pericle ad Atene la nascita dei Giochi Olimpici dell’era moderna (De Coubertin). L’edizione del 1932 (tenuta a Los Angeles) si può ritenere la prima ad aver beneficiato di una grancassa mediatica e di un apporto pubblicitario di una certa rilevanza. Ma sono le olimpiadi berlinesi del 1936 indette da Hitler le prime in cui il marketing abbia giocato un ruolo preponderante. Quelle olimpiadi furono le prime teletrasmesse. Come avevano già intuito gli antichi Romani, l’entourage di Hitler individuò nello sport un formidabile strumento di produzione del consenso popolare.
Le Olimpiadi da allora iniziarono a trasformarsi in una manifestazione atta a produrre risultati sportivi e investimenti pubblicitari, nella quale ogni impresa, ogni vittoria sul campo, sulla pista, o in palestra deve avere il conforto di un ritorno in termini economici-finanziari.
Il doping e lo sponsor: lo sponsor vuole vincere a tutti i costi, solo così garantisce investimenti consistenti, e allora per vincere tutto diventa lecito, l’etica e la lealtà appaiono inutili, e la macchna del profitto si mette in moto. Ed ecco come si spiega nella maggior parte dei casi il ricorso al doping.
Le Olimpiadi e la Coca-Cola: le Olimpiadi del centenario, quelle del 1996, che ogni persona di buon senso avrebbe assegnato ad Atene, laddove i giochi moderni avevano visto la luce, si decisero di tenere nella capitale della Georgia, per una lattina di Coca-Cola: il colosso multinazionale, che produce una bevanda divenuta un simbolo del ventesimo secolo ha in Atlanta la sua business home, ed al contempo uno degli sponsor più “affezionati” ai cinque cerchi.

CAPITOLO QUINTO

PUBBLICITA’ E POLITICA I ITALIA.
Il secolo della propaganda e della pubblicità: il XX secolo è stato definito il secolo della pubblicità. L’industrializzazione, con la conseguente crescita della capacità produttiva, creò il bisogno di indirizzare e incentivare la domanda verso quei beni prodotti in numero sempre crescente; la crescita di grandi aggregati urbani intorno alla città-fabbrica; l’innalzamento del reddito e del potere d’acquisto delle nuove masse di salariati.
Il XX secolo è stato anche definito il secolo della propaganda. La comunicazione ha assunto un ruolo molto importante per l’affermazione e la stabilità dei sistemi politici, tanto totalitari, quanto democratici: come nel campo delle transazioni commerciali la nascita di un mercato, incentrato su un’offerta abbondante e un pubblico di potenziali consumatori, aveva reso plausibile e necessario il ricorso alla pubblicità per consigliarlo e indirizzarne la domanda così, in ambito politico, l’allargarsi delle forme e dei numeri della partecipazione e un elettorato attivo sempre crescente comportò la necessità di “informarlo” e guidarlo tramite l’informazione politica.
I due concetti, propaganda e pubblicità, non sono intercambiabili: riguardano infatti due attività prossime per strumenti, tecniche e linguaggi utilizzati, ma ben diverse nella finalità e nell’oggetto del messaggio. la propaganda ha quale oggetto la promozione di idee, partiti, leader, e si fonda su ragioni politico-ideologiche.
In generale, è comunque possibile sostenere che nel corso del XX secolo nelle principali società industriali si è verificata una lenta ma progressiva convergenza dei mezzi, dei linguaggi, ed anche nelle tecniche di comunicazione utilizzati dalla pubblicità e dalla politica.
Fra dittatura e democrazia: lo sviluppo delle tecniche e degli strumenti di comunicazione di massa è un prerequisito essenziale alla moderna propaganda. Nei primi decenni del XX secolo la comunicazione si rivela un potente strumento a disposizione di governi, leader e partiti e, al contempo, un requisito essenziale della moderna politica. Per governare le nascenti società di massa diventa necessario comunicare. Una condizione nuova che accomuna i regimi totalitari e le moderne democrazie. Nei regimi la propaganda politica e quella commerciale hanno proceduto congiuntamente e molti degli annunci contenevano espliciti riferimenti ideologici e politici.
Nei paesi democratici, l’importanza che ha assunto la comunicazione e di conseguenza lo sviluppo e il controllo dei suoi strumenti non è da meno(USA, New Deal di Roosvelt).
Negli USA la politica ha individuato nella televisione lo strumento principale della comunicazione politica ed elettorale e ha adottato la forma più congeniale a quel sistema: lo spot. Così nel dopoguerra si iniziarono ad affidare ai pubblicitari anche le campagne presidenziali. È stato da questo momento sollevato un interrogativo: “è lecito vendere un presidente come una saponetta?”.
Pubblicità e politica in Italia: in Italia l’avvicinamento fra comunicazione commerciale e comunicazione politica, oggi pienamente compiuto, segue un percorso molto più lento e tortuoso. Ciò per tre motivi:
1. Alla fine della guerra l’Italia è un paese provato e la priorità politica è procedere alla ricostruzione.
2. Partiti radicati nel territorio, fortemente strutturati e animati dall’azione instancabile e volontaria di migliaia di militanti.
3. Diffidenza nei confronti della società dei consumi, promossi e incentivati dalla pubblicità, da parte delle due subculture principali del Paese, quella social comunista e quella cattolica.
Negli anni ’60 la Democrazia Cristiana ricorre alla comunicazione per tentare un vero e proprio riposizionamento della propria immagine (La DC ha vent’anni!).
Forza Italia, movimento politico che Silvio Berlusconi fonda nel1994, è il primo caso di organizzazione politica ideata, comunicata e proposta, esattamente come un prodotto commerciale. Il nuovo partito non si forma nelle piazze o nelle sezioni, tradizionali luoghi dell’aggregazione e della partecipazione alla politica, ma negli uffici marketing di Rti, nelle stanze degli istituti di ricerca, negli uffici di pubblicità80.
l’importanza conquistata della comunicazione è diventata tale da modificare le strutture dei partiti e le loro gerarchie interne (staff e consulenti) da incidere sul percorso di selezione e formazione del personale politico: a criteri quali fedeltà, appartenenza e preparazione sono sovente anteposti valori quali popolarità, telegenia, medianicità. Come si comunica è importante quanto ciò che si comunica.
Il quadro normativo: si è sviluppato il dibattito sulla regolamentazione della comunicazione politica. Oggi la comunicazione dei partiti è quasi totalmente affidata alla forza divulgatrice dei grandi mezzi di comunicazione: giornali, radio, televisione, internet. Alcuni pubblici, altri privati. Alcuni a pagamento, altri no. A queste condizioni l’accesso diventa una risorsa importante ai fini degli esiti elettorali e l’esistenza di regole chiare e valide per tutti, un requisito essenziale.
Le premesse necessarie per lo sviluppo della comunicazione politica e delle campagne elettorali, sono l’art 21(esprimersi liberamente) e 49 (associarsi in partiti liberamente) della costituzione. Fino al 1960 in Italia non è stato possibile usufruire dei mezzi pubblici per lo svolgimento delle comunicazioni elettorali.
La legge n. 212, del 1956 fissa le norme per la disciplina della propaganda elettorale: la legge non si occupa di un eventuale impiego della tv per la comunicazione politica, ma stabilisce limiti e divieti relativi all’affissione di manifesti e giornali murali che deve limitarsi agli spazi consentiti, prendendo in considerazione anche l’esposizione di striscioni.
La legge n. 81 del 1993 tenta, in gran ritardo, di regolamentare il fenomeno dello spot politico a pagamento (che ha fatto la sua prima apparizione in Italia nel 1979), tre i punti principali:
1. Parità di accesso agli spazi di propaganda in base a condizioni e tariffe fissate dal Garante e dalla Commissione di vigilanza sui servizi radiotelevisivi.
2. Divieto di ospitare in periodo elettorale candidati o rappresentanti dei partiti o di giunte in trasmissioni di intrattenimento, culturali e sportive, limitandone la presenza alle trasmissioni d’informazione.
3. Divieto negli ultime trenta giorni di campagna elettorale di ogni forma di inserzioni pubblicitarie su quotidiani e periodici, nonché di spot pubblicitari, ad esclusione degli organi di partito.
La legge 515 del 1993 ribadisce che negli ultimi trenta giorni di campagna elettorale è vietata la partecipazione a programmi televisivi e radiofonici che esulano dal genere dell’informazione.
Il decreto legge del 1995 (decreto Gambino) introduce una distinzione tra propaganda elettorale (l’esposizione sulla stampa e nelle trasmissioni radiotelevisive delle caratteristiche oggettive e soggettive delle linee e dei programmi dei soggetti politici) e la pubblicità elettorale (messaggi brevi diffusi tramite inserzioni sulla stampa e spot radiotelevisivi che hanno finalità promozionali).
Mentre la propaganda è consentita, la pubblicità elettorale è ammessa solo nei quindici giorni precedenti l’inizio della campagna elettorale, e vietata nel mese precedente le elezioni.
Una sentenza della Corte Costituzionale del 1996 reintroduce la possibilità di trasmettere spot a pagamento per le consultazioni referendarie.
La legge n. 28 del 2000 nota come par condicio stabilisce che in periodo elettorale per le tv e radio nazionali pubbliche e private sono ammessi solo messaggi politici autogestiti gratuiti, offerti in parità di condizioni, ma la Rai ha l’obbligo di trasmetterli. La tv e le radio locali che accettano di trasmettere messaggi gratuiti, che saranno rimborsati dallo Stato, possono anche trasmetterne a pagamento con uno sconto del partito del 50%.
Pubblicità e politica in Europa: i quadri normativi relativi alla regolamentazione della pubblicità politica ed elettorale sui mezzi d’informazione dei maggiori paesi dell’UE:
· Non esiste un modello universale, l’ordinamento normativo di ogni paese è il frutto di una serie dei variabili.
· In ogni paese europeo sono stati introdotti provvedimenti in vario senso riconducibili alla volontà di regolamentare la comunicazione politica.
· A livello generale l’indirizzo assunto dai legislatori è stato verso una stretta regolamentazione della materia.
· Nella maggioranza dei paesi europei (Spagna, Portogallo, Francia, Germania, Regno Unito) gli spot politici a pagamento e la pubblicità elettorale in periodo di campagna elettorale sono vietati sia sulle emittenti pubbliche, sia su quelle private. L’accesso ai candidati avviene attraverso la concessione di spazi gratuiti o spot gratuiti, secondo criteri che variano da paese a paese.
Spagna: legge organica di regime elettorale generale 1985, stabilisce che possono essere usati i mezzi di comunicazione di titolarità pubblica per la campagna elettorale (spazi gratuiti e ripartiti tra le forze politiche in misura proporzionale ai voti riportati da ogni partito nella tornata elettorale immediatamente precedente), i programmi di propaganda non hanno forme prestabilite, non è possibile acquistare spazi a pagamento di pubblicità elettorale, ripartisce i tempi per i partiti e le coalizioni.
Francia: la legislazione francese disciplina in modo diverso l’uso dei mass media a seconda del tipo di elezione, ogni tipo di elezione prevede un differente tipo di soggetto considerato titolare di un diritto di propaganda, è vietata la pubblicità politica a pagamento, gli spazi concessi ai contendenti sono gratuiti sulle reti pubbliche e ripartiti sotto la supervisione del CSA o “Consiglio Superiore Audiovisivo” dotato di poteri rilevanti e unici in campo sia pubblico che privato questo organo rappresenta una delle autorità amministrative più interessanti del panorama europeo.
Germania: la disciplina sulla propaganda e la pubblicità elettorale non è stabilita da un’unica legge a la normativa in questione può essere rinvenuta in una pluralità di fonti. La legislazione tedesca non prevede una netta differenza tra propaganda elettorale e pubblicità, così come non vi è una norma esplicita sulla durata della campagna elettorale. Le emittenti, sia pubbliche che privata, durante la campagna elettorale hanno l’obbligo di concedere ai partiti spazi gratuiti che ogni forza politica può gestire autonomamente, previa parità trattamento ma il diritto di accesso è modulato secondo l’importanza dei partiti. La pubblicità politica a pagamento è vietata.
Regno Unito: Political Parties, Election and Referendum Act del 2000 ha legiferato ex novo sulla propaganda elettorale a livello nazionale. La regolamentazione complessiva del pluralismo politico è affidata a OFCOM, l’Autorità per le telecomunicazioni, che è responsabile della definizione delle regole e degli standard relativi alla campagna elettorale per tutti i mezzi di comunicazione audiovisivi terrestri, con l’eccezione della BBC il servizio pubblico inglese che si avvale di un codice di autoregolamentazione. Gli annunci radiotelevisivi politici si dividono in due tipologie: i Party Election Broadcast, diffusi unicamente in periodo di campagna elettorale, ed i Party Political Proadcast, trasmessi in ogni periodo dell’anno. A ogni partito è attribuito un numero di spazi, massimo 5, in funzione dei numeri di seggi per i quali ogni partito compete e della forza politica dimostrata nella precedente competizione elettorale. È vietata durante la campagna elettorale la trasmissione di spot di propaganda elettorale a pagamento sia nelle emittenti pubbliche che in quelle private.

PARTE TERZA: pubblicità e media

CAPITOLO PRIMO

PUBBLICITA’ E MANIFESTO.
Struttura del manifesto, i quattro elementi fondanti: il manifesto può essere di diverse dimensioni che possono oscillare tra la misura minima di 1 metro per 70 centimetri e quella massima di 3 metri per6 metri. Il manifesto, posto lungo la strada o sui mezzi di trasporto, è un medium che “si vede da lontano”, ha una fruizione rapida ed è diretto a persone in movimento, i tempi di lettura devono essere molto veloci, giusto il tempo di uno sguardo.
La struttura del manifesto si compone di quattro elementi:
· La headline
· L’immagine
· Il body-copy
· Il pay-off
L’insieme di queste parti costituisce il messaggio pubblicitario, l’idea creativa che deve essere trasmessa al target.
Headline: linea di testa, è la frase più importante della comunicazione, è il titolo è lo slogan del manifesto. Attraverso u preciso gioco basato sull’ambiguità linguistica, deve riuscire a sollecitare la curiosità di chi legge, colpendone l’immaginazione. Il titolo deve essere molto breve, leggibile, di grandi dimensioni, in modo da poter essere letto con una sola occhiata. Un headline si rivolge direttamente a un determinato target, e lo fa a livello di contenuto del messaggio e a livello del registro linguistico utilizzato: perché ciò avvenga si usa sfruttare il modo di esprimersi di quel particolare gruppo di soggetti a cui la comunicazione è diretta, il suo universo di significati, ma anche il suo modo di pensare e di vivere.
Immagine: è la parte del manifesto che, messa in relazione con le parole dell’annuncio, permette al messaggio di prendere una forma compiuta: seppur non cambia il significato della comunicazione, il contenuto del messaggio visivo, aggiunge sfumature di significanti differenti a seconda della tecnica utilizzata per produrre l’immagine.
Nel manifesto l’immagine gioca una duplice funzione: quella di rappresentare il prodotto e quella di dare di questo una visione creativa, che colpisca lo spettatore. Anche l’iimagine di un manifesto deve essere scelta in base al target di riferimento.
Body-copy: è il corpo del testo, che raccoglie le indicazioni suggerite dalla headline e le esplicita in un testo più ampio per arrivare a concludere con le qualità e i benefici offerti dal prodotto pubblicizzato. Il ruolo del body-copy deve essere quello di agganciare, comunicare e chiudere.
Il body-copy comunica il prodotto.
Pay-off: marchio o logo dell’azienda, il cui ruolo è quello di chiudere la comunicazione. Il pay-off è quella brevissima frase che firma la chiusura del messaggio pubblicitario. Il fulcro è l’aziende a cui il prodotto appartiene.
La storia del manifesto: il manifesto nasce con l’accezione di “rendere pubblico”(insegne dei negozi che mostravano che cosa venisse venduto in quel particolare negozio. Solo nel 1450, anno dell’introduzione della stampa a caratteri mobili da parte di Gutemberg, si assiste ad una netta cesura con il passato: iniziarono a circola i primi periodici, e nel ‘600 venne pubblicata la prima pubblicità sui giornali, l’annuncio di un medico che pubblicizzava le sue cure.
Il manifesto pubblicitario così come lo intendiamo oggi (volontà di persuadere e convincere la possibile clientela a servirsi in quel periodo prodotto o negozio) inizia a dominare la scena urbana con l’ascesa della borghesia, a cavallo tra XVIII e XIX secolo, quando l’industrializzazione di molti processi produttivi ha trasformato la produzione da artigianale a industriale, creando un mercato più ampio per i nuovi prodotti e un maggiore numero di prodotti per il mercato.
Il manifesto così ha iniziato ad imporsi come mezzo primario della nascente comunicazione di massa, ed è stata la principale forma di comunicazione pubblicitaria prima dell’avvento della radio e della televisione e gli autori dei cartelloni illustrati erano dei grandi artisti.
Nel dopoguerra il manifesto esprime sempre di più i nuovi valori della società e la nascita della seduzione dell’oggetto: ha inizio il consumismo. Gli anni ’50 e ’60 sono segnati quindi dai manifesti dedicati ai nuovi consumi, costruiti secondo i nuovi linguaggi pubblicitari, in cui fa scuola la lezione della pubblicità americana. Sono questi gli anni in cui fanno la loro comparsa i primi slogan per conquistare la fiducia e l’attenzione del consumatore.
Il manifesto come arma ideologica: la diffusione del manifesto illustrato di propaganda trova la sua faser di diffusione iniziale durante la Prima Guerra Mondiale, in concomitanza al crescente bisogno di mobilitazione politica della popolazione. Il manifesti furono cos’ utilizzati dalle classi dirigenti come strumento del consenso come veicolo della propaganda politica.
Il regime fascista utilizza linguaggi grafici diversi a seconda delle necessità comunicative, col fine dichiarato de raggiungere e avvicinare al “credo fascista” la popolazione intera.
Il manifesto pubblicitario oggi, tra Oriente e Occidente: negli ultimi anni è emerso in forma sempre più consistente quanto i Paesi mussulmani siano diventati ormai, nel panorama globalizzato della società del Terzo Millennio, importanti e strategici mercati di consumo. Questa è una delle ragioni per cui si sta assistendo ad una rapida crescita della cosiddetta “finanza islamica”. Il rispetto delle leggi del Corano guida gli atteggiamenti e i consumi della popolazione dei Paesi mussulmani, e così è necessario che le aziende occidentali che intendono avventurarsi in questi nuovi mercati approntino una strategia di marketing ad hoc:
· La pubblicità non si deve “farsi notare a tutti i costi”, non deve sbalordire, divertire, stimolare, me deve informare in modo veritiero, diretto e gentile.
· Riportare una terminologia religiosa, volta ad assicurare i consumatori sulle virtù e sull’integrità islamica dei prodotti.
· Una figura di donne fortemente stereotipata, la rappresentazione di una donna forte e intraprendente non esiste ancora sui manifesti mussulmani.
· Non usare nessun riferimento alla sfera della sessualità
· Non è consentito sfruttare il meccanismo del “materialismo terminale” (ovvero riuscire a portare il potenziale consumatore ad apprezzare un prodotto solo come oggetto in sé stesso, una pratica consumistica il cui fine ultimo è quello di possedere l’oggetto a tutti i costi).
· Nelle zone più conservatrici non è permesso mostrare il viso e gli occhi al di fuori delle mura domestiche (i pubblicitari usano così gli occhiali da sole e immagini con occhi chiusi).
· La nudità è proibita sotto ogni forma.
· Proibita l’allusione a streghe, maghi, vampiri o alieni.
· Sui manifesti non si possono mostrare né alcol né droga (solo per una campagna denigratoria).
· I cani sono considerati sporchi e impuri e sono quindi esclusi dall’essere ritratti sui manifesti o nelle pubblicità.
· Le crociate hanno lasciato una ferita profonda nella psiche degli arabi e così ogni simbolo che sia a forma di croce può essere considerato offensivo ( in oriente per questo non esiste il simbolo della Croce Rossa sostituito da una Mezza Luna rossa).
Le nuove frontiere dell’advertising urbano: negli ultimi anni il medium manifesto ha subito una forte concorrenza da parte degli altri mezzi di comunicazione, in particolare da parte della radio, della televisione e in misura maggiore da internet. Perciò il manifesto ha dovuto far fronte alla concorrenza da parte degli altri media e ha introdotto delle novità nell’ambito dell’affissione urbana per rendere più appetibile per i committenti la scelta per questo medium:
· Il manifesto sulle facciate dei palazzi (1997 a Londra), spesso restauri edilizi finanziati attraverso le affissioni pubblicitarie (15% per edifici privati, 25% per edifici pubblici)
· La cartolina pubblicitari, in Italia la cartolina illustrata ha fatto la sua prima comparsa nel 1896 in occasione delle nozze dei principi Savoia. Oggi la cartolina viene utilizzata come un manifesto in miniatura.
· Il Fillboard, annunci pubblicitari veicolati sugli erogati delle pompe di benziana. L’utente mentre fa benzina non può che osservare la pistola erogatrice.
· L’affissione di manifesti sui mezzi di trasporto come autobus, tram e metropolitane. È di due tipi: l’affissione esterna e l’affissione interna.
· L’evoluzione del manifesto in schermo al plasma, schermo che proietta in tempo reale gli indici economici e i notiziari televisivi, il tutto sponsorizzato da loghi onnipresenti.

CAPITOLO SECONDO

PUBBLICITA’ E CARTA STAMPATA.
L’evoluzione della pubblicità sui quotidiani dagli anni Settanta ad oggi: la sopravvivenza dei giornali dipende in grandissima parte dalle inserzioni pubblicitarie. Oggi sono aumentati gli spazi disponibili sui giornali così come sono cambiati i prodotti reclamizzati, è cambiato l’uso del linguaggio e si è incrementato l’utilizzo di immagini.
Negli anni Settanta la pubblicità ha dovuto affrontare in tutti i paesi industrializzati grandi difficoltà (causa crisi petrolifera del 1973), ci si batteva in quegli anni contro il consumismo sfrenato e la pubblicità era tra i nemici numero uno: è la pubblicità ad indurre il pubblico a spese futili ed irragionevoli. Così la campagne pubblicitarie divennero sobrie, serie, corte. Spesso l’immagine mancava del tutto, era la parola la vera protagonista. In questi anni ciò che conta è presentare il prodotto nel modo più funzionale possibile. La maggior parte degli annunci si presenta con lunghe headline e test, sembrano articoli di quotidiani travestiti da pubblicità. Non vengono usate molte figure retoriche, solo la ripetizione o le enumerazioni trattandosi di testi molto descrittivi. Manca la scenografia.
Negli anni Ottanta l’immagine diventa essenziale negli annunci pubblicitari, la parola passa in secondo piano. Gli annunci degli anni settanta con le sole foto dei prodotti sono superate: ora deve esserci un contesto, una storia, una qualsiasi relazione con il mondo reale. Si assiste ad una piena assoluzione della pubblicità, ciò si evince dal linguaggio utilizzato: informale, sicuro di sé, amichevole ed ammiccante. È il momento dell’impatto, della visibilità e della prepotenza.
Negli anni Novanta grava in Italia una pesante recessione economica e di conseguenza gli investimenti pubblicitari vengono ridotti. Il prodotto di marca è in forte discesa (fioriscono gli hard-discount). Si assiste ad una sorta di “ritorno al prodotto” alla sua funzionalità. Le headline cercano di indirizzare l’attenzione sulla convenienza. I visual sono soggetti a minimalismo e sobrietà.
Dal 2000 la pubblicità in tv diventa invadente, ovunque si adopera l’inglese. La pubblicità sui quotidiani tende a stabilire con l’universo delle comunicazioni di massa livelli sempre più elevati di citazione reciproca: numerose pubblicità sui quotidiani non sono altro che meri fotogrammi estrapolati da qualche spot del momento. Foto spettacolari, ironiche, esplicite. L’uso della parola sembra sepolto. Gli anni novanta hanno come protagonisti i cellulari, banche, computer.
Come si realizza una pubblicità su carta: dal layout al lettore consumatore: vi sono cinque considerazioni da tener presenti nell’elaborare un layout su carta stampata:
1. Equilibrio: la disposizione degli elementi così da ottenere una distribuzione o impressione visiva piacevole.
2. Contrasto: l’impiego di svariate dimensioni, forme, densità, e colori per aumentare il valore d’attenzione e la leggibilità.
3. Proporzione: il rapporto tra gli oggetti e lo sfondo e tra loro.
4. Movimento dello sguardo: il titolo, l’illustrazione e i segni d’identificazione, questo lo schema tipico.
5. Unità: le caratteristiche di equilibrio, contrasto, proporzione e movimento dello sguardo dovrebbero essere combinate così da creare unità di concezione, d’aspetto e di design nel layout.
All’interno di un’agenzia il copywriter è uno dei personaggi più importanti, le sue caratteristiche: una curiosità ossessiva verso i prodotti, verso la gente e la pubblicità, unno spiccato senso dello humor, la capacità di scrivere buona prosa per i media stampa e dialoghi naturali per la televisione, una potente abilità nel visualizzare i concetti.
Pianificazione pubblicitaria: i lettori di solito guardano l’illustrazione, l’headline e infine il testo. Pertanto i diversi elementi vanno messi in quest’ordine: l’illustrazione in alto, headline sotto l’illustrazione e testo sotto l’headline.
Come si comporta il consumatore: il consumatore mediamente cerca il modo di evitare la pubblicità, cambia canale oppure salta con l’occhio gli annunci in un giornale o in una rivista.
Il consumatore oggi è un esperto nell’uso delle tecniche di selezione per filtrare i messaggi che riceve. Dei mille messaggi quotidiani, un consumatore normale arriverà a ricordarne con precisione tre. Ogni messaggio che riceviamo non è un segnale isolato, nel momento in cui lo percepiamo si mescola immediatamente con le nostre conoscenze, esperienze e opinioni, diventa una nostra conoscenza, che può essere molto diversa da ciò che qualcuno aveva intenzione di dirci.
Tipologie degli spazi pubblicitari cartacei: la forza persuasiva di un’inserzione è strettamente relazionata a:
· La specificità, la pubblicità deve essere strettamente in linea con la tipologia di utenti che leggono il giornale.
· Il livello di dettaglio, un approfondito report sulle specifiche tecniche del prodotto in esame può essere più convincente di un messaggio laconico o approssimativo.
· Il posizionamento e le dimensioni, ogni inserzione ha i suoi costi, pur se decisamente più elevati, quelli delle pagine di copertina sono un migliore investimento.
Il target principale di riferimento è costituito da un pubblico adulto di opinion leader, cioè persone che per cultura e per posizione sociale sono in grado di anticipare ed influenzare il territorio nazionale.
I vantaggi del testo sul web:
· Ipertestualità
· Testo aperto soggetto a modifiche
· Print on demand
Web o pubblicità su carta? La pubblicità sui giornali rende pochissimo meglio un report una giuda gratuita sul settore magari messo su un sito internet. Questo tipo di comunicazione richiede competenze specialistiche, di redazione, impaginazione, pubblicità e logistica.

CAPITOLO TERZO

PUBBLICITA’ E RADIO.
Le prime forme di pubblicità radiofonica: nel 1926 la URI (successivamente EIAR e nel dopoguerra RAI) fondò la SIPRA con lo scopo di reperire ulteriori finanziamenti attraverso la reclame. Le prime pubblicità radiofoniche si caratterizzavano per il loro carattere locale, in cui abbondavano forme dialettali, un linguaggio laconico, sintetico, teso ad escludere divagazioni e in rima. Fase di rodaggio che durò fino agli anni Trenta, quando anche in Italia fu introdotta la sponsorizzazione dei programmi seguendo l’esempio americano. Le pubblicità divennero sempre più complesse, assunsero la forma di piccole sceneggiature e si legarono a formule innovative, come i concorsi a premi: con i Quattro Moschettieri (1934) la reclame radiofonica colse il più grande e stereotipato successo. La trasmissione, che consisteva in un adattamento libero e fantasioso del romanzo di Dumas, era accompagnata da un concorso a premi che consisteva nella raccolta di figurine contenute nelle confezioni della Buitoni-Perugina.
In quello stesso decennio la pubblicità radiofonica sperimentò anche la potenzialità del sonoro attraverso l’uso della musica e dei rumori che accompagnano i testi, al fine di facilitare la memorizzazione e suscitare suggestione e verosimiglianza attraverso l’evocazione di situazioni e di ambientazioni note o particolari (sigle e jingle).
La pubblicità radiofonica dopo l’avvento della televisione privata: all’inizio degli anni ’80 la pubblicità in Italia cominciò una crescita determinata dall’avvento della televisione privata nazionale. In questo contesto la radio veniva spazzata dalla concorrenza del piccolo schermo.
Tuttavia in questi anni la radio si è dimostrata un tramite privilegiato, e per certi aspetti unico, verso una fascia di mercato e di nicchie di pubblico pregiate ma sfuggenti: tutte persone che la sera non restano a casa e sono piuttosto indifferenti alla televisione. Per questo la radio oggi sta vivendo una valorizzazione sensibile da parte degli utenti pubblicitari interessati a raggiungere quella fascia di consumatori.
La trasformazione della radio con l’avvento di internet: con l’avvento di internet, i costumi e i modi di fare radio cambiano notevolmente: una radio trasmessa via internet per ora non ha bisogno di licenze , né di autorizzazioni, evita ogni censura, non deve fare i conti né con l’Ordine dei giornalisti, né con i sindacati, e va in diretta in tutto il mondo.
Uno dei casi più incredibili di pubblicità in radio per i siti internet è il fenomeno di “Sitiallaradio.it”. nasce nel 2003 e permette di muoversi attorno ad un sito web al di fuori del contesto di internet, e da la possibilità di rivolgersi ad un pubblico radiofonico fatto di ascoltatori affezionati, con cui la radio ha consolidato nel tempo un forte rapporto di fiducia. “Sitiallaradio.it”dopo quattro anni, è in grado di programmare una campagna pubblicitaria radiofonica dedicata alla promozione di siti web e di eventi on-line in onda su emittenti locali legate al territorio nazionale.
Da tutto ciò si intuisce quanto la radio si faccia contaminare dalla nuove tecnologie: il protagonista indiscusso di questo processo è il lettore mp3, seguito dal satellite e dal telefono cellulare.
Gli orari, le abitudini delle platee radiofoniche: si sente la radio per scelta, perché piace, e relativamente ai formati comunicativi che ad essa sono più congeniali. La radio deve esprimere lo spirito del suo tempo e c’è una caratteristica che nella conformazione di un palinsesto radio non può mancare: il flusso o meglio la rotation, non è il pubblico a doversi adeguare ad orari precisi, ma è l’emittente a dovergli venire incontro ripetendo la programmazione in cicli periodici.
Dal 1983 l’ascolto della radio, prima stagnante, ha cominciato a crescere con un exploit in occasione della Guerra del Golfo in cui evidentemente la radio ha mostrato ancora una volta le sue potenzialità informative in tempo reale. L’ascolto radiofonico , nella giornata, ha un andamento complementare alla visione televisiva. Le ore del primo mattino sono le più pregiate, l’informazione con cui si inizia la giornata è sempre quella radiofonica, in casa o in auto. Successivamente il ciclo vitale della radio, nella giornata, coincide con quello della attività e del lavoro. Molto significativa è anche la quota d’ascolto che si svolge in automobile: dal 1998 il canone autoradio è stato abolito.
La radio si conferma il mezzo della popolazione attiva, dei giovani, della gente in movimento.
L’evoluzione della pubblicità sonora: oggi giornali radio, bollettini meteorologici, pubblicità e ogni intervento in voce acquistano lo stile informale, rullante, proprio della musica che accompagna e a cui spesso si sovrappongono. Scompare ogni figura di annunciatore, non è più un presentatore di canzoni, ma sempre più una voce caratteristica e distinguibile, un personaggio, una star, ma anche un amico, un consigliere.

CAPITOLO QUARTO

PUBBLICITA’ E TELEVISIONE.
L’Italia ai tempi della nascita della televisione: nel 1954 il piccolo schermo prende vita ed iniziano le trasmissioni della RAI. Ad aprire il palinsesto del primo giorno, alle 14e30, dopo una cerimonia inaugurale, sarà il programma Arrivi e partenze condotto da Mike Buongiorno. Nasce dunque la televisione, in bianco e nero, con un solo canale, il famoso Programma Nazionale (per la seconda rete bisogna attendere il 1961 e per la terza il 1979) e con poche ore di trasmissione quotidiana.
L’assetto monopolistico della Rai durerà fino agli anni ’70, quando arriverà la concorrenza privata.
L’obiettivo della Rai d’allora era “Informare. Educare. Intrattenere.”si tratta perciò di una televisione pedagogica, che informa e intrattiene gli spettatori, puntando anche a colmare quel grave stato di analfabetismo e arretratezza culturale in cui versa buona parte della popolazione. Poco a poco però la televisione oltre che maestra ed educatrice si rende guida al consumo, che accompagna la società dell’arretratezza verso il boom economico. Così il veicolo per eccellenza di ottimismo economico diventa indubbiamente il Carosello, un vero e proprio spettacolo pubblicitario (fece la sua comparsa nel 1957 per sparire nel 1977).
I dirigenti Rai decidono di accordare uno spazio per la comunicazione pubblicitaria grazie alla prospettiva di maggiori proventi in grado di affiancare il canone, che risulta essere insufficiente per i costi del piccolo schermo. La Rai pensa ad un vero e proprio programma pubblicitario, della durata di dieci minuti, da mandare in onda tra il telegiornale della sera e l’inizio della prima serata televisiva (alle 20.50).
Le caratteristiche del Carosello: la scelta del nome viene attribuita a Marcello Soverati, l’allora direttore generale della Sacis. Il nome si rifà al dialetto napoletano, dove ha due diverse accezioni: identifica la palla di creta utilizzata in un antico gioco di origine araba, oppure un salvadanaio di creta. La sigla, sempre napoletana, si intitolava I pagliacci.
Il Carosello mostrava cinque scenette, ogni scenetta dura 135 secondi(2 minuti) ed è composta da due parti: il pezzo e il codino. Il primo corrisponde alla parte narrativa all’interno del quale non può comparire nessun riferimento alla marca del prodotto da pubblicizzare; mentre il secondo è la parte in cui si menziona, per un massimo di sei volte, il prodotto.
La Sacis si occupa di redigere un regolamento per la pubblicità del piccolo schermo:
· Il prodotto non può essere citato o indicato durante la parte di spettacolo, il pezzo. Ad esso è riservato solo lo spazio del codino, nel quale può essere menzionato un numero massimo di sei volte.
· Ogni scenetta può avere due passaggi, una prima messa in onda e una replica.
· Le aziende non possono pubblicizzare più prodotti contemporaneamente.
· Il costo era di 1.500.000 lire
· Le scenette non possono presentare tematiche che turbino il pubblico, che facciano riferimenti a vizi e disonestà
· Non si può fare riferimento ad alcuno adulterio
· Non è consentito rappresentare scene erotiche
· Non è consentito l’accesso alla pubblicità a beni di lusso quali crociere, gioielli e pellicce.
Molti grandi nomi del cinema, del teatro, della musica o proprio del piccolo schermo si rendono disponibili a realizzare gli sceneggiati pubblicitari, date le caratteristiche spettacolari e teatrali del programma (Luciano Emmer, Mario Soldati, Sergio Leone, i fratelli Taviani, Ermanno Olmi, Totò, Aldo Fabrizi Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello etc).
I personaggi animati del Carosello e il mondo dell’infanzia: sono le animazione e i personaggi dei cartoni i protagonisti di molti caroselli tra i più riusciti e cari al pubblico, non si possono dimenticare grandi disegnatori come Bruno Bozzetto, i fratelli Pagot, Osvaldo Cavandoli, Armando Testa etc. Tra i tanti personaggi si ricorda Topo Gigio, ideato da Didi Pérego e usato per la pubblicità dei Pavesini, e l’ippopotamo della Lines.
Il pubblico del Carosello: il Carosello si rivolge soprattutto alle donne, alle madri, e ai piccoli di casa.
Il linguaggio di Carosello e i suoi slogan: in un saggio del 1967 Tullio De Mauro si interroga sul grado di influenza della pubblicità nel linguaggio parlato dagli italiani, sul suo contributo all’unificazione della nomenclatura domestica. Carosello impone un suo linguaggio, una serie di termini e di slogan che si diffondono tra gli italiani, nel loro vivere di ogni giorno. A Carosello però si attribuisce anche il merito negativo di aver confuso gli italiani nell’uso corretto della lingua.
La fine del Carosello: il 1 gennaio 1977 va in onda l’ultima puntata del Carosello, ad aprire la sceneggiato(diventato di 6 caroselli) c’è lo sceneggiato pubblicitario che ha come protagonista Raffaella Carrà per il liquore Stock ’84: la celebre conduttrice televisiva diviene così il simbolo della chiusura del programma, il saluto d’addio a quelle storie e gag divenute le favole moderne dei bambini.
Le reazioni di chiusura di Carosello sono numerose. Si passa da toni malinconici all’entusiasmo per la chiusura di un programma che, attraverso intrattenimento e risate, inneggiava al consumismo.
Carosello è dunque visto come tenero e garbato educatore dei bambini italiani e degli adulti, creatore di sogni, di favole ed emozioni (Enzo Biagi), ma anche come mistificatore della realtà, sovversivo e affabulatore(Ferdinando Camon e Padre Enrico Baragli).
La Rai decide di chiudere un programma tanto amato e seguito perché le agenzie manifestano il desiderio di nuovi spazi pubblicitari, per una pubblicità più dinamica, rapida e meno costoso rispetto agli sceneggiati di Carosello. Siamo poi negli anni della rottura del monopolio, con il conseguente ingresso delle reti commerciali nel settore televisivo, che possono contare solo sugli introiti pubblicitari. Infine anche la politica ha contribuito alla fine del Carosello, si ritiene infatti che l’insediamento dei socialisti all’interno della seconda rete, alla guida del Tg2, abbia favorito la fine del Carosello, poiché troppo forte, troppo dannoso per il secondo canale.
A seguito di questa chiusura si riscontrarono notevoli danni a discapito degli addetti al settore, di tutti i creativi e degli operatori legati alla realizzazione degli sceneggiati pubblicitari.
Gli anni della Neotelevisione: con la conclusione della stagione del Carosello, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, ci troviamo d’innanzi all’avvento della cosiddetta Neotelevisione. Tale espressione viene utilizzata per la prima volta da Umberto Eco per descrivere il mutamento del sistema televisivo italiano, nella sua programmazione, nei suoi generi e nel suo rapporto con il pubblico.
Novità tecnologiche e di programmazione: tali novità consistono nel telecomando e nel videoregistratore e in generale ad un aumento degli apparecchi domestici, alla moltiplicazione dei canali legati alla nascita delle emittenti private, al sorprendente fenomeno pubblicitario, ma anche all’aumento dei tempi di trasmissione sino alla copertura delle 24 ore giornaliere e alla sempre più evidente concorrenza televisiva tra emittenti private e concessionaria del servizio pubblico. Inoltre durante questa fase di transizione tra il vecchi e il nuovo assetto televisivo (dalla Paleotelevisione alla Neotelevisione), fa il suo ingresso il colore, nel 1975.
Nuovi generi televisivi: si sviluppano programmi misti, ibridi, nati dalla commistione di diversi generi, che finiscono col determinare altri del tutto nuovi o rinnovati.
Nascono:
· L’infotaiment, informazione e intrattenimento
· Il docu-drama, documentario e dramma uno sceneggiato ispirato ai fatti reali
· L’edutaiment, educazione e intrattenimento
· Il reality show
· La tv verità
Anche i generi tradizionali vengono rivisti, modernizzati, sciolti da quella rigida programmazione caratterizzata da un’evidente finalità pedagogica. Dai generi si passa ai metageneri, ampie partizioni tematiche che contengono una trasfigurazione e composizione dei generi tradizionali: una televisione generalista, che cerca alternando i programmi e i temi più vari di raccogliere in ogni momento la più alta percentuale di pubblico, per poterla vendere più efficacemente ai pubblicitari (si va verso il modello americano della tv commerciale).
Un nuovo rapporto con il pubblico: nell’epoca della paleo televisione erano i dirigenti Rai che decidevano cosa il pubblico dovesse vedere. Con l’avvento della neotelevisione il rapporto tra emittente e destinatario muta: l’emittente cerca un dialogo con il pubblico, si rivolge ad esso con tono confidenziale, amichevole (Maurizio Costanzo Show, Stranamore). Al pubblico viene datya la possibilità di interagire con l’emittente attraverso le chiamate in diretta, il televoto o la partecipazione ai giochi a premi e quiz. Il telespettatore può anche intervenire fisicamente nel programma, come presenza in studio o narrando le proprie esperienze, la propria quotidianità. Il pubblico sarà il protagonista indiscusso degli anni Novanta e del Duemila (Grande Fratello). Il pubblico passa da consumer a consumer-prosumer (consumatore che produce).
La nuova pubblicità televisiva: tutti questi mutamenti riguardano e influenzano il mondo pubblicitario: si registrano nuove modalità espressive a livello pubblicitario.
Nascono gli Spot televisivi, dei brevi filmati pubblicitari di 30 secondi che puntano a comunicare il prodotto, che diventa perciò l’elemento principale. Gli spot possono anche non avere una struttura narrativa definita a favore di una rapidità e di una ricchezza visuale.
Viene istituita dalle emittenti pubbliche e private, insieme ai pubblicitari, la società l’Auditel s.r.l., con lo scopo di consentire una corretta pianificazione pubblicitaria tra le varie reti, senza una dura lotta. Tale società si pone il compito di rilevare in modo imparziale e obiettivo i dati relativi all’ascolto televisivo nazionale.
Tracce di Carosello negli spot televisivi: la chiusura dello storico programma non ha interrotto il flusso creativo e narrativo che si è generato con esso. Pubblicitari hanno infatti iniziato, pur mantenendo un linguaggio e delle caratteristiche moderne, dinamiche, a proporre degli spot seriali, delle brevissime scenette a puntate, il cui collante è ovviamente il prodotto da reclamizzare. Sono nati così gli spot “on the road” (Clio, Telecom Italia, Vodafone, Wind, Tim, Lavazza etc.)
I Sit-Spot. La serialità comica della pubblicità: nel giugno 2007 la Repubblica ha dedicato una pagina agli spot seriali, quelli che hanno come protagonisti dei comici o dei personaggi che si lasciano andare a brevi sketch spiritosi, i cosiddetti Sit Spot chiamati così perché si avvicinano sempre più alle sit-com.
Gli odierni sit-spot non si possono associare del tutto alle scenette caroselliane, me degli elementi ricorrenti ci sono:
· Attori celebri
· Mancata connessione tra il racconto e il prodotto (pubblicità “Buonasera” della Fiat)
· Decisione delle Lavazza di reintrodurre, in chiave moderna, i personaggi di Carmencita e Caballero (con l’agenzia Testa).
· Campagne che durano anni
· Gli spot d’autore, grandi registi o giovani talenti emergenti si confrontano spesso con i “30 secondi o i 60”(Martin Scorsese., Spike Lee, Francis Ford Coppola, Roman Polanski, Wim Wenders, Federico Fellini, Giuseppe Tornatore, Gabriele Salvatores, Gabriele Muccino, Ferzan Ozpetek).

CAPITOLO QUINTO

PUBBLICITA’ E CINEMA.
Il film che arriva nelle sale cinematografiche pronto per essere fruito da pubblico e critica non è solo ciò che alcuni definiscono “lo specchio” della cultura di un paese, un’opera d’ingegno, ma è anche un prodotto commerciale di intrattenimento che deve essere venduto e, per questa ragione, deve essere preceduto da accurate analisi di mercato e da attenti studi affinché gli sia garantito il posizionamento e la maggiore comunicazione pubblicitaria, proprio come avviene anche per gli altri generi di prodotti destinati alla vendita.
Inoltre è necessario illustrare come la pubblicità si rapporti all’universo cinematografico e alle particolari pratiche che lo animano: il product placement, quel particolare tipo di comunicazione al pubblico che un tempo veniva chiamata “pubblicità occulta” nei film.
La distribuzione cinematografica, i film si fanno pubblicità: la versione finale del film viene consegnata al distributore, il soggetto responsabile della commercializzazione del “prodotto film”
Attraverso molteplici canali nei diversi paesi. La distribuzione cinematografica non si limita alla gestione fisica dei supporti ma è anche e soprattutto la gestione commerciale dei contenuti: gestione di un catalogo di titoli da commercializzare sul mercato primario (cinema) e sui mercati secondari (televisione, home video, dvd). Le Majors sono quelle imprese di distribuzione che possono vantare un catalogo di titoli molto ampio e diversificato, a differenza delle altre case di distribuzione, le case indipendenti, con cataloghi ristretti e specializzati.
Le imprese di distribuzione devono definire per ciascun film una strategia di distribuzione e una strategia di comunicazione che garantiscano la più ampia visibilità e la migliore vendibilità del prodotto.
Strategia di distribuzione: si articola nelle decisioni relative alla schema di distribuzione (release pattern) nei diversi mercati: in quello primario, ovvero il numero di sale in cui far uscire il film e la data di uscita (release date) e in quello secondario. Il numero di copie della pellicola da riprodurre è strettamente legato al numero delle sale in cui il film verrà fatto uscire e viene scelto in base alla stima di incasso elaborata dal distributore. Il ciclo di vita di un film nelle sale è estremamente breve e il numero degli incassi generalmente segue un andamento declinante nel tempo.
La scelta della data di distribuzione è comunque sempre condizionata da fattori di stagionalità. I film destinati allo stesso target dovrebbero evitare di sovrapporre le proprie date di distribuzione.
La strategia di comunicazione: il distributore si occupa anche di elaborare e realizzare una strategia di marketing da attuare per la promozione del progetto.
Le fasi della strategia di comunicazione:
· Fase di pre-produzione, quando il film non è completato, vengono attivate delle particolari strategie per incrementare l’interesse del pubblico per il progetto e quindi aumentare le possibilità di successo: si tratta di ricerche di mercato e pubblicità. Viene definita e pianificata la strategia di marketing.
· Fase di produzione, si realizzano gli strumenti che serviranno alla commercializzazione del film: trailer che saranno proiettati nei cinema.
· Fase dedicata alla creazione dei materiali per le pubbliche relazioni: pubblicista e fotografo, pacchetto informativo per la stampa e il “dietro le quinte” con foto sul set.
Uno degli aspetti centrali della strategia di comunicazione attuata per il lancio di un film è la definizione dei messaggi da comunicare al pubblico di potenziali consumatori attraverso la campagna pubblicitaria. Il ruolo dell’impresa di distribuzione nelle campagne pubblicitarie ha subito delle profonde modificazione nel tempo. In un primo periodo il nome e la reputazione del distributore del film potevano valere da certificato di garanzia della qualità del prodotto, dal momento che il settore non poteva cantare una così ampia differenziazione. Successivamente il prodotto cinematografico si è differenziato cancellando la certificazione di qualità svolta dal nome del distributore e trasferendola all’esterno del processo produttivo del film: alla critica specializzata o a un attore un regista che possono essere considerati garanzia per un prodotto di qualità.
Per pubblicizzare un film è possibile far leva su alcuni elementi di sicuro richiamo, come la storia narrata, gli attori che compongono il cast o anche le tecniche di realizzazione del film o che sia un sequel di un prodotto già realizzato e di successo.
L’efficacia delle campagne pubblicitarie: il successo finale di un film è determinato da fattori difficilmente controllabili, tra i quali ricopre un ruolo fondamentale lo scambio di informazioni e suggerimenti sulla visione o meno da parte degli spettatori, il passaparola tra il pubblico.
La strategia messa in atto dalle Major: insieme alle campagne pubblicitarie, anche il passaparola tra gli spettatori e le recensioni redatte dai critici di settore costituiscono altri importanti veicoli di comunicazione (elementi segnaletici del prodotto).
· Le imprese di distribuzione ritengono di poter, almeno in parte, governare tali processi e per questa ragione, spesso, scelgono per il lancio di un film alcune sale da prima visione nel centro della città, ritengono che il passaparola potrebbe avere una maggiore e più rapida diffusione a partire da queste sale.
· La partecipazione della pellicola a Festival, in queste occasioni il giudizio della critica influenza il consumo di film (ma critici e pubblico possono avere giudizi convergenti).
· Slancio commerciale, questo processo consiste nello sfruttamento di un iniziale livello di riconoscibilità del prodotto che va ad aumentare via via che il processo prosegue, portando ulteriori ricavi di vendita che, a loro volta, mettono a disposizione nuove risorse finanziarie da investire nella promozione del prodotto in modo da aumentare ancora l’interesse del pubblico e continuare così ad innescare il processo virtuoso di aumento degli introiti.
Il piano media: stabilisce la strategia scelta per il lancio di un film attraverso l’individuazione degli obiettivi, dei canali e degli strumenti da impiegare e, soprattutto, dei mercati da servire.
Il compito del piano media è quello di acquistare spazi pubblicitari che garantiscono la più ampia visibilità al “prodotto film”. Il piano media non copre i costi per la creazione e la realizzazione della pubblicità relativa al film, ma quelli relativi alla sua distribuzione attraverso gli spazi pubblicitari. Il piano media punta a creare la cosiddetta aspettativa.
La pubblicità di un film si articola in diversi modi sui principali mezzi di comunicazione: carta stampata, manifesti, televisione, radio e internet.
Strategia articolata in tre fasi:
1. Concentrare la pubblicità sul mezzo televisivo
2. Aumentare la visibilità del film accompagnando l’avvicinarsi della data di uscita con spot pubblicitari in televisione e in radio e garantendo la partecipazione del cast ad eventi televisivi speciali, a programmi d’informazione e a rotocalchi televisivi.
3. Durante la settimana dell’uscita del film nelle sale, la pubblicità tiene vivo l’interesse del pubblico attraverso iniziative a mezzo stampa su quotidiani nazionali e locali e anche sui periodici: intervista al regista e al cast, articoli sui film e servizi fotografici che appaiono sulle riviste.
Si può quindi affermare che il livello di investimento nella distribuzione di un film è in funzione del periodo di uscita del film, del costo di produzione del film stesso e della concorrenza che il prodotto si troverà ad affrontare nelle sale in quel dato momento.
Strumenti e formati della pubblicità cinematografica: i due strumenti principali della pratica per promuovere un film sono:
· La locandina, uno stampato pubblicitario di grande formato, collocato abitualmente presso le sale cinematografiche o nei normali spazi di affissione pubblicitaria per promuovere i film. Generalmente nella locandina sono rappresentati il titolo del film, seguito da una tagline, una breve frase ad effetto che riassume il senso o il tema centrale del film e i volti degli attori di maggior richiamo del cast. Le locandine più riuscite possono entrare nell’immaginario collettivo del pubblico e arrivare a far identificare un film tanto quanto gli attori e una colonna sonora memorabile.
Anni ’40 e ’50 il colore predominava, anni ’60 e ’70 vengono rappresentati personaggi preferibilmente disegnati e sotto forma di caricature, anni ’80 ancora locandine illustrte con disegni, anni ’90 le composizioni fotografiche con le immagini degli attori, anni 2000 si sono diffusi i teaster poster che si limitano ad un’immagine ben riconoscibile e alla data d’uscita del film.
· Il trailer, breve filmato che ha una durata variabile di pochi secondi in cui sono montate alcune scene salienti o le più spettacolari del film con lo scopo di incuriosire il pubblico nei confronti della storia narrata, del cast o degli effetti speciali utilizzati per la realizzazione della pellicola. Il trailer ha lo scopo di colpire il più sicuro dei target: quello seduto in una sala cinematografica. Trailer deriva da to trail “seguire a breve distanza”.
Il primo trailer attestato nelle storia del cinema è quello del film The Adventures of Kathlyn di Gardon nel 1913.
Anni ’40 e ’50 i trailer sono costruiti sulla base dell’enfasi passionale della voce fuori campo, che coniuga il racconto delle azioni e delle passioni vissute dai personaggi del film con il coinvolgimento dello spettatore, anni ’60 il trailer comincia ad essere commissionate alle agenzie pubblicitarie che lavorano sulla riconoscibilità e il posizionamento del prodotto filmico, anni’70 e ’80 ritorno alla citazione dove prevale la voce off e i filmati promozionali cambiano durata (sempre più brevi, 90 secondi) e collocazioni I trailer fanno la loro comparsa anche sulle videocassette.
Il trailer è riuscito a mantenere una propria specificità narrativa e cinematografica grazie alla sua potenziale flessibilità, elemento caratterizzante di come viene strutturato il trailer.
I trailer diffusi su internet, dove le spese sono minime, possono durare anche due minuti.
I trailer oggi vengono costruiti come discorsi persuasivi che creano delle aspettative: l’evento film una sorta di film del film.
La pubblicità nei film, il product placament: letteralmente “collocamento del prodotto”, è una tecnica di comunicazione commerciale attraverso cui l’immagine di un prodotto viene collocata in modo apparentemente casuale all’interno di una o più scene di un film, come forma di pubblicità da parte di una azienda che eroga alla produzione del film un corrispettivo negoziato e formalizzato in un contratto, con accordi e reciproci diritti e doveri, nel quale è inserita anche la regolamentazione nell’utilizzo di merchandising e licensing del prodotto. Il product placament è una pratica recente che fa la sua prima comparsa negli anni ’80. La principale differenza tra questa forma di promozione e la pubblicità diretta consiste nel fatto che il product placament viene realizzato senza finalità divulgative, ma in modo che il prodotto da pubblicizzare sembri parte integrante del film in cui viene posizionato, entrando a far parte della sceneggiatura: molte decisioni creative fondamentali alla produzione cinematografica oggi vengono gradualmente sottratte al regista per essere affidate ai responsabili di marketing. Il product placamento assicura la ricezione del messaggio da parte del consumatore (evitando lo zapping) e trasferisce al prodotto annunciato dei valori propri dei personaggi dei film.
Pubblicità occulta e sua regolamentazione: il Decreto legislativo n.28 del 2004 del Ministro Giuliano Urbani per i Beni e le Attività culturali regolamenta il product placament. In Italia questa forma di pubblicità fino a poco tempo fa era vietata come “pubblicità occulta”, ma con questo decreto che riformato il finanziamento pubblico del settore cinematografico, anche nel sistema italiano è stato introdotta la possibilità per le aziende di sponsorizzare i propri prodotti all’interno di film.
Il product placament non è da considerare una forma di pubblicità occulta o ingannevole perché non induce il consumatore in errore sulla vera natura del messaggio e grazie agli annunci all’inizio e alla fine della pellicola, lo spettatore viene informato dalla presenza non casuale di marchi e/o prodotti nel film.
Il nuovo finanziamento pubblico è basato sul “reference system” e concede sostegno, sulla base di meccanismi automatici, allo sviluppo della cinematografia, della produzione e della distribuzione fino anche alle sale cinematografiche. Il finanziamento viene erogato sulla base di precise referenze: qualità dei film recentemente prodotti, stabilità dell’attività e capacità commerciale dimostrata, ma anche la qualità dei contributi artistici e tecnici. Per accedere ai contributi bisogna essere iscritti ad un Elenco.
Il ruolo del product placament in tutto ciò è fondamentale per incrementare i finanziamenti: la crescita del product placemet è destinata sorpassare in modo significativo quella dei più tradizionali investimenti pubblicitari e di marketing.
Il pubblico cinematografico italiano riconosce i marchi integrati nei film e dichiara di non essere disturbato dalla presenza di brand nella quasi totalità delle pellicole indicate.

CAPITOLO SESTO

PUBBLICITA’E INTERNET.
Breve storia di internet: internet nasce come ARPANET, una rete di computer costituita negli USA nel 1968 dall’ARPA che decise di sviluppare un progetto che conferisce agli elaboratori elettronici la capacità di comunicare e trasferire dati. Nel 1969 ci fu il primo collegamento da computer a computer attraverso una comune rete telefonica.
Nel 1973 venne messa per iscritto la struttura internet e fu istituito il progetto del primo protocollo di trasmissione dati tra reti di computer che, quattro anni dopo, consentì di realizzare il definitivo standard su cui ancor oggi opera Internet: il protocollo Tcp/Ip.
Nel 1983 il Dipartimento della Difesa Statunitense divise ARPANET in due sezioni: MILNET per scopi unicamente militari e ARPA-INTERNET utilizzata esclusivamente per la ricerca accademica. Fu creata una nuova rete Nsfnet.
Nel 1990 si ebbe la vera rivoluzione: venne messo a punto il protocollo http ed una prima specifica del linguaggio HTML, sulla base del http venne creato un sistema per la condivisione di informazioni di ipertesto che diede corpo al World Wide Web: si dà il via all’espansione della Rete su scala mondiale.
Oggi diversi studi sulle abitudini dei cittadini dimostrano che internet rappresenta quasi un quinto del tempo dedicato ogni giorno ai media, sostituendo i giornali nella ricerca di informazioni e sottraendo tempo significativo alla televisione.
La peculiarità della pubblicità online e la sua affermazione: l’advertising online viene attivato in genere “on demand”su richiesta dell’utente che, tramite dei link pubblicizzati, viene attirato all’interno della Rete, ma conserva una sua discrezionalità. Inoltre i costi di gestione sono molto contenuti e c’è la possibilità di aggiornamento in tempo reale delle campagne.
La visualizzazione e la gestione delle campagne online è affidata a sofisticati sistemi software: gli Adserver.
Le sue funzioni:
· Selezione dei tempi in cui visualizzare i messaggi pubblicitari
· Selezione dei siti Web in cui inserire gli annunci e del posizionamento migliore all’interno delle pagine
· Selezione della tipologia di advertising da utilizzare
· Definizione di “filtri” per evitare la visualizzazione dell’annuncio sponsorizzato in determinate occasioni
· Geo-targhetizzazione delle campagne pubblicitarie, cioè selezione di una determinata nazione o regione in modo da fare comparire agli annunci solamente in corrispondenza di utenti di quelle specifiche zone geografiche.
· Offre all’azienda una serie di dati di riscontro sul’andamento della campagna consentendo, tramite statistiche e reporting consultabili in tempo reale, di valutare in maniera costante il return of investment
Le forme dell’advertising online: esistono diverse forme di pubblicità online che permettono di applicare differenti tecniche per ottenere diversi effetti comunicativi.
Le principali tipologie di cui si possono avvalere gli inserzionisti sono:
· Il Promotion Marketing Online, improntato su modalità di comunicazione di tipo push, le offerte vengono inviate direttamente sullo schermo dell’utente per spingerlo a cliccare e visualizzare l’annuncio. Tra gli strumenti del Promotion Marketing Online troviamo: il Banner, ideato nel 1995 è la più nota forma di spazio pubblicitario su Internet ed è stato il primo strumento di advertising sulla rete. È una striscia pubblicitaria di varie dimensioni, posizionata generalmente in testa ad una pagina Web, che riporta nome, logo o immagine dell’azienda inserzionista con l’obiettivo di attirare l’attenzione dell’utente indicandogli teoricamente ciò che troverà cliccandoci sopra. Gli inserzionisti potranno decidere di avvalersi di Banner statici o di Banner animati, Rich Media (elementi multimediali fortemente interattivi, l’evoluzione tecnologica del Banner), Pop-up/Pop-under (pop-up è una pagina o finestra web che viene lanciata automaticamente ogni volta che l’utente accede a un sito, pop-under invece la finestra contenente il prodotto o servizio da pubblicizzare appare successivamente appena l’utente chiude una pagina web appena visitata), interstitial (è la pubblicità online che più si avvicina allo spot televisivo. È posto nel momento dell’accesso di un sito Web e consiste nel far apparire automaticamente sul computer dell’utente u breve messaggio pubblicitario programmato per durare il tempo necessario a scaricare la pagina web in questione), sponsorizzazioni (consistono nell’associare il brand o il prodotto /servizio di un’azienda ad un sito Web).
· E-mail Marketing, indica l’insieme delle attività che utilizzano la posta elettronica per veicolare campagne pubblicitarie rivolgendosi, con messaggi mirati e personalizzabili, ad un target preciso individuato dall’azienda. Possono essere: Direct e-mail marketing (consiste nell’invio di messaggi pubblicitari con contenuto promozionale ad indirizzi e-mail di utenti che ne abbiano fatto esplicita richiesta), newsletter advertising (offrono alle aziende la possibilità di comunicare in forma diretta con utenti interessati a determinati argomenti), Digital Coupon (sono la versione digitale dei buono sconto cartacei e possono essere veicolati si Internet in diversi modi). L’attività di E-mail Marketing hanno lo svantaggio di scontrarsi con un’opposizione ferma da parte del fruitore, si definisce Spamming l’invio, attraverso l’email, di grandi quantità di messaggi indesiderati.
· Search Engine Marketing, la pubblicità sui motori di ricerca indica quell’insieme di strategie che un’azienda deve adottare per raggiungere un buon posizionamento in corrispondenza delle ricerche degli utenti e ottenere così il maggior numero di visite possibili. Il vantaggio di questo tipo di pubblicità è che risulta contestuale alla richiesta espressa dal navigatore nel campo di ricerca e in tal modo l’inserzionista può contare su un target di riferimento qualificato e interessato al contenuto degli annunci (modello Keyword). I pricipali prgrammi sono: Overture, Google Ad Words e Yahoo! Search Marketing.
· Contextual Advertisiong, quando la pubblicità viene visualizzata in base al contenuto della pagina Web, in modo automatico o semiautomatico. Questa innovativa tipologia di Pubblicità Online permette agli inserzionisti di inserire annunci pubblicitari su una vasta gamma di siti Web affiliati al programma di Contextual Advertising.
· Advergame, il gioco della pubblicità cioè i giochi applicati alla pubblicità, in particolare l’utilizzo di videogame interattivi attraverso i quali promuovere campagne pubblicitarie online e realizzare il sogno ambizioso di creare un messaggio promozionale puntando al divertimento.
Pay per performance e il problema del Click Fraud: oggi il sistema di pagamento della comunicazione pubblicitaria su internet è basato sul Pay per performance, che include tutte le attività di advertising che consentono di pagare solamente in base ai risultati generati. In questo modo la pubblicazione della campagna sui siti internet non comporta nessun costo fisso per l’azienda che si promuove poiché tutta la spesa di advertising dipende dall’attività svolta dagli utanti.
Le possibilità offerte agli inserzionisti dai differenti modelli di Pay per Performance sono essenzialmente tre:
· Pay per Click, il costo sostenuto dall’inserzionista è determinato dal conteggio dei click che l’annuncio riceve.
· Pay per Lead o Pay per Contact, l’azienda paga il sito che espone i propri link sponsorizzati esclusivamente per i contatti registrati, cioè solamente quando l’utente effettua una determinata azione come la compilazione di un questionario o l’iscrizione ad una newsletter.
· Pay per Sell, l’inserzionista paga solo nel momento in cui l’utente effettua l’acquisto effettivo di un bene o servizio dell’azienda sponsorizzata.
Il Click Fraud: fenomeno identificato come uno dei maggiori problemi delle campagne pubblicitarie online, per esempio può accadere che un Web bot venga impostato per fare click su un link sponsorizzato oppure un concorrente si metta di persona a cliccare su quel link per innalzare vertiginosamente la spesa dell’inserzionista senza produrgli alcun vantaggio in termini di visibilità.
Il futuro della pubblicità su internet: la pubblicità online dopo il boom avuto negli anni ’90 è entrata in profonda crisi (Spamming). Inoltre è un errore considerare la pubblicità online un’alternativa a quella tradizionale, mentre le campagne pubblicitarie più interessanti e più performanti sono quelle costruite in modo da utilizzare contemporaneamente diversi media.

CAPITOLO SETTIMO

PUBBLICITA’ E TELEFONIA MOBILE.
Breve storia dell’evoluzione della comunicazione mobile:
· Prima generazione di telefoni cellulari, seconda metà degli anni ’80 e si basava su un sistema detto TACS (Total Acces Comunication Sistem) che utilizzava ancora tecnologie analogiche con una scarsa qualità sonora e un’inefficiente copertura del territorio (non consentivano nessun tipo di comunicazione al di fuori dei confini nazionali italiani).
· Seconda generazione, all’inizio degli anni ’90 con il GSM che segna il passaggio dal sistema analogico a quello digitale, consentendo l’integrazione di voce e dati in un’unica tecnologia con un notevole potenziamento dei servizi, rendendo possibile non solo la comunicazione vocale, ma anche lo scambio in forma testuale e l’accesso al mondo dell’informazione e dell’intrattenimento. Le novità più importante di questo secondo periodo sono gli SMS e l’introduzione del WAP(navigazione in internet con i cellulari) che ha rappresentato il primo passo per trasformare il cellulare in uno strumento di accesso ai dati contenuti in Rete e per la fruizione di servizi Internet.
· Seconda generazione e mezzo (definita così perché fase intermedia dell’evoluzione della Telefonia Mobile), alla fine degli anni ’90 per potenziare il GSM venne sviluppato il sistema di trasmissione dati GPRS che si basa sulla trasmissione dati attraverso la commutazione di pacchetto. Tale sistema permette agli utenti di accedere ai servizi in maniera più efficiente (supportando il trasferimento di dati non solo vocali e testuali, ma anche immagini, pagine Web e suoni) e in modo continuativo.
· Terza generazione, tappa finale della Telefonia Mobile nel 2002 costituita dall’introduzione della tecnologia UMTS (Universal Mobile Telecomunication Sitem) che è strettamente legata all’ingresso sul mercato dei primi smartphone e dei palmari. L’UMTS permette una comunicazione mobile a banda larga offrendo una connessione dati ad alta velocità, ma anche un supporto per applicazioni avanzate come l’accesso a Internet alle massime prestazioni e i servizi di streaming video/audio. Il servizio tecnologicamente più innovativo introdotto dall’UMTS è costituito dalla video-telefonia, ma anche il servizio multimediale MMS (messaggi multimediali costituiti da testo, immagini, audio o filmati) che può essere considerato come l’evoluzione naturale del servizio SMS.
La pubblicità della telefonia mobile e le sue caratteristiche: oggi il cellulare è diventato un medium indispensabile (3 miliardi di cellulari nel mondo alla fine del 2008). Il cellulare è uno strumento elettronico multimediale. Oltre ai miglioramenti della comunicazione privata, la Telefonia Mobile può rappresentare una vera e propria rivoluzione della comunicazione d’impresa: il cellulare è un oggetto personale che ci accompagna in ogni momento della giornata e offre alle aziende la possibilità di contattare milioni di utenti in mobilità.
Con il Mobile Advertising si possono raggiungere gli utenti con costi contenuti, in qualsiasi momento e per le più svariate finalità:
· Promozioni: invogliare l’acquisto di un prodotto o servizio offrendo uno sconto o dei vantaggi specifici agli utanti.
· Brand awareness: comunicare un brand, un prodotto o un evento rafforzando l’identità del marchio.
· Concorsi: realizzare concorsi ideati appositamente per la promozione di un prodotto o di un brand.
· Ricerche di mercato: effettuare ricerche di mercato su target specifici tramite meccanismi interattivi di risposta vocali o via SMS/MMS.
Il Mobile Advertising consente anche la selezione approfondita dei destinatari a cui inviare il messaggio: è possibile profilare il target con un altissimo livello di dettaglio, selezionando gli utenti sia per interessi di riferimento, sia per caratteristiche socio-demografiche. Tale profilazione deve essere effettuata nel rispetto della privacy (solo quando l’utente dà il consenso al trattamento dei dati personali preventivamente).
Le forme del Mobile Advertising:
· SMS/MMS Advertising, è la forma più diffusa del Mobile Advertising. Questa tipologia di pubblicità offre l’opportunità di indirizzare il messaggio ad un target selezionato e ottenere, tramite una comunicazione immediata, personalizzata e poco costosa, un livello di attenzione da parte del ricevente di alta qualità (le forma più utilizzate sono Il Direct SMS/Direct MMS oppure lo Sponsor SMS/Sponsor MMS).
La formula per cui l’utente riceve soltanto messaggi autorizzati viene definita opt-in, le aziende possono inviare messaggi soltanto previa autorizzazione espressa dal cliente. L’opt-out, è invece l’opzione per cui l’azienda può inviare messaggi promozionali agli utenti anche senza il loro assenso, salvo non replicarli più se riceve una nota di disdetta da parte dell’utente.
· Ricerca Mobile e Keyword Advertising, viaggia parallelamente a quella del Web. I maggiori motori di ricerca su Internet (Google e Yahoo) hanno implementato in poco tempo la versione “mobile” dei loro motori di ricerca, offrendo agli utenti la possibilità di effettuare ricerche direttamente dal proprio cellulare. Sia Google che Yahoo hanno da poco inaugurato programmi di Keyword Advertising che offrono la possibilità di inserire annunci pubblicitari in appositi spazi posizionati accanto ai risultati naturali delle ricerche effettuate da dispositivi mobili (la visualizzazione degli annunci è legata a determinate a determinate parole chiave selezionate dall’inserzionista e il loro posizionamento dipende sia dall’entità di investimento dell’inserzionista, sia dal numero di click ricevuto dagli utenti).
· Bluetooth Advertising, diffuso a partire dal 2006. Grazie ad un piccolo dispositivo, che prende il nome di BlueSpot, inserito all’interno di manifesti pubblicitari, nelle fermate degli autobus o in appositi acces point, è possibile scandagliare l’area circostante fino a circa 100 metri, individuare tutti i cellulari, palmari o dispositivi elettronici dotati del protocollo bluetooth e contattare quelli attivi. Il Bluespot quindi, previa accettazione dell’utente, provvede a inviare automaticamente il contenuto pubblicitario che può consistere in semplice testo, ma anche immagini, brani audio, filmati o addirittura videogame sponsorizzati. La gestione della campagna di Bluetooth Advertising è affidata ad un Content Management System, un sofisticato programma software, che permette di selezionare le operazioni di base e di svolgere funzioni più complesse rispetto al semplice invio di messaggi. Il primo vantaggio del Bluetooth Advertising è rappresentato dai costi contenuti (l’invio dei singoli messaggi non comporta alcuna spesa per l’azienda) che rendono il sistema conveniente non solo per le multinazionali, ma anche per le piccole imprese.
Nuovi modelli di business e prospettive per il futuro: il Mobile Advertising resta una forma pubblicitaria relativamente giovane, i primi casi risalgono al 2002. Tuttavia è solo nel 2005 che si sono create le basi per un reale sviluppo del settore grazie ad un numero sempre maggiore di utenti in possesso di un dispositivo mobile in grado di connettersi a Internet e di usufruire dei servizi multimediali. Infatti con la diffusione dell’UMTS su scala mondiale e la possibilità di integrazione con gli altri media, sarà possibile in un prossimo futuro diffondere veri e propri spot pubblicitari interattivi via cellulare. Il Mobile Advertising in questo senso potrebbe rivestire un ruolo fondamentale nel successo delle nuove applicazioni multimediali come la TV sul telefonino, infatti i consumatori non sono disposti a pagare per contenuti che possono vedere gratuitamente da casa e inserire spot all’interno delle trasmissioni della Mobile Tv potrebbe apparire come l’unica ancora di salvezza per questa innovativa tecnologia.
Nel Regno Unito nel 2007 è nato il primo operatore mobile al mondo a basare interamente il proprio business su servizi gratuiti in cambio di pubblicità: Blyk, si rivolge solo ad un pubblico giovanile (16-24 anni) che sia abilitato a ricevere messaggi multimediali. Secondo il modello di business adottato dalla società gli utenti, accettando di ricevere fino a 6 MMS pubblicitari al giorno, ottengono in cambio 217 messaggi e 43 minuti di chiamate nazionali gratuite al mese.

PARTE QUARTA: PIBBLICITA’ E ETICA

CAPITOLO PRIMO

LA PUBBLICTA’ SOCIALE. L’ANIMA DELL’ANIMA DEL COMMERCIO.
Oggi l’impiego della pubblicità per fini sociali appare radicalmente mutato, va notato, però, che a questa nuova vocazione della pubblicità non corrisponda ancora un’adeguata evoluzione delle tecniche di comunicazione specifiche. Fino ad oggi si è proceduto per incorporazione, estrapolando le conoscenze acquisite dell’area della pubblicità commerciale ed applicandole a quella sociale.
Per definire la pubblicità sociale è necessario fare riferimento ad altri concetti ad essa strettamente legati:
· Marketing sociale, l’insieme delle strategie e delle tecniche del marketing volte a convincere un gruppo (target) ad accettare, modificare o abbandonare un comportamento in modo volontario, al fine di ottenere un vantaggio per i singoli individui o per la società nel suo complesso.
Il marketing sociale si differenzia profondamente da quello commerciale per valori e finalità: nel marketing commerciale si ricerca solo ed esclusivamente un vantaggio economico per chi vende, mentre, nel marketing sociale, l’obiettivo primario è ottenere un beneficio per i destinatari del progetto.
· L’oggetto della pubblicità sociale, il richiamo ad una costellazione di valori solidaristici, umanitari e civili. La pubblicità sociale può essere definita come l’insieme di quei comunicati che riguardano tematiche pubbliche, realizzati nell’interesse pubblico.
Ci sono poi quelle campagne nelle quali le aziende commerciali associano il proprio marchio a tematiche di rilevanza sociale, dalla tutela dell’ambiente alla lotta conto le discriminazioni sociali.
Si possono perciò definire come non commercial advertising gli annunci di enti di governo nazionale o locale, di organizzazioni religiose o benefiche, di gruppi politici, di associazioni di cittadini ed anche di società private in genere insomma: tutte quelle pubblicità con carattere extracommerciale.
I generi:
· Public service advertising, ovvero la pubblicità di pubblica utilità o di servizio pubblico e che coincide essenzialmente con la pubblicità sociale. Si tratta di comunicazione persuasoria che presenta come caratteristica saliente quella di fornire, nell’interesse collettivo, un’informazione imparziale (prevenzione degli incendi nei boschi, il risparmio energetico,l’uso moderato di bevande alcoliche, l’educazione della sicurezza statale, la lotta contro la criminalità, etc.).
· Advocacy advertising, nella categoria di comunicati definiti advocacy rientrano quei comunicati che vertono essenzialmente su temi controversi, proponendo e sottolineando un punto di vista sull’argomento (per esempio una campagna che miri a limitare la vendita e l’uso delle armi per scopo di difesa personale e polemizzi perciò con associazioni o gruppi che nella diffusione di armi vedono invece un legittimo ed opportuno mezzo di autotutela contro la criminalità).
I soggetti della comunicazione sociale in Italia:
· L’istituzione pubblica.
· Le organizzazioni no profit.
· Aziende private (la imprese profit oriented) , che sempre più spesso scelgono di associare il proprio marchio direttamente ad una causa di utilità sociale o ad una associazione no profit: cause related marketing (CMR). Gli elementi distintivi del CMR sono: 1. la donazione è subordinate all’acquisto di un prodotto o servizio da parte del consumatore, 2. vi è un accordo formale tra l’azienda e l’organizzazione no profit, 3. È uno strumento volto a raggiungere sia obiettivi nel breve periodo sia nel medio-lungo termine. I criteri più diffusi sono: 1. L’azienda dona l’intera ricavato delle vendite, 2. L’azienda dona una percentuale sulle vendite, 3. L’azienda aumenta il prezzo del prodotto e dona una percentuale aggiuntiva sulle vendite.
In Italia la categoria principale di prodotti a cui tali programmi sono associati è quella dei beni di largo consumo (caramelle Golia Bianca, detersivi Dash, pannolini Pampers etc.).
Il caso Pubblicità Progresso: all’inizio degli Anni ’70 Pubblicità Progresso era la risposta alle aspre critiche rivolte alla pubblicità, accusata di distorcere i consumi. In pratica si voleva mostrare il volto buono della pubblicità, ponendo le sue tecniche al servizio ella collettività. La Fondazione Pubblicità Progresso, che ha il merito di aver introdotto nel nostro Paese il concetto di comunicazione sociale, è un organismo istituzionale senza fini di lucro nato con lo scopo di contribuire alla soluzione di problemi morali, civili ed educativi della comunità, ponendo la pubblicità al servizio della collettività.
I temi e le campagne: i temi riguardano per lo più campagne a favore di particolari categorie svantaggiate. La scelta del tema da trattare nella singola campagna avviene in base a quattro requisiti elecati dallo stesso Istituto:
1. Il tema deve essere di grande richiamo e d’interesse su scala nazionale
2. Il teme non deve avere carattere commerciale, né di tipo politico o confessionale
3. Il tema deve giustificare il ricorso alle tecniche pubblicitarie
4. Il tema deve essere condiviso e stimolare professionisti, media e imprese che investono in pubblicità, dai quali si attendono prestazioni professionali, contributi finanziari, spazi pubblicitari.
L’Istituto ha un vero e proprio valore sociale in quanto diffonde istanze eopzioni di valore che non trovano udienza in altri ambiti istituzionali.
Nel corso della sua attività Pubblicità Progresso ha realizzato più di 30 campagne: la prima risale al 1971 sulla rivista di SIPRA, una campagna a favore della donazione del sangue.
La storia dell’ Ad Council: l’Ad Coucil è la maggior produttrice di campagne di utilità sociale in America (a cui si è ispirata Pubblicità Progresso), è un’organizzazione che distribuisce gli annunci di pubblico servizio senza scopo di lucro e di agenzie del governo degli Stati Uniti. Nasce nel 1942, un anno dopo gli Stati Uniti entrarono in guerra così la prima campagna realizzata fu volta ad aiutare il governo americano nella vendita di buoni del Tesoro.
Nel 1950 le imprese televisive iniziarono a trasmettere i suoi messagggi.
Nel 1987 a capo della Ad Coucil fu eletta una donna Wooden, sotto la sua presidenza fu lanciato un progetto decennale per aumentare le conoscenze e per stimolare la gente a compiere azioni positive per migliorare il futuro dei bambini americani.
Dopo l’11 settembre produsse e veicolò messaggi per il popolo americano.

CAPITOLO SECONDO

PUBBLICITA’ ED ETICA.
La pubblicità è uno strumento di persuasione. Per poter attuare un simile processo di convincimento dello spettatore, la pubblicità si serve di alcuni strumenti, atti a generare delle aspettative da parte del pubblico e ad incidere così sulla sua percezione della realtà.
Tematiche ricorrenti negli spazi pubblicitari, quali quelle del benessere, della bellezza, del successo, dell’erotismo, della ricchezza o della famiglia, rappresentano solo alcune delle numerose leve utilizzate dai pubblicitari per attrarre l’attenzione del pubblico. Accanto a queste immagini “tradizionali”, vengono sempre più spesso presentate immagini ben più radicali, in cui emergono evidenti situazioni di violenza, di drammaticità estrema o di marcata ambiguità sessuale. Il tutto al solo scopo di colpire lo spettatore.
È evidente che, in quanto artificio persuasivo onnipresente all’interno del panorama mediatico, un cattivo uso della pubblicità pone una serie di rischi concreti rispetto ai suoi potenziali spettatori.
Numerosi studiosi hanno identificato molte conseguenze “non intenzionali” della pubblicità, che presentano ampie implicazioni sociali e culturali. Il fatto stesso di essere al contempo persuasiva e pervasiva rende la pubblicità altamente intrusiva e quindi pressoché impossibile da evitare. Inoltra la pubblicità può recare offesa o portare ad una svalutazione di alcuni valori di rilevante importanza sociale, quali la dignità della persona umana, la salute, il rispetto religioso, la tutela dei minori e dei più deboli in generale.
Da questa constatazione sorge il problema etico della comunicazione pubblicitaria.
Etica, diritto e pubblicità: la pubblicità ha bisogno di regole che l’aiutino a prestare un servizio di informazione pubblica positivo e produttivo, non teso ad ingannare gli spettatori o, ancor peggio, a manipolare le credenze, ma volto ad una persuasione positiva, che porti consapevolezza nel consumatore e una più libera concorrenza nel mercato.
Dove il diritto non può essere efficace in quanto strumento impositivo, l’etica può invece intervenire, in quanto categoria normativa fondata sulla responsabilità dell’essere umano rispetto alle conseguenze delle sue azioni e sul libero arbitrio dell’individuo.
È proprio dando vita a norme etiche che regolino le prassi e i contenuti dei messaggi pubblicitari che viene aggirato il rischio di dare carattere impositivo alla regolamentazione di una così sensibile fattispecie normativa (la pubblicità in quanto forma di comunicazione pubblica si rifà all’art 21 della Costituzione “tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero”).
L’atto di comunicare è la creazione di uno spazio comune, condiviso, della cui istituzione e del cui mantenimento gli interlocutori sono responsabili. Si tratta perciò della responsabilità di cui i singoli interlocutori della comunicazione pubblicitaria devono essere in grado di farsi carico rispetto alla loro libertà di scelta.
Gli effetti della pubblicità: la pubblicità produce effetti socioculturali al contempo volontari ed involontari. Effetti dannosi provocati da una pubblicità non responsabile:
· Inganno, effetto espressamente voluto e finalizzato a indurre il pubblico a decidere di compiere un atto economico che altrimenti non avrebbe motivo di essere compiuto.
· Offese, quando la pubblicità va a collidere con determinati valori e credenze, rendendo ancora più complessa la precisa determinazione di possibili abusi. Non sempre infatti si tratta di effetti volontari, quanto piuttosto può essere frutto di indifferenza.
· Pericoli, l’interpretazione letterale o realistica dei messaggi pubblicitari che induce ad imitare comportamenti rischiosi esibiti negli spot, soprattutto nel caso dei minori. Sono pericolose anche quelle pubblicità di articoli che possono comportare dei rischi per la salute.
Lo specchio deformato di Richard W. Pollay: la pubblicità può essere considerata come uno specchio, uno specchio che si avvicina alla realtà moltiplicando gli angoli di rifrazione di ogni evento e consentendo di coglierne le sfumature e le pieghe più nascoste.
Lo specchio può trasformarsi in un pericoloso fattore di distorsione, fino a produrre mondi fittizi. Questo tema è stato curato in modo particolare da Richard W. Pollay nel celebre saggio “Lo Specchio Deformato”. L’espressione deformazione viene utilizzata dall’autore per descrivere alcuni degli effetti socioculturali “non intenzionali” provocati dalla pubblicità che, andando ben oltre i confini dell’ambito economico, allarga l’esercizio della sua influenza anche su quello sociale. La pubblicità deforma la vita reale, rimodellandola secondo specifiche necessità commerciali.
I persuasori occulti di Vance Packard: Packard condanna senza mezzi termini il ricorso da parte dei pubblicitari a mezzi subdoli e immorali per riuscire a persuadere i propri recettori. La pubblicità, avvalendosi delle tecniche della psicoanalisi, minaccerebbe in modo subdolo ma scientifico la libertà di opinione e di scelta del pubblico, divenendo così un vero e proprio strumento di manipolazione.
Secondo Packard ci sono otto bisogni segreti che albergano nella profondità del nostro inconscio, di cui l’uomo è scarsamente consapevole e sui quali mira a far leva il messaggio pubblicitario.
1. Sicurezza emotiva: necessità di avere una garanzia di stabilità e sicurezza per la propria vita quotidiana.
2. Stima e considerazione: il tributo in termini di riconoscimento e apprezzamento che ognuno di noi si aspetta dagli altri.
3. Esigenze dell’ego: bisogno simile a quello precedente, è sull’esigenze dell’ego che secondo Packard si basa la maggior parte della pubblicità contemporanea.
4. Impulsi creativi: si basa sulla tendenza a voler essere in grado di porre qualcosa di sé in tutto ciò che compie, al fine di sentirsi, almeno in parte, artefice del proprio lavoro.
5. Speculazione sull’affetto: la pubblicità trova nell’affettività umana una leva essenziale per coinvolgere e per incidere con efficacia sulle credenze dei suoi spettatori.
6. Senso di potenza: necessità di poter aumentare la propria potenza o di renderla palese agli altri.
7. Legami familiari: la pubblicità vuole far leva su questo bisogno, ponendo il prodotto pubblicizzato come perno attorno a cui ruota la vita familiare.
8. Bisogno d’immortalità: la pubblicità a fronte di questo bisogno deve riuscire a ad eliminare i fattori legati al rapido passare del tempo e del dolore, rendendo lo spettatore ignaro e completamente disinteressato rispetto alla possibilità di una sua dipartita.
La manipolazione del consumatore: pubblicità come simbolo del capitalismo, capace di infondere nei suoi recettori i valori del consumismo e del materialismo e di creare falsi bisogni in grado di sostituire i valori e le relazioni umane più autentiche, promuovendo negli individui l’idea che la loro identità sia il risultato di quello che possiedono e consumano. La pubblicità propone infatti il consumo come risposta alle afflizioni, alle insicurezze e all’insoddisfazione, generando al contempo nuove forme di malcontento, di esasperazione e di infelicità.
Un consumatore maturo dovrebbe cercare nella pubblicità un aiuto concreto per effettuare le proprie scelte, non un aiuto per evadere dalla realtà.
Il condizionamento mediatico: la pubblicità esercita la sua influenza anche sugli stessi mezzi di comunicazione, orientandone l’organizzazione, le strategie ed i contenuti, grazie alla forza che le deriva dall’essere la loro principale fonte di finanziamento. Pertanto la risorsa pubblicitaria finisce per distorcere il ruolo media subordinandolo agli interessi del mercato, producendo un conflitto d’interessi tra comportamenti eticamente corretti e la massimizzazione del profitto.
L’opposizione sociale: No Logo: un forte giudizio di rifiuto nei confronti della pubblicità è emerso con la pubblicazione del celebre libro di Naomi Klein, No Logo. Le multinazionali pongono la qualità del prodotto in secondo piano a favore dell’immagine e della parola, privilegiando l’apparenza a danno della sostanza. La produzione dei beni viene pertanto dislocata nelle aree più povere del mondo, dove i costi sono ridotti e le regole sociali e i più elementari diritti umani possono essere facilmente elusi.
Oggi il marchio rappresenta il simbolo per eccellenza della globalizzazione (a cui si oppongono i no-global).
La chiesa e l’etica nella pubblicità: gli aspetti etici della pubblicità sono stati oggetto di una specifica trattazione in un documento emanato nel 1997 dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali, dal titolo Etica nella pubblicità.
Scopo del documento pontificio è quello di sottolineare i problemi etici legati agli abusi dello strumento della comunicazione pubblicitaria e di indicare i principi morali validi in questo campo.
A tal proposito vengono quindi elencati una serie di effetti dannosi causati da un uso negativo del mezzo pubblicitario: l’influenza corruttrice sulla cultura e sui valori, la promozione del consumismo, il possibile intralcio al processo democratico, l’esaltazione della violenza, le offese alla religione e alla morale, l’inganno e la manipolazione.
Prospettive future: Karl Popper e Hans Jonas: riferendosi agli effetti dannosi provocati dalla televisione, in tono provocatorio, il filosofo austriaco Karl Popper parlava della necessità di “una patente per poter fare tv”.
Il pensatore tedesco Hans Jonas parla invece di responsabilità, rispetto e paura altruistica, capace d portare l’uomo ad agire per assicurare l’integrità degli altri uomini.

PARTE QUINTA: ANALISI DEI CASI

CAPITOLO PRIMO

IL CASO MARTINI E ROSSI.
L’origine dello stile Martini: la nascita dell’azienda avviene a Torino nel 1863 con il nome Martini Sola e C. nella società fa parte anche un terzo socio destinato ad indirizzare tutto il percorso imprenditoriale, il liquorista Luigi Rossi. La società Martini Sola e C. si distingue per la produzione di un particolare liquore detto vermuth, una qualità di vino atomizzato secondo un’antica ricetta tedesca. Luigi Rossi fa trasferire la produzione in una nuova sede nel 1864 a Pessione: il piccolo paese si trova al centro della linea ferroviaria Trino-Asti-Genova, tra le colline di Monferrato, produttrici di vini, e genova, porta aperta verso tutti i mercati del mondo. A scelte strategiche va aggiunta l’ottima qualità del prodotto. Nel 1879 dopo la morte del socio Sola e C., la dicitura diviene Martini e Rossi. La diffusione del prodotto e del marchio Martini inizia proprio in questo periodo, sia a livello europeo che mondiale imponendosi con una cartellonistica che pubblicizzava il vermuth Martini, con presente sul marchio dell’epoca la definizione “prodotto confezionato per esportazione”, a sottolineare quanto fosse importante la prospettiva internazionale.
La cultura della comunicazione: la terza generazione della famiglia Rossi è quella che porta la società ad affrontare lì incontro con tutti gli avvenimenti della prima metà del Novecento, fra le guerre e l’introduzione di mezzi di comunicazione di massa quali la radio, il cinema e la televisione. L’atteggiamento della Martini e Rossi è particolarmente favorevole all’uso di tale strumenti per la sponsorizzazione di un marchio che nel frattempo si fa sempre più importante a livello internazionale: nel 1938 negli USA prende piede una serie di manifesti raffiguranti uomini di ceto alto intenti nel brindare con un prodotto Martini. Marcello Dudovich, tra i maggiori illustratori italiani del Novecento, firma nel 1918 uno dei manifesti più conosciuti, la “Dama Bianca”.
Sono gli anni della realizzazione delle opere sociali a favore dei lavoratori ma anche quelli della maggiore espansione e potenziamento dello stabilimento: nuove cantine, nuovi reparti, nuovi macchinari e una varietà di prodotti che passa da vermuth e vodka, dall’assenzio alla china, e altri liquori speziati. Martini riesce ad imporsi anche grazie alla Radio: dal 1936 ogni lunedì, venivano trasmessi i celebri concerti Martini (che durarono fino al 1964).
Gli anni ’50 segnano il rilancio della Martini e Rossi su tutti i mercati grazie all’introduzione delle più avanzate tecniche di organizzazione commerciale, la società sperimenta quell’atteggiamento che verrà poi definito “marketing del marchio”: ne sono un esempio le iniziative di comunicazione e di immagine che si susseguono negli anni del boom economico italiano. Si pensi all’ideazione delle Terrazze Martini, la prima a Parigi nel 1957, destinate a divenire un luogo di frequentazione fra quelle persone che con la loro presenza hanno dato un valore aggiunto allo stile Martini.
Le Terrazze sono l’emblema del personalissimo modo di comunicare dell’azienda. Pochi, ma importanti i fattori alla base del loro successo:
1. Un’azienda pienamente inserita nella vita sociale.
2. Uno spiccato interesse per la cultura.
3. Uno stile fatto di toni misurati, eleganti e cordiali.
All’apice del loro splendore le Terrazze erano otto in tutto il mondo: Parigi, Milano, Pessione, Genova, Bruxelles, Londra e Barcellona e una a San Paolo.
Il simbolo di uno stile ormai inconfondibile dell’azienda diviene Theo Rossi, il nipote di Luigi Rossi, con un alto livello di public relation. Theo Rossi diviene il precursore di un modo di fare elegante e distinto, in cui identificare anche il prodotto Martini ed il suo brand.
Martini inizia una campagna televisiva che da Carosello si è evoluta sino ai moderni spot pubblicitari. Il target viene modificato radicalmente a seconda del periodo in cui un determinato spot viene trasmesso.
L’era del Carosello: Martini era già un brand conosciuto quando inizia lo spot pubblicitario di Carosello. Il primo volto a cui Martini lega il suo nome è quello di Ernesto Calindri, che con l’attore Franco Volpi dava vita a varie scenette ambientate durante l’unificazione nazionale. Cilindri e Volpi erano due gentlemen a cui accadeva sempre qualcosa, niente che non potesse essere risolto con un sorso di China Martini. Il target era nazional-popolare, destinato cioè non ad una categoria in particolare di consumatori, ma all’intera comunità che alla sera si riuniva davanti agli apparecchi televisivi. Sono anni in cui non si può ancora mirare ad una particolare fascia di pubblico, anche perché la categoria di spettatori/consumatori è ancora tutta da creare. Per le aziende italiane lo scopo dei primi messaggi di Carosello è formare la classe dei consumatori.
Nel corso degli anni dalla China si passa a pubblicizzare altri prodotti, fra cui il più importante : il vermuth. Nel 1973 l’azienda fa il suo incontro con uno dei suoi testimonial più importanti, Ornella Vanoni, che fino al 1976associa la sua voce al marchio, attraverso un jingle che accompagnerà gli spot Martini fino agli anni ’80. Le due case pubblicitarie a cui il brand martini è legato sono l’agenzia Testa di Milano e la Statunitense McCann-Erickson.
Le nuove strategie di comunicazione anni ’80: al termine dell’era Carosello la Martini vuole che il suo brand diventi internazionale, glamour, elegante, etc. Si cerca di orientare il prodotto su un target più definito, quello dei giovani, ed anche il messaggio è più veloce, rapido, immediato.
La strategia è basata sull’uso continuativo di un brano musicale (Ornella Vanoni) e di uno slogan (Perché Martini è…), affinchè il consumatori li associ al marchio. Centrale in questi anni, in tutta la campagna promozionale Martini, il tema dello sport: un’attività sportiva sana ed elegante, in cui non compare minimamente la traccia del sudore.
Gli anni ’80 segnano una nuova tendenza visiva: le donne in tv iniziano a mostrare più parti del corpo, e con l’avvento delle tv commerciale arrivano in Italia programmi come Dive in o Colpo grosso. Anche il mercato pubblicitario non può esimersi da questa tendenza e la martini lancia una campagna in cui la protagonista è una bellissima ragazza che pattina per le strade di Beverly Hills, salendo sull’ascensore di un oalazzo per servire un martini Rosso che ha tenuto per tutto il tempo su un vassoio.
La campagna del 1989 è la più importante di quegli anni e la più famosa, perché si avvale della collaborazione delle Torri Gemelle di Manhattan. Le luci delle due Torri in vista notturna, disegnano due altissime coppe di spumante ed in cima ai grattacieli, le insegne Asti e Martini.
A fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 segnano un periodo di transazione dato da una serie di spot in cui il tema centrale è la seduzione.
Nel 1993 il gruppo Martini si fonde con la Bacardi Limited, dando vita ad un’unica entità produttiva , commerciale e distributiva: Bacardi-Martini.
I moderni spot pubblicitari e l’uso del testimonial: con l’intervento di Bacardi è come se si volesse riscrivere nuovamente una strategia commerciale. Bacardi è più rivolto ad un pubblico post adolescente, in ambienti giovanili e fresche, quali discoteche o party. Martini invece, pur rivolgendosi sempre ai giovani, ha uno stile più preciso: l’uomo Martini, George Clooney “No Martini? No Party” inventato nel 2001 dall’agenzia Testa. Alla base di questo successo lui, l’attore bello ma non snob, in un ambiente semplice ma elegante, nel quale il protagonista, è Martini, così al centro dell’attenzione da far chiudere la porta in faccia a uno degli uomini più sexy del mondo.
George Clooney diventa successivamente il testimonial di martini Brand, ossia di tutto il marchio con i suoi diversi prodotti.
La responsabilità sociale del marchio Martini: qualsiasi brand che pubblicizza un prodotto deve tener conto della responsabilità molto forte nei confronti del consumatore. Nel caso delle aziende fornitrici di prodotti alcolici, tale responsabilità deve coinvolgere gli aspetti più sensibili (ma importanti) che scaturiscono dal fare uso di un liquore.
L’unione Europea ha chiesto un particolare atteggiamento a suddette aziende, affinché parta da esse l’input per una maggiore maturità con cui gli alcolici devono essere sorbiti. Questo al fine di prevenire gli effetti negativi legati al consumo di alcolici.
L’azienda Bacardi-Martini ha accolto con atteggiamento favorevole le richieste dei legislatori, promuovendo una campagna di responsabilità sociale che è indirizzata non solo ai consumatori, ma anche ai rivenditori o professionisti del settore (per esempio barman). Oltre che inserire lo slogan “bevi con moderazione” in molti cartelloni pubblicitari, è stato diffuso un piccolo manuale dedicato alla responsabilità sociale.
Slogan utilizzati:
· Con moderazione c’è più gusto
· Mai a stomaco vuoto
· L’età conta
· Occhio al mix alcol + farmaci
· Non aver fratta di guidare
Il messaggio di questi slogan è chiaro, diretto ma non invadente. Si rischia molto in termini commerciali se si esplica così chiaramente che bisogna aspettare almeno un’ora prima di guidare dopo due bicchieri di Martini, ma essere corretti con i propri consumatori sembra una scelta che punta a rafforzare ancora di più lo stile della casa Martini.

CAPITOLO SECONDO

IL CASO 500.
La nascita della 500. I primi anni situazione economica e sociale dell’Italia: negli anni ’50 e ’60 la condizione sociale ed economica dalla popolazione italiana inizia a migliorare sempre di più, lo sviluppo delle grandi industrie accelera l’economia, le grandi città aumentano demograficamente, la situazione nelle fabbriche ed i sindacati pongono le basi per creare l’idea di tempo libero: le migliori condizioni economiche di ognuno, fanno si che l’automobile diventi alla portata di tutti.
Aumentando il tempo libero e la possibilità di sfruttarlo, cresce anche l’interesse per il viaggiare, per lo spostarsi e per il raggiungere, abbastanza agevolmente, mete, soprattutto marine, che prima erano di èlite.
L’automobile non è più vista come oggetto di lusso, ma uno strumento indispensabile di lavoro e di svago. La 500 nacque all’indomani della guerra, come vettura per le giovani famiglie. Il 4 luglio 1957 nasceva la 500: piccole dimensioni, forma tondeggiante sul dietro. La 500 diventò in pochissimo tempo sinonimo di indipendenza economica e libertà di movimento. La base della sua fortuna furono la versatilità e l’universalità, qualità che la resero popolare e ancora oggi famosa.
Negli anni ’50 un notevole contributo al lancio della Fiat 500 provenne dalla campagna pubblicitaria.
La prima campagna pubblicitaria della 500: le gite fuori porta la domenica negli anni ’50 sono di gran moda. La Fiat percepisce il valore di questa nuova abitudine e popola le pubblicità della 500 di famiglie che fanno pic-nic in campagna, si godono il panorama dal molo di un paesino sul mare o di tornante in montagna. La pubblicità propone anche un binomio donne e motori: la signora ha più tempo libero per lei e impara a muoversi da sola per la città, grazie alla maneggevolezza e alla praticità della 500. Anche i giovani diventano il target a cui si riferisce il pubblicitario della 500.
Il rilancio della Fiat 500: la Nuova 500 doveva configurare da subito come un prodotto che gioca sull’emotività delle persone piuttosto che nei contenuti razionali, doveva rievocare tutti i ricordi della giovinezza per gli adulti, ed essere un auto simpaticamente ammiccante per i giovani.
Lo straordinario lancio pubblicitario pubblicitario della nuova Fiat 500: la location scelta fu Torino, sede centrale della Fiat, il 4 luglio la festa nel 2007, esattamente 50 anni dopo il lancio della prima 500. Uno show olimpiaco: 59 minuti di spettacolo fra spezzoni di film e canzoni vintage, il mitico “cinquino” protagonista del Paese che cambia. Il passato diventa futuro per la Fiat 500.
“Un’auto fatta dalla gente per la gente”: la Nuova Fiat 500 arriva sul mercato con una campagna promozionale da record, tutti i mezzi di comunicazione, tv, radio, stampa, internet ne parlano.
È stata una campagna pubblicitaria “a tappe”: è iniziata 500 giorni prima del lancio della vettura con l’immagine di un’ecografia, “la bambina” di casa Fiat stava per nascere. Lo spot televisivo ripercorre in 90 secondi 50 anni di storia, dalla nascita della Repubblica a oggi, evidenziando il bello e il brutto, il bene e il male del Paese. Lo slogan usato è la “Nuova 500 è un’auto fatta dalla gente per la gente”. La campagna pubblicitaria della 500 assume dimensioni colossali, fino a sconfinare nel luogo di “massa” per eccellenza, la piazza. La Nuova 500 è arrivata in trenta piazze italiane.
E-marketing: l’utilizzo di internet nel marketing e nella comunicazione: il caso aziendale della nuova 500 è l’esempio di come il marketing collaborativo ha dei riscontri nel campo pratico. In un mercato dominato dalle caratteristiche dell’ipercompetizione, l’azienda si afferma grazie all’originalità ed alle capacità innovative.
La chiave di successo nell’ipercompetizione consiste nella capacità di personalizzare l’offerta, confezionandola ad hoc per ciascun individuo, ed è proprio internet ad avvicinare l’azienda quanto più possibile alla frontiera di “segment of one marketing”. Ad una produzione flessibile comincia a corrispondere una comunicazione personalizzata e non più di massa, nella quale il messaggio non è più diretto ad un pubblico indistinto, bensì a ciascun individuo con specifiche ad hoc, ad esempio, con il direct marketing e le tecniche ad esso associate si instaura un rapporto one to one.
L’auto infatti è il frutto degli ingegneri Fiat, ma anche delle persone che navigando in rete sono andati a costruire, su Fiat 500 il loro modello personalizzato di auto. Gli uomini marketing Fiat hanno costruito il sito “500 wants you” rispondendo prontamente a questa necessità di unicità delle persone in una società altamente massificata.
La personalizzazione è portata alla sua massima apoteosi, oltre 500 mila possibilità di combinazioni diverse tra colori, stickers, con la bandiera italiana tricolore, opzioni. Gli uomini marketing Fiat hanno quindi creato una comunità attraverso cui capire i gusti dei potenziali acquirenti di quel prodotto.

CAPITOLO TERZO

IL CASO GOOGLE.
Google e il suo successo: Google è nato nel 1997 dall’idea di Larry Page e Sergey Brin, due studenti di 26 anni laureati in scienze informatiche, il suo nome viene dal termine google (termine inventato negli anni ’40 da M. Sirotta, nipote di nove anni del matematico Kasner, per indicare un numero composto dal numero 1 seguito da 100 zeri) per rispecchiare la propria missione di organizzare la quantità di informazioni apparentemente infinita disponibile nel Web.
La caratteristica principale di Google è quella di selezionare i risultati di ricerca valutando l’importanza di ogni pagina Web con metodi matematici, in base a controlli che tengono conto di oltre 500 milioni di variabili e 2 miliardi di termini. L’innovazione fondamentale di Google risiede nel processo di indicizzazione dei documenti, grazie al quale i risultati delle ricerche vengono mostrati nell’ordine corrispondente alle aspettative dell’utente: il primo link disponibile corrisponde alla risposta esatta all’interrogazione e i successivi risultati si allontanano progressivamente dal fulcro della richiesta.
Il valore di una pagina (Page Rank) viene determinato da due variabili:
· Rilevanza
· Autorevolezza
Grazie all’adozione di tali criteri l’importanza di un sito dipende dall’attribuzione di valore che le viene assegnata dalla collettività, considerata nel suo insieme come un organismo intelligente.
Attualmente Google è riconosciuto come il più affidabile ed efficiente Motore di Ricerca sia per la sua velocità di esecuzione, sia per la grandezza del suo database, composto da circa 8 miliardi di documenti. Google per rispondere alle ricerche e catalogare i documenti ricorre ad un parco macchine formato da oltre 10.000 computer. L’azienda californaiana è riuscita ad affermarsi come il principale punto di accesso della rete e come uno dei siti in assoluto più cliccati in tutto il mondo: la sua popolarità è tale che in inglese è nato il verbo “to google” col significato di “fare una ricerca sul Web”.
Il successo di google perciò dipende da i seguenti fattori:
· Page Rank
· Una gestione automatizzata dove agiscono complicati software
· L’estrema semplicità d’uso
· L’adozione di criteri particolari per ottenere un’interfaccia progettata su misura per i bisogni degli utenti
· La possibilità di effettuare ricerche avvalendosi delle numerose opzioni di ricerca avanzata
· I numerosi servizi gratuiti (Gmail, Google Desktop, Toutube)
Il fattore decisivo che ha portato al successo la creazione di Brin E Page è stato la sua capacità di impostare la pubblicità online secondo una modalità capace di risultare efficace senza essere appariscente o invasiva: attualmente più della metà delle entrate dell’impresa provengono dalla vendita di advertisment che gli utenti visualizzano insieme ai risultati delle ricerche online (tramite il programma AdWords) e dalla sponsorizzazione sui siti affiliati al programma ASence.
I servizi di advertising offerti da Google:
· AdWords, è il programma di Keyword Advertising di Google lanciato nel 2000. È uno dei più potenti strumenti pubblicitari attualmente offerti da internet. Google fu il primo Search Engine a separare risultati pubblicitari da quelli della ricerca naturale creando una colonna parallela dove inserire i link ai siti sponsorizzati.
La posizione del link pubblicitario dipende:
1. Da quanto è disposto a pagare l’inserzionista
2. Dalla percentuale di click registrata da ciascun annuncio
3. Dalla pertinenza della pagina Web di destinazione
4. Dalla percentuale di click della parola chiave
5. Dall’attinenza del testo dell’annuncio
6. Dalla validità delle informazioni fornite dal sito
7. Dal rendimento storico della parola chiave
Gli annunci di google sono essenziali, veloci nell’essere pubblicati, possono essere più o meno ampi e si possono geotarghettizzare le campagne.
Dal 2006 Google, tramite il servizio AdWords Mobile, offre anche la possibilità di raggiungere gli utenti che effettuano ricerche sul Web tramite un dispositivo cellulare.
· AdSence, fu lanciato da Google nel 2003 e diffuso sul mercato mondiale a partire dal mese di giugno dello stesso anno con l’introduzione di questo servizio di Contextual Advertising: tipologia di Advertising online che permette di inserire annunci pubblicitari contestuali alla pagina Web visitata dall’utente. Gli annunci vengono forniti da Google stesso e l’azirnda non dovrà preoccuparsi della loro gestione.
Sono stati introdotti nuovi formati per gli annunci, offrendo la possibilità di realizzare video pubblicitari o di usufruire di tre tipi diversi di rich media:
1. Annunci Floating, che galleggiano sulla homepage del sito e hanno un minuscolo tasto per la chiusura.
2. Annunci Intersiziali, pagine pubblicitarie che vengono aperte quando si clicca su un link e devono essere visualizzate per un determinato tempo prima di consentire all’utente di raggiungere la pagina Web.
3. Annunci ad Espressione, che si aprono e si attivano al passaggio del mouse.
Anche per AdSense Google ha consentito di realizzare campagne pubblicitarie su siti espressamente sviluppati per dispositivi cellulari. Una delle innovazioni più significative nel sistema è l’inserimento del pulsante click to call negli annunci che offre all’utente la possibilità di entrare direttamente in contatto telefonico con l’azienda inserzionista.
· Google Analytics, dal 2006 è stato reso disponibile gratuitamente a tutti gli inserzionisti AdWords uno dei più potenti prodotti di analisi dei dati Web: Google Analytics. Tale programma possiede tutte le funzioni per valutare il rendimento delle campagne di advertising online ed è dotato di strumenti grafici che consentono, grazie a formati di semplice comprensione, di visualizzare agilmente le metriche dei rapporti e conoscere il valore di qualsiasi tipo di dato(iniziative Marketing).
Tra le funzioni principali offerte da Google Analytics troviamo:
1. Rapporti approfonditi (conoscenza approfondita del rendimento della campagna pubblicitaria, dei visitatori, della redditività delle parole chiave, riepiloghi automatici).
2. Visualizzazione canalizzazione (questa funzione mette in evidenza i fattori di disturbo).
3. Segmentazione visitatori avanzata (traffico Web, metriche fondamentali sulle visite degli utenti e tendenze per segmento).
4. Targeting geografico (individuazione provenienza dei visitatori e i mercati potenzialmente più redditizi).
5. Analisi di comparazione avanzata (è possibile confrontare due intervalli date di qualsiasi tipo riportando su grafici i dati nel tempo o eseguendo una segmentazione incrociata di un gruppo di visitatori).
Le nuove sfide di Google: oggi Google si conferma leader indiscusso della Pubblicità Online e con i suoi servizi ha la completa egemonia su oltre metà del mercato. Tuttavia proprio a causa del suo ruolo centrale nel settore dell’Advertising Online, l’azienda si è rivelata la più colpita dal fenomeno del Click Fraud, cioè dell’abuso dei click.
L’idea ambiziosa di Brin e Page è quella di fare in modo che attraverso la tecnologia di Google ogni prodotto sia pubblicizzato sul mercato giusto e tramite il canale adatto a ogni paese.
Google rimborsa i propri clienti in casi di abuso conclamati e da sempre sostiene di monitorare con attenzione l’utilizzo dei suoi strumenti di Advertising.
un’innovazione recente è il servizio Google Print Ads, che consiste nella raccolta online di pubblicità per i principali quotidiani cartacei americani. Questo programma offre la possibilità agli inserzionisti di assicurarsi spazi pubblicitari su oltre 50 testate di vario genere aderendo direttamente online al relativo programma pubblicitario.

CAPITOLO QUARTO

IL CASO SMART.
Sostenibilità e Green Marketing: se non si vuole il collasso dell’ecosistema il genere umano deve inesorabilmente cambiare rotta. Sempre più spesso a tale proposito si parla di eco-sostenibilità.
L’unica via di guarigione per il nostro pianeta malato sembra essere quella del ridimensionamento dei consumi e di una maggiore attenzione nei confronti dell’ambiente. La domanda alla quale cercano di dare risposta gli studiosi è quella se non si possa far diventare l’ambiente e l’eco sostenibilità un valore tale da dare un plus ai prodotti e alle aziende che lo tutelano o quantomeno non lo danneggiano: l’interesse delle imprese nel futuro sarà sicuramente incentrato su alcuni valori fondamentali quali tutela della salute, sicurezza e sostenibilità dello sviluppo.
In questa nuova direzione nasce ed è orientato il Green Marketing che fa parte del grande gruppo
Dell’economia sostenibili Corporate Social Responsibility.
Per capire questo concetto si può prendere come riferimento l’industria automobilistica, la quale ha segnato l’era industriale. I produttori di automobili nel prossimo futuro potrebbero implementare le seguenti strategie di sviluppo sostenibile:
· Smaltimento e rottamazione del vecchio prodotto al fine di recuperare le parti riutilizzabili e smaltire quelle nocive e tossiche.
· Abbattimento delle emissioni tossiche e dannose all’ecosistema delle nuove gamme.
· Progettazione di veicoli differenziati per le varie esigenze dell’utilizzatore: utilizzo urbano, extraurbano o lungo i tragitti.
· Riduzione delle varie forme di inquinamento intrinseche nei processi industriali di produzione, di gestione e di stoccaggio dei mezzi.
· Produzione di veicoli alimentati con forme alternative di energie e ottimizzazione dei consumi.
In secondo luogo si potrebbero attivare nuove strategie di marketing atte al conseguimento della sostenibilità:
· Campagne di sensibilizzazione nei confronti dell’utilizzatore finale.
· Fondazione di società che gestiscano l’utilizzo delle auto in multiproprietà.
Recenti studi di settore dimostrano che quasi il 94% dei consumatori preferiscono le aziende che rispettano l’ambiente e quasi l’80% di essi è disposto a pagare di più un prodotto a condizione che il suo background e il prodotto stesso rispettino l’ambiente.
Il Brand Smart: questo brand porta da sempre al suo interno forti valori ecologici e nell’ultimo periodo in particolare sta attuando campagne di marketing molto sofisticate che puntano proprio al messaggio di rispetto per l’ambiente.
La Nuova Smart For Two lanciata nel 2007 ha vinto a Colonia il premio Eco-Globe quale vettura più ecologica (motori ecologici che sono in grado di percorrere più di 30 km con un litro di gasolio e emette pochissima quantità di anidride carbonica).
Smart ha attuato una comunicazione ambientalisticamente valida ed ha rispettato questa missione anche nei fatti.
Lo spot tra i più interessanti della vastissima gamma di campagne pubblicitarie messe in atto da questo Brand, è quello ideato per la televisione nel 2007 per pubblicizzare l’evento “LiveEarth”,il mega evento planetario che ha avuto luogo l’estate 2007 e che ha unito le piazze di tutto il mondo con diversi concerti. Tutto questo è stato messo in essere per uno scopo nobile: sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema delle variazioni climatiche e sul surriscaldamento del pianeta. Smart in questa sede ha giocato un ruolo di rilievo, ha fornito infatti le vetture ecocompatibili, a bordo delle quali sono arrivati i vari cantanti e le varie star.
Lo spot “Live Earth”: l’idea del video di questa campagna pubblicitaria è molto innovativa, infatti lo stesso è composto da una sequenza di scene legate a coppia, ognuna delle quali ha una durata di 4 secondi: nella prima scena della coppia viene posta una domanda e nella seconda viene data la risposta.
Descrizione sintetica di ciò che accade:
00’:00
Una dissolvenza dal nero ci introduce in una scena con uno stupendo campo eolico, erba verde, cielo blu intenso e qualche nuvola bianca che contrasta con lo sfondo. In sopraimpressione appare la domanda: “la tecnologia è nemica della natura?”
00’:04
Si passa ad un paesaggio cittadino e viene inquadrata la nuova Smart, mentre attraversa le strade del centro appare su di una griglia semi trasparente un messaggio: “3,3 litri per 100 km”.
00’:08
Appare uno sfondo sfuocato e in primo piano un ape succhia il nettare da un fiore di colore viola acceso, questa volta c’è scritto: “la grandezza è davvero una questione di dimensioni?”
00’:12
Di nuovo si passa al paesaggio cittadino e vengono scritte in trasparenza sopra la City-Car le sue dimensioni.
00’:16
Una testuggine gigante nuota nell’oceano di un blu intenso, rilassante, in basso appare la scritta: “hai bisogno di ampi spazi per sentirti sicuro?”
00’:20
Panorama cittadino: la Smart corre lungo la strada e in sopraimpressione appare: “cellula di sicurezza tridion”.
00’:24
Questa volta rimaniamo nel paesaggio cittadino e vediamo un ragazzo in bicicletta che corre verso il punto di fuga della strada che ha dinnanzi a lui. La frase questa volta: “hai bisogno di due litri di carburante per comprare un litro di acqua?”
00’:28
Proseguendo nel paesaggio cittadino appare la scritta: “emissioni di CO2 pari a 88 g/km”.
00’:32
A questo punto lo schermo diventa nero e su questo sfondo scorrono le parole: ”Non sarebbe più facile smettere di fare domande? Si, ma non per noi. Perché noi ci teniamo”.
00’:38
Nell’ultima scena appare il logo originale Smart con scritto “Open your mind” che altro non è che il pay-off del gruppo Smart.
Quando si ha terminato di vedere questa pubblicità televisiva solo un messaggio rimarrà tra le mani: “Se vuoi che il mondo sia così come l’hai visto in questo spot: compra una Smart e con lei anche il tuo mondo sarà migliore!”.

3 commenti:

  1. ragazzi credo vi siate accorti che non sono i riassunti di Gender e Media...

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  2. e cosa sono? un mio amico ha fatto l'esame con questi riassunti e l'esame è andato bene!!!

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  3. Questo è Comunicazione Pubblicitaria, non Pubblica ;-)

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